Il Salone del Libro si adegua alla linea: meno soldi e più spese
Due ministeri fuori dalla Fondazione: da Roma arrivano solo 300 mila euro e lo spazio va all’asta
Tutto sembrava essere sistemato, invece il Salone del libro di Torino vive ancora un momento di cambiamento, incertezze e rilanci. In sequenza, dopo l’addio dell’Associazione italiana editori dalla Fondazione per il libro nel 2016, dopo le inchieste che hanno coinvolto l’ex presidente Rolando Picchioni, alcuni ex consiglieri e funzionari e dopo la nascita della rassegna rivale “Tempo di Libri”, la trentesima edizione della fiera dell’editoria – sotto la guida del presidente Massimo Bray e del direttore Nicola Lagioia – era stata un successone.
TUTTAVIA, appena passata l’estate, qualcosa ha scricchiolato. A fine settembre il ministero dei Beni culturali di Dario Franceschini e quello dell’Istruzione di Valeria Fedeli hanno lasciato la fondazione torinese in cui erano entrati dopo l’addio dell’Ai e: “Abbiamo deciso di uscire, perché da un punto di vista istituzionale per noi ha più senso sostenere il Salone del Libro piuttosto che stare nella governance”, affermava Fedeli. I ministeri erano entrati nell’ente prima della creazione di “Tempo di libri”, la cui nascita ha cambiato gli assetti: da una parte il governo ha un suo rappresentante nella Fondazione Fiera Milano, azionista del polo fieristico lombardo in cui si tiene la rassegna dell’Associazione italiana editori, il cui nuovo presidente è Ricardo Levi, portavoce del governo ombra del Pd nel 2008. E al Pd appartiene anche il sindaco di Milano Beppe Sala. Insomma, restare a Torino sarebbe stato uno sgarbo politico. Dall’altra parte il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e la sindaca di Torino Chiara Appendino, dopo lo sforzo congiunto di salvare l’evento nel suo momento più nero, rassicuravano che l’uscita “era nelle cose da tempo” e che “i ministeri garantiranno comunque un contributo economico e il sostegno progettuale e culturale”. Da Roma dovrebbero sempre arrivare 300 mila euro stanziati da ciascuno ministero.
Martedì a scuotere le finanze della Fondazione per il libro è arrivata la perizia che ha abbassato molto il valore del marchio del Salone: da 1,9 milioni di euro stimati nel 2009, scesi a 1,3 milioni di euro del bilancio 2015, ora il valore si aggirerebbe da un minimo di 100mila euro a un massimo di 300mila, a seconda dell’andamento delle future edizioni. Un altro colpo alla rassegna torinese, ma non fatale: “È un fatto solo formale che impatta soltanto sul bilancio 2016”, diceva mercoledì il vicepresidente Montalcini dopo la riunione con Chiamparino e Appendino. Insomma, si rimedierà. La struttura del Sa- lone del libro, però, verrà ridimensionata: la Fondazione per il libro non dovrà più occuparsi dell’organizzazione materiale del Salone, ma curerà soltanto la parte culturale insieme ad altre organizzazioni pubbliche come il Circolo dei Lettori ( sostenuto della Regione Piemonte) e la Fondazione per la Cultura Torino, creata da Piero Fassino e sempre contrastata dalla sindaca M5S.
A LORO si aggiungerà l’Associazione Amici del Salone, il gruppo di editori e di intellettuali che – in dissociazione dall’Aie e dal mondo che ruota intorno a “Mondazzoli”– aveva boicottato la fiera milanese. L’organizzazione materiale del Salone, con l’affitto degli stand, l’allestimento e tutto il resto, sarà curato dal privato che si aggiudicherà la gara a evidenza pubblica. Bisognerà muoversi in fretta, però, visto che la trentunesima edizione si terrà dal 10 al 14 maggio 2018 al Lingotto gestito dai francesi di Gl Events, a cui la sindaca Appendino aveva strappato un affitto dimezzato per la rassegna degli editori. In passato, i prezzi salatissimi dei canoni avevano messo in difficoltà le finanze del Salone, su cui la Procura cerca da tempo di fare luce.