Sanità, la battaglia Lgbti per sconfiggere l’epatite A
Anomalo aumento di casi dopo il Pride che si è svolto nell’estate 2016 ad Amsterdam La cooperazione tra autorità sanitarie e le associazioni è stata efficace, nonostante il rischio di strumentalizzazioni
Estate 2016, Amsterdam. Dal 26 luglio al 7 agosto lungo i canali sfilano più di mezzo milione di persone – gay, lesbiche, trans e bisex – per l’Europride. Tra nuovi incontri e nuovi partner inizia una crisi sanitaria molto particolare che, nonostante i problemi dell’industria farmaceutica, è stata fronteggiata grazie alla cooperazione delle autorità sanitarie e delle associazioni Lgbti. Quel pride è stato il focolaio di un picco di diffusione di epatite A, malattia del fegato che può provocare seri problemi a chi ha già qualche patologia, ma che può essere curata senza troppi problemi se scoperta in tempo.
POCHE SETTIMANE dopo gli eventi di Amsterdam, due uomini che avevano partecipato al Pride accusano i sintomi. Quasi contemporaneamente altri casi si registrano anche in Germania, Francia, ma soprattutto Spagna e Italia, le nazioni più colpite. La maggior parte di quei casi avevano alcuni elementi in comune: il genotipo (cioè il “codice”) del virus Hav e il fatto che i più colpiti fossero uomini gay, o più esattamente “maschi che fanno sesso con altri maschi”.
A febbraio il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie conta 287 casi confermati: “La maggior parte di questi casi riguarda uomini adulti che fanno sesso con altri uomini”, è scritto nel report del 23 febbraio. Da Roma l’Istituto superiore di sanità lancia l’allarme il 23 marzo: in Italia tra l’agosto 2016 e il febbraio 2017 sono stati notificati dalle autorità sanitarie locali 583 casi, “un numero di quasi cinque volte maggiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”. Ad aprile, si legge in una lettera della Direzione generale della prevenzione del ministero della Salute, si sale già a 1.410 casi. L’età media dei malati è di 34 anni e l’85% dei casi riguarda uomini di cui “un’alta percentuale (61%) dichiara preferenze omosessuali”. Per questo l’Iss raccomanda “fortemente” la vaccinazione agli uomini gay, tra i quali, però, già circola il sospetto: “Si sentivano degli aneddoti sull’aumento di contagi – racconta Michele Breveglieri, responsabile salute di Arcigay – che soltanto dopo sono stati confermati dai dati”.
Bisogna muoversi in fretta, soprattutto in vista dell’estate. A maggio il ministero della Sanità convoca a Roma i rappresentanti delle associazioni Lgbti e delle Regioni. “Ci hanno chiamati per un incontro il 2 maggio”, ricorda Breveglieri. L’ordine è quello di avviare una campagna di prevenzione e di vaccinazione, soprattutto in vista della stagione estiva con i pride nelle città italiane e all’estero, come il World Pride di Madrid tra il 23 giugno e il 2 luglio. “Ovunque ci sia un’alta concentrazione di persone ci sono questi rischi, ma non diamo le colpe ai pride che sono manifestazioni di libertà”, dice Alessandro Battaglia, coordinatore del Torino Pride.
Si deve comunicare in modo da non suscitare strumentalizzazioni che, in tono minore, già circolano su alcuni siti “contrari all’ideologia gender”. “Abbiamo preferito non fare comunicati per evitare gli attacchi”, afferma il responsabile salute di Arcigay. Così comincia un passaparola all’interno della comunità Lgbti. “Noi abbiamo diffuso un opuscolo sui nostri social”, ricorda Battaglia. Nell’opuscolo si chiede di fare attenzione alle pratiche sessuali oro- anali (fingering, fisting, rimming e lo scambio di sex toys possono essere dei veicoli di contagio) e usare precauzioni: “Ai pride di Torino e Alba abbiamo distribuito quasi 40 mila condom”. L’Arcigay ha fatto anche pubblicare dei messaggi sulle app per incontri come Grindr e Hornet. In tutta Italia molte Asl sono state rapide nel fornire risposte: d’altronde gli omosessuali rientrano nelle categorie a rischio contagio da Hav, come i cuochi che possono maneggiare cibi contaminati o i tossicodipendenti che usano siringhe infette.
NONOSTANTE CIÒ – denunciavano Arcigay e Lila in una lettera al ministero – a La Spezia il presidio sanitario locale ha rimandato a casa un omosessuale che chiedeva di vaccinarsi: “Non è stato l’unico caso provocato dalla disinformazione del personale”, commenta Breveglieri. A Bologna l’associazione “Plus” per persone Lgbt sieropositive ha messo a disposizione il suo ambulatorio e ha ottenuto dei kit vaccinali dall’Asl: “Da noi sono state vaccinate quasi 220 persone – afferma il presidente Sandro Mattioli –. Poi quando l’Asl ci ha detto che non aveva più le dosi per adulti abbiamo sospeso il servizio”.
Era soltanto il 30 giugno e già all’inizio dell’estate in Italia i vaccini contro l’epatite A scarseggiavano: “Il vaccino a maggio ha registrato un calo di produzione a livello europeo perché una delle due ditte ha smesso di prepararlo e le altre avevano rallentato la produzione”, spiega la dottoressa Caterina Rizzo del Centro nazionale di epidemiologia dell’Istituto superiore di sanità. Così a luglio le autorità sanitarie italiane trovano una quadra: su indicazione dell’Iss, il ministero e l’Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) autorizzano l’utilizzo delle dosi pediatriche, più reperibili, da somministrare in quantità doppia per ogni persona. Ne vengono comprate all’estero e poi distribuite nelle Regione che ne hanno fatto richiesta. “In alcune zone tuttora è difficile reperirlo”, afferma il responsabile salute dell’Arcigay. Nel frattempo, da quando è scoppiata l’epidemia, sono avvenuti due episodi gravissimi: in Sardegna e in Veneto due persone hanno dovuto subire un trapianto urgente di fegato. Una di queste persone aveva già un’epatite cronica B e C.
VACCINAZIONE e prevenzione hanno comunque avuto un effetto positivo: “In Italia il numero di casi è in calo dopo il picco primaverile”, spiega Rizzo. I grafici dell’u lt im o bollettino del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, pubblicato il 29 settembre, mostrano una netta riduzione, ma il dato generale resta preoccupante: “Gli 11.212 casi registrati dal gennaio all’agosto 2017 rappresentano un aumento di quattro volte rispetto alla media di 2.594 casi l’anno registrati nello stesso periodo tra il 2012 e il 2015”.
11.212 Casi registrati in Europa dal gennaio all’agosto 2017 rappresentano un aumento di quattro volte rispetto alla media di 2.594 casi l’anno registrati nello stesso periodo tra il 2012 e il 2015 1.410 Casi denunciati in Italia ad agosto 2017, 583 tra l’agosto 2016 e il febbraio 2017, un dato cinque volte superiore alla media degli anni precedenti I SOGGETTI COLPITI IN ITALIA
L’età media è di 34 anni e l’85% uomini di cui un’alta percentuale (61%) dichiara di essere omosessuale
CENTRO EUROPEO PER LA PREVENZIONE L’ultimo bollettino pubblicato il 29 settembre, mostra una netta riduzione, ma il dato generale resta preoccupante