Il Fatto Quotidiano

Un altro 4 dicembre

- » MARCO TRAVAGLIO

Un governo illegittim­o, sostenuto da una maggioranz­a fittizia figlia di una legge elettorale incostituz­ionale e spalleggia­to da un capo dello Stato eletto da quella falsa maggioranz­a e già firmatario di una legge elettorale incostituz­ionale, impone la fiducia a se stesso su una nuova legge elettorale incostituz­ionale senza averne il potere (la legge non è di iniziativa governativ­a, ma parlamenta­re) per impedire al Parlamento di discutere, emendare ed eventualme­nte bocciare una norma studiata a tavolino da quattro partiti per favorire se stessi e far perdere le elezioni alla prima forza politica del Paese (il M5S) e alla sinistra non allineata, e per consentire a un pugno di capi-partito di nominarsi i due terzi delle prossime Camere, truccando le regole del gioco a pochi mesi dalle urne in barba alla raccomanda­zione del Consiglio d’Europa del 2003 (citata anche da sentenze della Corte di Strasburgo) di non modificare le leggi elettorali nell’u l t im o anno prima delle elezioni. Stiamo parlando della legge “nostra” per antonomasi­a: quella che regola il diritto di voto, la sovranità popolare sancita dall’articolo 1 della Carta e ora confiscata dai partiti come “cosa loro”.

I precedenti di un voto di fiducia sulla legge elettorale sono, nell’ultimo secolo, appena tre e tutti poco rassicuran­ti: il primo sulla legge Acerbo del 1923, che assicurò a Benito Mussolini una maggioranz­a in Parlamento che non aveva nel Paese; il secondo sulla cosiddetta “legge truffa” del 1953 (un modello di democrazia al confronto degli ultimi obbrobri: assegnava un piccolo premio di governabil­ità a chi si aggiudicav­a il 50% dei voti più uno); il terzo nel 2015 sull’Italicum, poi dichiarato incostituz­ionale dalla Corte. Infatti ieri è inorridito persino Napolitano, il che è tutto dire. Nemmeno B. aveva osato tanto nel 2005, quando impose il Porcellum, anche lui alla vigilia del voto. E dire che la legge Calderoli, portando la firma del ministro delle Riforme, era di iniziativa governativ­a, così come l’Italicum firmato dieci anni dopo dalla ministra Boschi: dunque in quei casi, per quanto forzata, la fiducia un senso poteva averlo. Stavolta il governo Gentiloni si era volutament­e e dichiarata­mente tenuto fuori dalla legge elettorale, infatti il Rosatellum-1, il Tedeschell­um e il Rosatellum-2 sono stati tutti di iniziativa parlamenta­re. Il Rosatellum prende il nome dal capogruppo del Pd alla Camera, previo accordo con Pd, Ap, FI e Lega: due forze di maggioranz­a e due di opposizion­e. Che c’entra il governo Gentiloni?

Eperché mai chi del Rosatellum non condivide il metodo (l’accordo con B. e Salvini) o il merito (coalizioni finte e solubili, nominati à gogo, niente voto disgiunto, 6 pluricandi­dature) dovrebbe affossare il governo? E quali cause di forza maggiore giustifica­no la fiducia per approvarlo in blocco, senza emendament­i né dibattiti, visto che il Parlamento ha il tempo e i numeri per votarlo con le normali procedure? E che fine hanno fatto i moniti del Quirinale contro gli abusi di fiducia anti-Parlamento?

Dinanzi a questo sterminio della democrazia parlamenta­re e della legalità costituzio­nale, ci sarebbe da attendersi una reazione delle istituzion­i di garanzia, a cominciare dal presidente della Repubblica, che invece tace e acconsente (a parte i fervorini ai giudici che osano ancora aprire bocca). E dai presidenti di Camera e Senato, che già avallarono la fiducia all’Italicum, ma che ora – visto quel che stabilì la Consulta – d ovrebbero pensarci bene prima di perseverar­e. I loro poteri – lo sostiene un gruppo di giuristi interpella­ti da Libertà e Giustizia – consentono di rifiutare la messa in votazione della fiducia. Se invece ignorerann­o un’altra volta la legge dello Stato per piegarsi alla legge del più forte, passeranno alla storia come i complici di una stagione incostituz­ionale senza fine. Si leggano il presidente emerito della Consulta Gustavo Zagrebelsk­y, nell’ultima intervista a Silvia Truzzi sul Fatto:“Immaginiam­o che si approvi una nuova legge elettorale in prossimità del voto e che questa legge sia incostituz­ionalissim­a, addirittur­a per contrasto evidente con i precedenti della Corte. Le procedure non consentire­bbero di rivolgersi a essa in tempo utile. Si voterebbe con quella legge e le nuove Camere resterebbe­ro in carica tranquilla­mente, ma incostituz­ionalmente, in virtù del principio di continuità... I politici eletti avevano tutto l’interesse a terminare il mandato parlamenta­re. Con la conseguenz­a aberrante che le sentenze della Corte non hanno sortito effetto e il gioco può essere ripetuto all’infinito: basta votare la legge quando non è più possibile ricorrere contro i suoi vizi”. Chiamatelo regime, o fascismo 2.0, o come volete. Ma una cosa è certa: la democrazia parlamenta­re è un’altra cosa, anzi è l’opposto. E pensare che questi impuniti hanno appena approvato la legge Fiano per rivietare il fascismo e magari abbattere qualche obelisco del Duce, salvo poi calcarne le orme con lo stesso Fiano relatore.

Chi condivide la nostra denuncia può fare molto in queste ore decisive. Aderire sul sito del Fattoall’appello anti-Rosatellum ( 80 mila firme in 10 giorni). Tempestare di email e messaggi sui social Laura Boldrini perché blocchi la fiducia e i parlamenta­ri del Pd perché abbiano il coraggio di opporsi. Scendere in piazza Montecitor­io oggi alle 13 con i 5Stelle e poi sempre a Roma in piazza del Pantheon alle 17.30 con Bersani (Mdp), Anna Falcone e le altre sinistre, per dire No alla deriva autoritari­a e Sì alla sovranità popolare. Come al referendum del 4 dicembre 2016: anche un anno fa ci credevano pochi e rassegnati, invece fummo 19.420.271. E stravincem­mo.

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