Puigdemont frena: “Catalogna libera, però dialoghiamo”
Madrid: “Inaccettabile”
■ Il presidente della regione autonoma avvia il processo di indipendenza ma lo sospende. Il governo Rajoy chiude la porta
Carles Puigdemont si è presentato alla riunione plenaria del Parlamento catalano alle ore 19, un’ora dopo rispetto a quella stabilita. “La Catalogna si è guadagnata il diritto a essere uno Stato indipendente, ad essere ascoltata e rispettata e perciò assumo, nel presentare i risultati del referendum, davanti a tutti voi e davanti ai nostri concittadini, il mandato del popolo per cui la Catalogna diventi uno Stato indipendente in forma di repubblica”. Per poi aggiungere “Il governo e io stesso proponiamo che il Parlamento sospenda per alcune settimane gli effetti della dichiarazione d’indipendenza, cosicché le prossime settimane si possa riannodare il dialogo, senza il quale non è possibile arrivare a una soluzione accoradata”.
SUL RITARDO SONO GIRATE le voci più disparate, da contatti eccellenti dell’ultimo momento alle ipotesi giudiziarie più scabrose. La ragione più evidente è sembrata una riunione d’urgenza della maggioranza parlamentare, tra il governo di Junts pel Sí, l’alleanza indipendentista tra Esquerra Republicana de Catalunya e Partit Democràtic de Catalunya e la Candiadtura d’Unitat Popular, l’espressione della sinistra radicale indipendentista. Probabilmente convocata per li- mare il testo del discorso dopo le molte pressioni internazionali piovute sul governo catalano perché non ci fosse una dichiarazione unilaterale d’indipendenza, in ragione di qualche impegno avanzato a livello internazionale per favorire una mediazione tra il governo spagnolo e il governo catalano. Una dichiarazione d’indipendenza fatta e quindi sospesa, più un annuncio di dichiarazione, per un’indipendenza rinviata senza limite di tempo se non quello di alcune settimane, per favorire ciò che è mancato nelle ultime settimane e negli ultimi anni, una soluzione politica a un problema che è politico e che tribunali, polizie e mercati interna- zionali non hanno intimidito. Che sia così lo si capisce subito dal dibattito successivo dei gruppi parlamentari, non particolarmente duro e soprattutto breve, con Catalunya Sì que Es Pot, la formazione dell’area alla sinistra dei socialisti, che tirava un sospiro di sollievo, mentre il leader socialista Miquel Iceta osservava che “non si può sospendere una dichiarazione che non si è fatta”, proponendo nuove elezioni.
LA CUP, NEL SUO TURNO d’interventi, denunciava come si fosse “perduta un’occasione di proclamazione della repubblica catalana”, perciò “oggi cominciamo una nuova tappa di lotta per difendere la repub- blica”.
Il leader di Podemos Pablo Iglesias affermava che “il presidente della Generalitat non ha dichiarato oggi l’indipendenza”, mentre il governo spagnolo giudicava la dichiarazione inammissibile “perché implicita” e perché sospesa e si attrezza per la sua risposta.
Il Tribunal Constitucional prevede l’annullamento della dichiarazione già stamattina.
Le reazioni per le strade attorno alla sede del parlamento catalano dove migliaia di persone si erano concentrate convocate dall’Assemblea Nacional Catalana sono state per lo più di delusione.
“M’indirizzo all’ins ieme
Non siamo né golpisti né delinquenti. Il re non può mediare Reazione secca
La Corte costituzionale pronta a annullare la dichiarazione. Critiche dei partiti spagnoli
della popolazione, a chi è andato a votare, a chi è andato sabato scorso a sostenere il dialogo, a chi ha manifestato domenica, a chi non si è mobilitato, perché tutti formiamo uno stesso popolo”, diceva Puigdemont ieri sera.
“NON SIAMO DELINQUENTI, non siamo matti, non siamo golpisti, siamo gente normale che chiede solo di poter votare”. “L’appello al dialogo è arrivato da tutte le parti. Oggi facciamo un gesto di generosità e responsabilità”. Un gesto che gli chiedevano tutti, gli imprenditori dietro la minaccia della fuga, l’Europa con il ricatto di lasciarli fuori dell’U- nione. Ma anche la sinistra di Podemos, l’unica sul piano interno che si sia impegnata per favorire una riapertura del dialogo, che aveva proposto una mozione alle Cortes contro l’applicazione dell’art. 155 della Costituzione o dello stato d’eccezione. Mentre il Psoe si schierava senza titubanze apparenti con il governo spagnolo.
Dev’essere costato a Puigdemont fare questo passo, anche se i catalani ce l’hanno nel dna la politica dell’accordo e se sono specialisti nelle soluzioni inaspettate dell’ultimo minuto. Con la speranza che una soluzione finalmente si trovi.