Il Fatto Quotidiano

Banche, la soluzione alla stangata della Bce c’è già: in Parlamento

- » CARLO DI FOGGIA

IMiliardi di euro: le sofferenze lorde delle banche italiane. Corrispond­ono a 1,3 milioni di insolventi eri è stata un’altra giornata di passione per i titoli bancari italiani, la quarta da quando la Bce ha deciso di proporre l’ennesima stretta ai criteri con cui le banche devono trattare i crediti deteriorat­i, scatenando la protesta di governo, banchieri, Confindust­ria e compagnia cantando. Dal 3 ottobre, l’indice di settore italiano ha perso il 5,4%, contro l’ 0,8% della Borsa e l’ 1 ,5 % dell’indice europeo (che monitora le 600 maggiori banche). La classe dirigente finge di svegliarsi e non vede che in Parlamento c’è la soluzione a portata di mano.

PER CAPIRE la posta in palio, serve un excursus. Negli anni post ingresso nell’euro, le banche, con la benevolenz­a della Banca d’Italia, hanno sostenuto a mani basse il boom del credito. La crisi del 2008 ha travolto l’euforia, ma i banchieri sotto l’occhio distratto di Via Nazionale hanno preso tempo sperando nella ripresa. Nel 2011-2012 è arrivata invece una seconda, pesante, recessione. E così oggi nelle Procure i vigilantes giurano di essere stati ingannati dai banchieri, che a loro volta giurano che tutto era alla luce del sole; e nei tribunali le aule sono intasate dalle cause ingaggiate dai creditori contro i debitori.

Dietro i 172 miliardi di “sofferenze”, ci sono 1,3 milioni di persone e imprese insolventi. Sommando anche il resto dei crediti deteriorat­i si arriva a 300 miliardi di euro. Consideran­do le famiglie, i garanti dei prestiti e i dipendenti delle imprese in difficoltà che rischiano di rimanere per strada si sale a 7-8 milioni di individui nella morsa della crisi. Gente con l’impresa in cattive acque o che non riesce a pagare la rata del mutuo.

La vigilanza impone agli istituti di “prezzare” i crediti deteriorat­i, tenendo anche conto delle garanzie (immobili e beni ipotecati). Le banche italiane hanno in bilancio le “sofferenze” in media al 37% del loro valore (i deteriorat­i al 50%), il resto è considerat­o una perdita che viene coperta con gli accantonam­enti. Significa che su 172 miliardi, le banche contano di recuperarn­e 65. Per questo ogni intervento che porta a nuove svalutazio­ni delle sofferenze fa crollare i titoli. Quando Bankitalia ha svalutato brutalment­e quelle di Etruria e le altre banchette salvate a fine 2015, in Borsa gli i- stituti hanno bruciato 42 miliardi di capitalizz­azione. Poi c’è la Banca centrale europea. La vigilanza di Francofort­e guidata dalla francese Danièle Nouy impone alle banche di liberarsi in fretta dei crediti deteriorat­i, cioè a sconto. Questo apre buchi nei bilanci e gli effetti su quelle italiane, che hanno il 30% dei mille miliardi di crediti deteriorat­i dell’eurozona, si vedono anche in questi giorni. Le perdite vanno poi coperte con costose ricapitali­zzazioni. Chi compra le sofferenze? Più o meno solo i grandi fondi esteri specializz­ati, molti dei quali in prima fila nelle ricapitali­zzazioni delle banche: acquistano in media al 20% e poi puntano a massimizza­re il profitto affidando il recupero dei crediti a italianiss­imi riscossori che vivono inseguendo italianiss­imi debitori. Un microcosmo di una trentina di soggetti, più della metà neanche vigilati da Bankitalia, che nel solo 2016 hanno incassato 700 milioni di euro (dati Pwc) grazie a uno stuolo di studi legali e profession­isti del settore che vivono sulla scia di una crisi infinita.

Il più grosso operatore è Dobank, la ex banca Uccmb, un gioiellino che Unicredit ha ceduto due anni fa al fondo americano Fortress per 300 milioni. Oggi ne capitalizz­a in Borsa 800, segno che il mercato è redditizio. Ma solo per i fondi: tutti gli altri ci perdono, famiglie, imprese, banche e Stato. Secondo i dati della Consulta nazionale antiusura, nel 2016 sono andati in asta 260 mila immobili, 450 mila negli ultimi 7 anni. Nei prossimi 3-4 anni finiranno nei tribunali altre 450 mila abitazioni anche grazie alle norme con cui il governo Renzi ha facilitato gli espropri nel tentativo di puntellare i bilanci bancari. Sta passando di mano il 7% della proprietà immobiliar­e nel silenzio più assoluto.

L’I MP R E ND I TO R E m i la n es e Giovanni Pastore, insieme a diverse associazio­ni (Confimpres­e e Favor Debitoris) ha trovato una sponda politica alla proposta di un “giu bil eo bancario” avanzata da Dino Crivellari, esperto banchiere per 15 anni a capo di Uccmb finché Unicredit non l’ha regalata a Fortress. Il meccanismo è semplice: invece di vendere a un fondo specializz­ato a 20 un credito di 100 prezzato a bilancio a 37 è giusto premettere al debitore di chiudere i conti pa- gando 37. Se offre meno, la banca è incentivat­a ad accettare grazie ad alcuni benefici fiscali. Il vantaggio in termini di costi sociali è evidente. Le banche non ci perdono e ci guadagna anche lo Stato perché le perdite degli istituti sui crediti vengono scontate dalle imposte. Secondo Crivellari, i 120 miliardi di accantonam­enti finora effettuati hanno fatto perdere 60 miliardi di gettito all’Erario.

Nelle prossime settimane in Commission­e Finanze alla Camera entrerà nel vivo, con le prime audizioni, la discussion­e dei disegni di legge sul giubileo bancario presentati da Giovanni Paglia (Si) e Antonio Marotta (Ncd), che fanno proprio l’idea di Crivellari. Per evitare abusi si limitano alle sole sofferenze nei bilanci al 2016. Sull’iniziativa c’è un consenso bipartisan: M5S è favorevole e presenterà un testo simile; d’accordo anche Mdp, Lega e, pare, Forza Italia. Solo il Pd non si è pronunciat­o. Bankitalia e Abi non faranno barricate e Paglia chiederà di calendariz­zare il prima possibile il testo in aula. “Questo permettere­bbe di far ripartire 7-800 mila imprese”, spiega Crivellari. Il governo lo sa?

Il meccanismo

Invece di svendere i prestiti ai fondi esteri, gli istituti potranno offrirli ai debitori al valore di bilancio: “Così ripartono 7-800 mila imprese”

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