Università, pochi laureati e chi ce l’ha spesso fa un lavoro diverso dal titolo
40% degli italiani ha scarse competenze in matematica e scrittura
Igiovani
italiani laureati sono pochi, in media molto meno rispetto alle altre nazioni che fanno parte dell'Organismo per lo sviluppo e la cooperazione (Ocse). Questo essere una minoranza, però, nel nostro Paese non si traduce in una condizione di privilegio, realizzazione personale e sicurezza economica. Al contrario, da noi è molto facile, pur avendo in tasca un titolo accademico, trovarsi disoccupati oppure, nella migliore delle ipotesi, essere "bistrattati": impiegati in un posto del lavoro non rispondente al percorso di studi. Secondo l'organizzazione internazionale, tra l'altro, "i laureati italiani hanno in media un più basso livello di competenze” in lettura e matematica.
Ancora una volta, l'Ocse assegna nuovi compiti a casa all'Italia, come sempre accade quando si parla di istruzione e formazione professionale. Lo Skill strategy diagnostic report, presentato ieri a Roma dal segretario generale Angel Gurrìa, è l'ennesima raffica di classifiche che ci pongono sistematicamente nelle ultime posizioni. “Il Paese – si legge nella nota che accompagna le tabelle - incontra ad oggi maggiori difficoltà rispetto ad altre economie avanzate nell’attuare la transizione verso una società delle competenze prospera e dinamica. L’indagine dell’Ocse sulle competenze degli adulti (Piaac) rivela che oltre 13 milioni di adulti italiani (e cioè il 40% della popolazione) hanno scarse competenze in matematica, lettura e scrittura”.
I numeri raccontano dei paradossi. Considerando i giovani tra i 25 e i 34 anni, solo il 20% ha conseguito una laurea, contro una media Ocse del 30%. L'organizzazione internazionale, quindi, chiede all'Italia sforzi per favorire “l'accesso alla formazione universitaria, soprattutto per chi vive in famiglie disagiate”. Un monito che arriva poche settimane dopo un altro report: quello che ha mostrato i nostri scarsi investimenti in istruzione a tutti i livelli. Nonostante ciò, comunque, il tasso di occupazione dei nostri laureati è più basso della media; solo sette Paesi fanno peggio di noi. I salari legati all'età e non alle competenze penalizzano i più giovani anche se preparati.
DOMANDA e offerta di lavoro continuano a far fatica a incontrarsi. Ben il 21% dei lavoratori italiani, infatti, possiede qualifiche inferiori rispetto a quelle normalmente richieste dalle imprese. C'è però anche un 18% di “sovra-qualificati”: persone cioè che hanno un profilo più alto rispetto al posto che ricoprono. Inoltre, più di un occupato su tre ha un la- voro che nulla ha a che fare con la sua formazione: raggiungono il 35% quelli che hanno dovuto imparare l'arte e, per necessità, metterla da parte. La nostra economia, del resto, non offre molte posizioni con alte qualifiche. Il numero di lavoratori che in Italia svolgono mansioni non routinarie è il più basso tra tutti. Sono poche, insomma, le aziende che domandano cervelli e molti laureati devono adeguarsi. Siamo i peggiori della classe anche per gli investimenti in formazione on the job e quei pochi che ci sono vanno quasi esclusivamente a chi ha già competenze medie o alte.
Le donne continuano a essere le più penalizzate, anche per via della tendenza femminile a scegliere corsi di laurea poco richiesti sul mercato.