Benedicta Boccoli, un gran “Fiore di cactus”
Pièce di Barillet e Grédy riadattata da Piergiorgio Piccoli e Aristide Genovese
o mi sento la sorella di Fantozzi, ragionier Ugo”, racconta Benedicta Boccoli alla fine di Fiore di cactus.
E un po’ è vero, con lei a un certo punto sul palco con il beret ben calcato sulla fronte, il cappotto anni Settanta, vestiti a nascondere le forme, la voce in grado di modulare verso picchi inaspettati, alto, basso, di nuovo alto, soffuso, le scarpe stondate; è lei la protagonista della pièce arrivata a Roma (teatro la Cometa fino al 22 ottobre), dopo il successo dello scorso anno al Nord Italia.
Un successo giocato sui toni, sulle sfumature, sul riuscire a mantenere per due ore l’attenzione del pubblico grazie a tempi serrati, cambi frequenti di scenografia, battute quasi mai gridate, una musica a spezzare, una trama lineare per narrare una storia altrettanto lineare: un dentista scapolo e donnaiolo, per evitare che le sue amanti gli chiedano di sposarlo, decide di fingersi già spo- sato. Dietro la superficie, la scusa per raccontare i difficili equilibri esistenziali; per denunciare il facile fraintendimento, la difficoltà ad amare; il desiderio di amare e condividere; le bugie, l’ostinazione alle bugie, la fuga da loro stesse, il rimandare all’infinito ciò che ormai è finito.
CIÒ È INSCATOLATO, appunto, da uno degli evergreendella commedia francese Fleur de cactus di Pierre Barillet e Jean Pierre Grédy, per la prima volta in scena nel 1964; da allora sono infiniti gli allestimenti, le riedizioni, le proposte e l’ispirazione di un film di successo; fino a questo riadattamento di Piergiorgio Piccoli e Aristide Genovese ( alla regia) con Benedicta Boccoli affiancata da Maximilian Nisi (il dentista bugiardo), Anna Zago e una serie di bravi e giovani attori.