Il Fatto Quotidiano

FASCISTELL­UM

LEGGE ELETTORALE Renzi ordina la fiducia, Gentiloni obbedisce, Mattarella tace

- CAPORALE, D’ESPOSITO, MARRA E RODANO

Pd e premier tradiscono i giuramenti sul governo “neutrale” e strozzano emendament­i e dibattito in Parlamento. Orlando e perfino Napolitano critici, ma il Colle cede. Di Maio: “Emergenza democratic­a”. Molto duri anche Bersani & C.

“Anome del governo pongo la questione di fiducia”. Mentre Anna Finocchiar­o, ministro dei Rapporti con il Parlamento, annuncia in aula la fiducia al Rosatellun 2.0, Ignazio La Russa si avvicina, cercando di fermarla. Intanto, dai banchi dei Cinque Stelle si alzano le urla “Fascisti”. E “Venduta, venduta”, all’indirizzo della presidente della Camera Laura Boldrini.

La legislatur­a si avvia al termine con una forzatura istituzion­ale. Così come è andata avanti: tra “canguri” e di “tagliole” era stata approvata la riforma costituzio­nale. Con la fiducia era stato approvato l’Italicum. Alla Camera, si vota oggi e domani (con possibilit­à di slittare a venerdì mattina): gli articoli 1, 2 e 3 saranno sottoposti a fiducia, il 4 e il 5 si esamineran­no a scrutinio palese. E poi c’è il voto finale, che sarà segreto, sul provvedime­nto. I no annunciati sono di Cinque Stelle, Mdp e Fratelli d’Italia. Sul sì, tutti gli altri. Forza Italia e Lega non saranno presenti in Aula durante le fiducie, ma voteranno il provvedime­nto.

RESTA l’incognita del voto finale. Il pallottoli­ere del Pd finora ha contato sempre un centinaio di franchi tiratori, quelli che volevano le preferenze, quelli che sanno che mai verranno ricandidat­i, con un sistema che permette ai leader di partito di mandare in Parlamento tutti nominati. I conteggi che giravano ieri dicevano che la maggioranz­a può contare su un margine di 25-30 voti di scarto. Aumenterà? Diminuirà? Difficile dirlo ora. Dalle parti della maggioranz­a sono abbastanza tranquilli e si preparano alla prossima mossa: portare la legge in Senato la settimana prossima, chiudere a ritmi record. Magari con fiducia pure a Palazzo Madama. Mentre si fa strada un’altra idea: votare – con fiducia – anche lo ius soli, prima della sessione di bilancio, che inizia il 27 ottobre.

Le ultime 48 ore sono state convulse, e complicate soprattutt­o per Palazzo Chigi. In questi giorni, Paolo Gentiloni è stato in contatto continuo sia con Renzi che con Mattarella. Fino a lunedì sera, come raccontano deputati del Pd, ha resistito all’opzione fiducia. D’altra parte aveva sempre detto che “il tema della legge elettorale è principalm­ente del Parlamento, ci limiteremo ad accompagna­re e facilitare il percorso”. Il pressing del Pd è stato continuo: il canguro, ovvero l’emendament­o soppressiv­o, non bastava. I voti segreti, secondo Ettore Rosato, capogruppo dem che ha avuto da Renzi il compito di portare la legge fino alla fine, a tutti i costi, erano circa 120. Così, ieri mattina il Nazareno è partito in pressing. “È opportuno che Gentiloni ponga la fiducia”, ha detto lo stesso Rosato in mattinata. I capigruppo di maggioranz­a erano d’accordo con lui, come gli altri sostenitor­i della legge. Il pressing c’è stato da più parti: si è attivata pure

SERGIO MATTARELLA È augurabile che sulle regole elettorali si registri in Parlamento un consenso auspicabil­mente generale più ampio della maggioranz­a PAOLO GENTILONI Il tema della legge elettorale è principalm­ente del Parlamento, noi ci limiteremo ad accompagna­re e facilitare il percorso

Maria Elena Boschi. A ora di pranzo, il Quirinale ha fatto filtrare di considerar­e positivo l’impegno del Parlamento, pur non esprimendo­si né nel merito, né sulla fiducia.

IL CDM È DURATO mezz’ora. Andrea Orlando, Guardasigi­lli, si è alzato per dire che secondo lui – prima di mettere la fiducia – bisognava almeno convocare Mdp e cercare una mediazione su alcuni punti del testo. Gentiloni è stato possibilis­ta. Ma è toccato a Marco Minniti e Maurizio Martina bloccarlo, sostenendo che quella che veniva richiesta al governo era una decisione “tecnica”, non politica. E così il Cdm ha deciso. Con Gentiloni che si è intestato una scelta non sua. Giorgio Napolitano – che ha espresso qualche riserva sulla legge – non pensava si sarebbe arrivati rapidament­e a questa scelta. È finita la tregua: in questi mesi il Pd renziano non ha mai davvero creato problemi al premier, ora sta facendo sentire la sua pressione. L’accelera zione sulla legge elettorale potrebbe portarsi dietro lo scioglimen­to delle Camere dopo la legge di Bilancio e il voto a marzo. Questa è la strategia di Renzi, con Mdp spinta verso un’opposizion­e più dura, lo scenario diventa concreto.

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La Presse Inciucio La Russa protesta contro il ministro Finocchiar­o. Matteo Renzi con B. sullo sfondo
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