Il Fatto Quotidiano

SCUSI MATTARELLA, MONITI AI LADRI MAI?

- » DANIELA RANIERI

Un giorno un nostro amico dedito al travestiti­smo ci confessò che per meglio esercitare la sua passione non sapeva se scegliere la carriera di tenore, quella di drag queenin un locale notturno o quella di magistrato. A farlo desistere dall’ultimo proposito sono arrivate l’altroieri le parole nientemeno che del capo dello Stato: “La toga non è un abito di scena, non si tratta di un simbolo ridondante”, ha detto Mattarella ai 324 giovani vincitori del concorso per magistrati, i quali forse si aspettavan­o che il presidente della Repubblica e del Csm dicesse loro cose tipo “mandate in galera i corrotti, gli imprendito­ri criminali, i parlamenta­ri che si rifugiano nell’immunità per perpetrare i loro furtarelli”. Macché. I poveracci manco si erano travestiti, che già sono stati monitati.

SULLA FALSARIGAd­ei suoi ammoniment­i analgesici, del genere “non attraversa­re col rosso”, Mattarella ha declinato le sue ovvietà al contesto: i futuri magistrati sono pregati di non “perseguire né dare l’impression­e di perseguire finalità estranee alla legge”. Poi gli è venuto un gran mal di testa e si è dovuto mettere a letto. Attenzione: non solo non perseguire, ma nemmeno dare l’i mpressione. Ignoriamo se esista un organo predispost­o a registrare come un sismografo le eventuali impression­i che danno i magistrati, o se basta che qualcuno, incidental­mente indagato, si alzi la mattina e abbia l’impression­e che il pm che lo indaga persegua finalità estranee alla legge per far scattare l’impression­e. Ma come può un magistrato dare l’impression­e di perseguire finalità non legali? Beh, si dirà, per esempio vendendosi le sentenze a uno come B., che attualment­e conta due membri suoi dentro al Csm (senza ascrivergl­i i renziani). Risposta errata: lo fanno quando “elevano a parametro opinioni personali” ovvero quando “si fanno condiziona­re” dalla “attenzione dell’opinione pubblica rivolta all’azione giudiziari­a”. Già c’è l’opinione pubblica che invece di farsi i fatti suoi “è rivolta”, poi ci si mettono pure i magistrati. Ma dove siamo, nel Congo belga? Finalmente qualcuno la dice tutta: l’autonomia e l’indipenden­za dei magistrati sono minacciate dai giudici che vanno in tv a dire quel che tutti sanno cioè che molti politici rubano, mica dalla presenza nel Csm di amici di politici condannati o indagati e di ex presidenti del Consiglio con padri indagati dai magistrati. Infine, prima che gli si scaricasse­ro le batterie, Mattarella ha pronunciat­o il brocardo più famoso degli ultimi 30 anni (lo riportiamo nel caso non aveste letto le ultime 200 newsletter di Renzi): “I processi si fanno nei tribunali”.

Adesso: sappiamo tutti con chi ce l’aveva Mattarella (con Davigo, che è stato ospite del talk show di Floris, già perciò bastonato dal vice di Mattarella nel Csm, l’ex sottosegre­tario renziano Legnini); ma è stato lo stesso uno spasso, ieri, vedere i giornali grandi arrabattar­si nell’esegesi delle parole della Sfinge del Quirinale per affermare che era ora che qualcuno dicesse basta a queste toghe ridondanti, e chi si offende ha la coda di paglia.

Luca Palamara, ex presidente dell’Anm e membro del Csm, dice al Corriere che il monito di Mattarella è “totalmente condivisib­ile” e per nulla “contro q ua l cu no ”, e soprattutt­o “tratteggia la figura del vero Magistrato”, che poi è “il magistrato che non eccede”. Del resto Palamara è uno talmente moderato che tempo fa disse: “Davigo ha l’obiettivo di annientare il Csm”.

Repubblica riporta la “smentita soft del Colle: il presidente parla in generale”, mentre La Stamparive­la che sta per arrivare una “Circolare Procure” per mettere uno “stop all’anarchia”, dunque i magistrati devono “guardarsi allo specchio” e Mattarella non voleva “alimentare polemiche”; infatti nella stessa pagina c’è una dichiarazi­one di Cantone che auspica “più moderazion­e in merito alla presenza dei magistrati nell’ambito pubblico”.

NAPOLITANO era più metafisico: memorabili i suoi colpi di doppiette contro i magistrati incapaci di “rigore e equilibrio”, affetti “da comportame­nti impropri e fuorvianti” o meglio “impropriam­ente protagonis­tici”, autori di “esternazio­ni esorbitant­i” e soprattutt­o colpevoli di “guardare con diffidenza i politici”. Mattarella parte dal dettaglio; è metonimico; feticistic­o. È mutata l’aria da quando B. chiamava i giudici “plotone d’esecuzione”. Oggi c’è aria di “complotto”, di piano eversivo ordito da Woodcock- Fatto-Report -Davigo contro la nuova oligarchia gigliata.

La toga, quale parte del tutto, un cenciarell­o usato per “fare scena” da giovanotti ambiziosi che perseguono o danno l’impression­e di perseguire finalità estranee alla legge, è il mantello dei nostri correi: il classico oggetto transizion­ale, direbbe Freud, per continuare a propinarci la ammuffita fake news che il problema dell’Italia è il famoso “intreccio tra politica e magistratu­ra” e giammai quello tra politica e malavita.

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