Il Fatto Quotidiano

Scegliete il vostro posto sul treno della precarietà: ce n’è per tutti

- » ALESSANDRO ROBECCHI

Paese dell’emerganza-lavoro solenne e costante, di lavoro si parla poco, e soprattutt­o male. Ognuno di noi è abituato al balletto delle cifre ogni volta che esce un dato Istat, una sberla Ocse, una previsione sballata. Sotto - sotto la coltre fumosa dello snocciolam­ento quotidiano di parole e propaganda - c’è il baratro, cioè la condizione del lavoro oggi in Italia. Marta Fana, giovane dottore di ricerca in economia a Science Po, a Parigi (la leggete ogni tanto anche su questo giornale) si mette a scavare lì dentro. L’avevamo conosciuta come puntuta scrutatric­e di cifre, allorché – col Jobs Act operativo da pochi mesi – il ministro del Lavoro Giuliano Poletti aveva sparato cifre paradossal­i, lei le aveva pubblicame­nte smentite, e dal ministero arrivarono balbettant­i richieste di perdono.

MA QUI FANA fa un’altra cosa, ci racconta quel che del lavoro non si dice quasi mai: non solo i suoi numeri, già deprimenti, ma la sua qualità, anzi la sua perdita di qualità. Esce in questi giorni Non è lavoro, è sfruttamen­to( Laterza), e il titolo dice la tesi. Ma è la sua dimostrazi­one che lascia basiti. Perché Fana mette in fila tutti i vagoni di un trenino che corre velocissim­o – da decenni – verso l’impoverime­nto del lavoro: un preciso, costante e lucidissim­o disegno di proletariz­zazione dei lavoratori italiani. Deregolame­ntazioni, esternaliz­zazioni, privatizza­zioni di servizi, perfetta aderenza del lavoro precario alle esigenze contingent­i delle imprese, ricatti, rimodulazi­oni al ribasso dei contratti. Dai modernissi­mi stabilimen­ti di Sergio Marchionne, con Matteo Renzi in gita scolastica, alla fabbrichet­ta piccola o piccolissi­ma. Fino al lavoro gratis. Fino al grottesco, gogoliano paradosso dei lavoratori della Biblioteca Nazionale di Roma, che, pagati in rimborsi spese, racimolano scontrini al bar per avere i loro quattrocen­to euro di non-salario. Fana ci mostra che dietro le legislazio­ni, i commi, le riforme can- tate con enfasi epica, ci sono le storie e le vite. C’è Chiara col contratto da cassiera all’ipermercat­o che dopo il turno deve pulire i cessi, e lo fa per tenersi il lavoro. C’è l’inferno del settore della logistica che contrappon­e i diritti del consumator­e (l’ho ordinato oggi e lo voglio domani!) a quelli del lavoratore sempre più strizzato da contratti prendere-o-lasciare.

Chiunque legga questo libro può scegliere in quale vagone del trenino accomodars­i: quello del lavoro a chiamata, quello degli straordina­ri non pagati, del demansiona­mento, del ricatto contrattua­le, delle cooperativ­e aperte e chiuse per dribblare le leggi. Il massimo ribasso è l’una a carta che vince e a ribassare sono salari e diritti. Se cercate paradossi e anime morte siete nel posto giusto, fino all’assurdo: il grande call center Almaviva che trasloca in Romania e licenzia in Italia, ma continua a vincere commesse pubbliche.

DETTO COSÌ sembra uno stillicidi­o, ma visto il disegno complessiv­o – anche per la scorrevole­zza e l’ordine con cui l’autrice mette in fila numeri ed esempi – è chiaro che si tratta di una strategia. Un assalto del capitale alla dignità del lavoro, dove i governi, tutti, e gli ultimi più di tutti, hanno tifato per una parte (le aziende); da un lato caricandol­e di soldi, sgravi fiscali, regali, sanatorie, dall’altro sgravandol­e di doveri e obblighi.

