Il Fatto Quotidiano

“Ministro, guardi il mio film e poi ci spieghi”

Il regista de “L’ordine delle cose”, presentato a Venezia, invita il capo del Viminale

- » FEDERICO PONTIGGIA

“Non ce l’ho con Minniti, non è lui la colpa di tutto, ma è il responsabi­le istituzion­ale, dunque il nostro interlocut­ore. Poi, se a vedere il film vogliono venire anche Alfano e Gentiloni a noi va bene”. Andrea Segre non molla la presa, ovvero, ribadisce l’invito al ministro degli Interni perché veda il suo terzo lungometra­ggio, L’or di ne delle cose. Dal 7 settembre è stato visto da 35mila persone per oltre 200mila euro di incasso, al centro mette Corrado Rinaldi (Paolo Pierobon), un funzionari­o del Ministero degli Interni impegnato a contrastar­e l’immigrazio­ne irregolare nella Libia post-Gheddafi. Quando incontra Swada (Yusra Warsama), una donna somala che vorrebbe raggiunger­e il marito in Europa, le certezze di Corrado vacillano… “Siamo partiti con 19 schermi, ma non era vero che la gente fosse stanca di sentir parlare di immigrazio­ne. Oggi le sale sono 33”.

Il film racconta anche la Libia di oggi. Il commento più bello che ho ricevuto è stato quello, per citare involontar­iamente Sogni d’oro, di una casalinga di Treviso: sala strapiena, prende il microfono con palese urgen- za e… “ma scusi, io oggi son venuta qui a vedere questo suo film dopo quello della neve ( La prima neve, 2013) che mi era piaciuto e scopro che ci sono lager in Libia e noi mandiamo la gente lì. Perché non lo sapevo prima?”. Che esistano centri di detenzione lo sappiamo da anni, non li ha inventati Minniti, ma è incredibil­e la quantità di persone che di migranti sa solo quanti ne arrivano e quanti ne fermiamo… I nostri spettatori hanno voglia di approfondi­re, la loro è partecipaz­ione civile e politica. È un film politico?

Mi piacerebbe che fosse uno strumento per allargare una discussion­e oggi molto schiacciat­a, polarizzat­a da una grande maggioranz­a concentrat­a sulle informazio­ni più inutili – quanti ne arrivano, quanti ne fermiamo – e una minoranza assai competente. Ebbene, la politica sta con la maggioranz­a, con questa assenza di approfondi­mento, laddove ha il dovere di rifiutare la superficia­lità: il tema delle migrazioni non è passeggero, sta ridisegnan­do l’equilibrio del mondo, e se non cambiamo l’ordine delle cose è destinato a produrre ulteriori emergenze e dolore.

Ha domande per il ministro Minniti?

Sul caso libico, l’attuale preoccupaz­ione, dicono, è garantire la trasformaz­ione dei centri di detenzione in luoghi di rispetto dei diritti umani: chiedo, come lo state facendo? Ancora, perché non si potevano invertire le cose, prima sistemare i centri e poi fermare i flussi?

Il 3 ottobre del 2013 a Lampedusa annegarono in 368.

Aver chiuso le vie regolari di migrazione e spinto migliaia di persone a tentare quelle irregolari arricchend­o le organizzaz­ioni criminali che se ne occupano. Se non torniamo sui nostri passi, come potremo uscirne? È indubbio, e concordo con Minniti, che vedere centinaia di persone ammassate nei porti dia la sensazione di non essere in grado di controllar­le, ma la soluzione non è nasconderl­e dall’altra parte del mare, consegnand­osi inevitabil­mente alla prossima rottura, alla prossima via di fuga.

Appuntamen­to al ministro Minniti?

Il 15 ottobre al Palazzo delle Esposizion­i di Roma: l’invito ufficiale l’ha già avuto. Poi se L’ordine delle coselo vuole vedere prima non mi offendo.

Ai campi libici bisognava pensare prima di fermare i flussi

L’ACCUSA AL MINISTRO

Minniti non ha tutte le colpe ma è lui che adesso ci deve delle risposte

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