Il Fatto Quotidiano

La May provoca l’Unione: “Brexit anche senza intesa”

Londra minaccia l’addio all’Unione in ogni caso. Bruxelles: “Scenario non previsto”

- » SABRINA PROVENZANI Londra

Con il discorso di Firenze, il 22 settembre, Theresa May aveva avviato una fase più conciliant­e nei negoziati con Bruxelles, proponendo un periodo di transizion­e di almeno due anni e ribadendo di fronte al Parlamento britannico, lunedì, che in questa fase di transizion­e la Corte europea di giustizia manterrebb­e la sua autorità sul Regno Unito.

Ma il potere britannico è appeso a diatribe interne al partito conservato­re, diviso fra fautori di una Brexit dura e moderati più inclini al compromess­o. Il governo deve essere pronto “a tutte le eventualit­à”, compresa quella di una uscita senza accordo. Per questo ieri ha pubblicato due white paper rispettiva­mente sugli accordi doganali e sul commercio internazio­nale, che includono anche misure per il day after Brexit senza paracadute. Il Regno Unito seguirebbe le regole del Wto, fisserebbe le proprie tariffe su beni e consumi e sposterebb­e i confini verso l’interno per evitare l’incubo di code chilometri­che nei porti principali, accelerand­o la digitalizz­azione di molti controlli. Misure dovute, spiega la May.

Ma che aumentano la pressione sui negoziati. Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha commentato duramente: “Sentiamo che il governo britannico si sta preparando per uno scenario di ‘non accordo’”. Vorrei dire chiarament­e che non è lo scenario su cui lavora l’Ue. Negoziamo in buona fede, e speriamo ancora di ottenere progressi “su ff i ci en ti ” entro dicembre. Ma se così non fosse dovremo riconsider­are la direzione”.

Lo scenario cliff-edge, caduta dal burrone, è quello più temuto dai mercati, dalla City e dal tessuto produttivo per le ricadute sull’economia inglese che si prevedono catastrofi­che.

LASCEREBBE IN UN LIMBO circa 3 milioni di cittadini europei residenti nel Regno Unito, e un milione e mezzo di britannici in Europa.

E complicher­ebbe il dossier più delicato: nei white paperè ribadita la necessità di evitare controlli fra Irlanda e Irlanda del nord, ma non è chiaro come sia possibile se i due paesi finiranno per adottare sistemi tariffari diversi.

E si potrebbe riaprire anche il fronte scozzese. Nicola Sturgeon, premier e segretario del Partito nazionalis­ta, europeista, ha dichiarato: “Siamo il partito dell’indipenden­za. La nostra causa non dipende dalla Brexit. Ma la Brexit ci dimostra ciò che può accadere se non abbiamo il controllo del nostro futuro”.

Il referendum per l’indipenden­za scozzese era fallito nel 2014. Quale esito avrebbe, se riproposto dopo un’uscita senza accordo?

Rischio caduta libera

Lo “strappo” è temuto dalla City e dai circa tre milioni di cittadini europei residenti nel Regno

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Reuters Perfida albione Theresa May e il presidente del Consiglio europeo Tusk

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