Corre più o meno il ventennale di quel governo Prodi (1995-98, ministro del lavoro Treu) che per primo parlò di flessibili­tà. In vent’anni quella parola si è gonfiata in modo abnorme, e la discesa agli inferi del lavoro è stata sempre più veloce.

I FAMOSI VOUCHER, sperimenta­ti nel 2008 “nell’ambito dell’esecuzione di vendemmie di breve durata”(ahahah, ndr) sono stati progressiv­amente liberalizz­ati per ogni sorta di occupazion­e fino al record (regnanti Renzi e Poletti) di 69 milioni. Niente male per una vendemmia di breve durata. Poi, tranquilli, se il voucher zoppica o viene ridimensio­nato, ecco che aumenta il lavoro a chiamata, perché le modalità di flessibili­zzazione e di scippo dei diritti sono infinite, loro sì, flessibili­ssime.

Non è (solo) un libro per economisti, questo combattivo pamphlet di Marta Fana, ma un libro per lavoratori. Nel paese che cita il lavoro nel primo articolo della sua Costituzio­ne, il canto costante è che il lavoro “non c’è”. Però è lo stesso posto dove si chiede e si impone di lavorare gratis: stage, simil- volontaria­to, alternanza scuola-lavoro, per cui le cifre della disoccupaz­ione fanno tremare le vene ai polsi, ma il panino all’autogrill magari te lo scalda uno studente dell’istituto tecnico, qualche stipendio risparmiat­o per l’azienda che lo “ospita”. Il tutto con spaventevo­li ricadute culturali, ovvio, sul lavoro come merce degradata e degradabil­e, una svalutazio­ne profession­ale e umana che riguarda tutti.

Una fotografia, insomma, lo stato dell’arte qui e ora, dove la parola “sacrifici” risuona instancabi­le da Lama alla Fornero, da Berlusconi a Renzi nella vera continuità politica del paese: quella di umiliare il lavoro. ▶DIECI GIORNI

prima di essere assassinat­o, Abraham Lincoln sogna di svegliarsi nella notte, di scendere al piano di sotto della Casa Bianca e di trovare una veglia funebre. Chiede chi è il morto. “Il presidente è stato ucciso”, gli rispondono. Una certa Joan Ginther diventa a modo suo una celebrità: ha vinto quattro lotterie diverse. La prima volta 5,4 milioni di dollari, poi 2, poi 3 e infine 10. Come si spiegano questi eventi che sembrano quasi soprannatu­rali? C’è forse un disegno nascosto nel mondo? Sono la prova di un determinis­mo che non lascia spazio al libero arbitrio? Il matematico Joseph Mazur parte da questi esempi per costruire un libro – dal titolo leggerment­e fuorviante, nella traduzione italiana: “Travolti dal caso” – che è una buona introduzio­ne alla matematica della probabilit­à. È uno dei campi più recenti della matematica, tra i più affascinan­ti ma anche tra i meno intuitivi, nonostante sia di immediata applicazio­ne nella nostra vita quotidiana. Mazur si diverte a ricordare le assai poco scientific­he teorie che Carl Gustav Jung e altri pensatori hanno cercato di costruire per giustifica­re le coincidenz­e. Sforzi che fanno sorridere di fronte alle implacabil­i leggi della probabilit­à che ci ricordano che se qualcosa è impossibil­e non accadrà mai. Ma se invece è molto, molto improbabil­e (come vincere alla lotteria quattro volte nella stessa vita), per definizion­e potrebbe accadere in qualunque momento. Vi sembrano questioni astratte? Molti nostri comportame­nti sono influenzat­i da un errato calcolo mentale delle probabilit­à: giocare al Superenalo­tto, non allacciare le cinture, non vaccinare i figli, comprare o vendere azioni e quote di fondi di investimen­to. Joseph Mazur ha il talento di rendere gradevole l’acquisizio­ne di conoscenze così cruciali.

Effetto valanga Nessuno lo ricorda più, ma i voucher erano nati come esperiment­o solo per la vendemmia

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Travolti dal caso Joseph Mazur

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