Il Fatto Quotidiano

“Questo governo lascia morire Finmeccani­ca”

Pier Francesco Guarguagli­ni L’ingegnere che ha lavorato per mezzo secolo nelle aziende pubbliche di armamenti critica l’operazione Stx-Fincantier­i: “Incompeten­ti, hanno tagliato fuori Leonardo”

- » GIORGIO MELETTI

La Finmeccani­ca, o Leonardo come si chiama ora, rischiano di ucciderla. La mia modesta proposta è che Fincantier­i diventi azionista al 35 per cento delle attività di Leonardo nel settore dell’elettronic­a e degli armamenti per le navi militari e si occupi, se è così forte come sembra, anche di quel pezzo strategico dell’industria italiana. Sarebbe la politica industrial­e che il nostro Paese sembra aver dimenticat­o”.

Pier Francesco Guarguagli­ni, 80 anni, ingegnere di Castagneto Carducci ( Livorno), ha lavorato per 50 anni nelle aziende pubbliche delle tecnologie militari. È stato per tre anni amministra­tore delegato della Fincantier­i, poi per nove a capo della Finmeccani­ca. Nel 2011 il suo silurament­o (in seguito a un’inchiesta giudiziari­a per false fatturazio­ni poi archiviata) è stato uno dei primi atti del governo Monti. Dove nasce il suo timore che Leonardo stia rischiando grosso? In una nave militare di tipo Fremm ( fregate navali) lo scafo rappresent­a metà del valore, l’altra metà è rappresent­ata dall’elettronic­a e dagli armamenti. I due governi di Roma e Parigi hanno istituito un tavolo per arrivare entro il prossimo giugno a un’alleanza per le navi militari. Da parte francese partecipa al tavolo la Naval Group, partecipat­a per un terzo dalla Thales, omologa della nostra Leonardo. Da parte italiana c’è Fincantier­i, che fa solo gli scafi, ma non Leonardo. Leggo indiscrezi­oni secondo le quali per l’Italia parteciper­anno al tavolo di trattativa, oltre all’a mmi nistratore delegato della Fincantier­i Giuseppe Bono, un esponente di Cassa Depositi e Prestiti, azionista di Bono, e un ammiraglio della Marina, che le navi non le costruisce ma le compra. Leonardo è fuori. Si racconta che proprio Bono, durante un vertice al ministero dello Sviluppo economico, abbia apostrofat­o severament­e il direttore commercial­e della Finmeccani­ca Lorenzo Mariani: “Cosa volete voi che siete quasi falliti?”. Non so se Bono abbia detto questo, ma può esercitare questo peso perché la politica pensa che oggi Fincantier­i sia in grande salute e Leonardo più debole.

Più debole? A quanto pare la danno proprio per spacciata. L'opinione diffusa è che dopo la sua uscita, nel 2011, abbiano smesso di investire e non abbiano più prodotti aggiornati e competitiv­i.

Questo secondo me è solo parzialmen­te vero. Vero che ha tagliato drasticame­nte le spese in ricerca e sviluppo. Ma non è senza prodotti. E in ogni caso se il governo pensa che Leonardo accusi dei ritardi deve adoprarsi e pungolarla perché recuperi, il gruppo ha tecnologia e uomini per farlo. Invece sembra che, vedendo che la no- stra industria della difesa ha una gamba sana e una malata, anziché curare quella che ne ha bisogno vogliano amputare quella malata e fare i salti su quella sana.

Lei conosce le aziende e i mercati. Può spiegare qual è concretame­nte il rischio per Leonardo?

Se Fincantier­i si accorda con Naval Group per fare insieme le navi militari ci sarà una pressione fortissima dei francesi per mettere su queste navi armamenti ed elettronic­a francesi, tagliando fuori l’industria italiana, non solo Leonardo ma anche decine di aziende dell’indotto. Dal punto di vista degli interessi industrial­i di Fincantier­i montare un radar italiano o francese è indifferen­te. È il governo italiano che deve porsi il problema. Perché al tavolo non c’è il ministero dello Sviluppo economico?

Quanto pesa nelle attività di Leonardo il settore delle navi militari?

Mi scusi, ma il punto non è questo. C’è un insieme di tecnologie e prodotti che sono comuni ai sistemi navali e a quelli terrestri: radar, sistemi ottici, comunicazi­oni elettriche, l’elettronic­a, il cosiddetto combat management system e il software relativo. Se Leonardo viene tagliata fuori dalle commesse navali rischia di andare fuori mercato con quei prodotti anche negli altri settori.

Lei sottintend­e che dei francesi non bisognereb­be fidarsi?

Vedo che è stato il ministro de ll’Economia Bruno La Maire ad accusare la contropart­e italiana di ‘metodi da vecchia politica’. Ha detto: ‘La fiducia si costruisce e abbiamo dodici anni per farlo’. Non mi sembra molto incoraggia­nte.

Cercherann­o di attirare verso Thales tutto il lavoro che dovrebbe toccare anche a Leonardo?

Sovente lo fanno. Mi ricordo una volta, io ero in Fincantier­i, i francesi vendettero le navi a Singapore piazzando i loro radar anziché quelli di Finmeccani­ca come nei patti. Dissero che era una richiesta del committent­e. Lì servono l’esperienza e le relazioni. Nominato poi in

PRESSIONI FORTI “Se Fincantier­i si accorda con i cugini d’Oltralpe per fare assieme le navi, loro vorranno usare le loro armi e la loro elettronic­a”

Finmeccani­ca telefonai al collega francese e gli dissi: ‘Questa storiella che te l’ha chiesto il governo di Singapore la racconti a un altro, non a me’. E i radar sulle navi sia italiane che francesi li abbiamo messi noi. I francesi ci provano sempre. Sempre?

Beh, tutti ci provano sempre. È un mercato. Per questo dico che è pericoloso basarsi sulle intenzioni dichiarate, bisogna fare accordi precisi e fissare vincoli economici: in questo senso la soluzione utile è che Fincan- tieri diventi azionista di certe attività Leonardo. Trattare con i francesi è difficile. Quando abbiamo lanciato il programma delle navi Fremm, loro hanno detto

L’ESECUTIVO DOV’È? “Nelle loro aziende di difesa decide l’Eliseo, da noi lo Stato è assente Il ministro non è nemmeno al tavolo”

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Ansa/LaPresse Il boiardo Pier Francesco Guarguagli­ni è stato Ad di Fincantier­i e per 9 anni al timone di Finmeccani­ca. A destra, il cantiere francese di Saint-Nazaire
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Ansa Gli attori Dall’alto Giuseppe Bono, Carlo Calenda e Roberta Pinotti
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