Ryanair, la crisi del Fidel dei cieli Ecco perché rinuncia ad Alitalia
Oltre un miliardo di euro in 10 anni erogati dalle società aeroportuali alle compagnie low cost “attraverso contratti secretati e nascosti sotto la generica voce di 'co marketing’: è il nucleo dell’ interrogazione del M5S nelle Commissioni Attività Produttive e Trasporti. Una spesa, dicono, su cui “Chiediamo che siano resi pubblici e che sia avviato un Piano di razionalizza– zione degli aeroporti valorizzando le società virtuose” possibile che un rivoluzionario di successo decida di attuare una seconda rivoluzione contro la stessa con cui ha vinto in precedenza? La Storia ci insegna di no: mentre chi perde se può ci riprova, chi vince finisce invece col cristallizzarsi nel suo successo, trasformandosi in tenace conservatore e transitando dalla rivoluzione direttamente all’immobilismo. Michael O’Leary è una sorta di Fidel Castro del trasporto aereo. Dopo aver rivoluzionato due decenni fa i cieli europei, abbattendo l’ancien règime delle compagnie di bandiera, è rimasto sempre fedele ai principi cardine del suo modello: abbattere i costi per stracciare le tariffe e accrescere passeggeri e profitti, quindi aumentare la flotta e ridurre ancora i costi per fare altrettanto con le tariffe e accrescere ulteriormente passeggeri e profitti. Così facendo è passato in vent’anni da una flotta di 18 aerei, 3,6 milioni di passeggeri trasportati e 50 milioni di euro di profitti netti su 250 di fatturato, a una flotta di 383 aerei nel marzo scorso, 126 milioni di passeggeri annui alla fine di agosto e 1,3 miliardi di euro di profitti netti su 6,6 di fatturato nell’ultimo esercizio. All’aumentare vertiginoso di tutti i dati aziendali uno solo è rimasto stabile nel tempo: la profittabilità del vettore, sempre attorno o sopra il 20% del fatturato, un valore mai visto in precedenza nella storia dell’aviazione mondiale.
L’interpello MILIARDO SEGRETO
La strategia del successo s’inceppa in cabina
La rivoluzione di successo di O’Leary sembra tuttavia giunta inaspettatamente a un punto di svolta. Nelle scorse settimane Ryanair ha infatti cancellato duemila voli, gettando nello sconcerto 320 mila passeggeri e tutte le autorità aeree dei principali paesi europei. Pochi giorni fa ha annunciato di ritirarsi dall’acquisto di una parte rilevante di Alitalia, inclusiva del lungo raggio. Infine ha stabilito di cancellare numerose rotte ne ll’orario invernale e di mettere a terra 25 aerei, con una perdita di almeno 22 mila voli e di oltre quattro milioni di posti offerti, per fortuna solo in minima parte già prenotati. Questi numeri permettono di escludere che si tratti di una crisi passeggera e fanno sorgere in molti il dubbio che possa trattarsi in realtà di criticità nel modello di business. Bisogna allora ricordare che esso è basato su quattro pilastri fondamentali. Il primo è il contenimento spinto dei costi di produzione, attuato tanto sulla flotta, uniforme, di proprietà e acqui- stata a prezzi bassi grazie ai consistenti ordinativi, quanto sul personale, in gran parte esternalizzato e meno pagato dei concorrenti, e sugli aeroporti, scelti tra quelli secondari, poco trafficati e disponibili a tariffe contenute se non a sovvenzioni. Il secondo è l’elevata discriminazione dei prezzi che ha reso compatibile praticare tariffe anche stracciate, e pertanto far valore chi prima non se lo poteva permettere, realizzando nello stesso tempo proventi medi molto superiori ai costi e una conseguente redditività record. Il terzo elemento, agevolato dal secondo, è l’elevato riempimento degli aerei, superiore al 90% dei