“Ministro, guardi il mio film e poi ci spieghi”
Il regista de “L’ordine delle cose”, presentato a Venezia, invita il capo del Viminale
“Non ce l’ho con Minniti, non è lui la colpa di tutto, ma è il responsabile istituzionale, dunque il nostro interlocutore. Poi, se a vedere il film vogliono venire anche Alfano e Gentiloni a noi va bene”. Andrea Segre non molla la presa, ovvero, ribadisce l’invito al ministro degli Interni perché veda il suo terzo lungometraggio, L’or di ne delle cose. Dal 7 settembre è stato visto da 35mila persone per oltre 200mila euro di incasso, al centro mette Corrado Rinaldi (Paolo Pierobon), un funzionario del Ministero degli Interni impegnato a contrastare l’immigrazione irregolare nella Libia post-Gheddafi. Quando incontra Swada (Yusra Warsama), una donna somala che vorrebbe raggiungere il marito in Europa, le certezze di Corrado vacillano… “Siamo partiti con 19 schermi, ma non era vero che la gente fosse stanca di sentir parlare di immigrazione. Oggi le sale sono 33”.
Il film racconta anche la Libia di oggi. Il commento più bello che ho ricevuto è stato quello, per citare involontariamente Sogni d’oro, di una casalinga di Treviso: sala strapiena, prende il microfono con palese urgen- za e… “ma scusi, io oggi son venuta qui a vedere questo suo film dopo quello della neve ( La prima neve, 2013) che mi era piaciuto e scopro che ci sono lager in Libia e noi mandiamo la gente lì. Perché non lo sapevo prima?”. Che esistano centri di detenzione lo sappiamo da anni, non li ha inventati Minniti, ma è incredibile la quantità di persone che di migranti sa solo quanti ne arrivano e quanti ne fermiamo… I nostri spettatori hanno voglia di approfondire, la loro è partecipazione civile e politica. È un film politico?
Mi piacerebbe che fosse uno strumento per allargare una discussione oggi molto schiacciata, polarizzata da una grande maggioranza concentrata sulle informazioni più inutili – quanti ne arrivano, quanti ne fermiamo – e una minoranza assai competente. Ebbene, la politica sta con la maggioranza, con questa assenza di approfondimento, laddove ha il dovere di rifiutare la superficialità: il tema delle migrazioni non è passeggero, sta ridisegnando l’equilibrio del mondo, e se non cambiamo l’ordine delle cose è destinato a produrre ulteriori emergenze e dolore.
Ha domande per il ministro Minniti?
Sul caso libico, l’attuale preoccupazione, dicono, è garantire la trasformazione dei centri di detenzione in luoghi di rispetto dei diritti umani: chiedo, come lo state facendo? Ancora, perché non si potevano invertire le cose, prima sistemare i centri e poi fermare i flussi?
Il 3 ottobre del 2013 a Lampedusa annegarono in 368.
Aver chiuso le vie regolari di migrazione e spinto migliaia di persone a tentare quelle irregolari arricchendo le organizzazioni criminali che se ne occupano. Se non torniamo sui nostri passi, come potremo uscirne? È indubbio, e concordo con Minniti, che vedere centinaia di persone ammassate nei porti dia la sensazione di non essere in grado di controllarle, ma la soluzione non è nasconderle dall’altra parte del mare, consegnandosi inevitabilmente alla prossima rottura, alla prossima via di fuga.
Appuntamento al ministro Minniti?
Il 15 ottobre al Palazzo delle Esposizioni di Roma: l’invito ufficiale l’ha già avuto. Poi se L’ordine delle coselo vuole vedere prima non mi offendo.
Ai campi libici bisognava pensare prima di fermare i flussi
L’ACCUSA AL MINISTRO
Minniti non ha tutte le colpe ma è lui che adesso ci deve delle risposte