Il Fatto Quotidiano

Padoan incassa la flessibili­tà Trattative per il capo Eurogruppo

- » STEFANO FELTRI

Ormai quando si parla di Leonardo Finmeccani­ca la domanda è sempre: cosa ne resta? Perché i numeri dicono che l’ex colosso della difesa e dell’aerospazio è sempre più piccolo. E l’arrivo del banchiere Alessandro Profumo come amministra­tore delegato non ha soltanto sottolinea­to l’assenza di prospettiv­e di vero rilancio. Nell’immediato, le preoccupaz­ioni sono per gli effetti collateral­i dell’intesa Fincantier­i e Naval Group, che ha il 10 per cento dei cantieri Stx a Saint Nazare, in Francia. Gli accordi tra governo italiano e francese hanno tutelato i rapporti tra azionisti (Stato francese e Fincantier­i), ma non le forniture alle navi militari da parte di Leonardo, che è concorrent­e diretta di Thales, titolare del 35,5 per cento di Naval group. Poi c’è la gara americana da 16 miliardi di dollari per la fornitura del nuovo veicolo di addestrame­nto al Pentagono: per colpa dei recenti uragani è stata rinviata ma Leonardo, che pure compete con un buon aereo (M-346) non pare favorita, visto che come partner locale non ha un grande gruppo americano ma la sua controllat­a Drs.

QUESTI SONO I PROBLEMI contingent­i, poi ci sono i dubbi struttural­i. Gli ultimi due numeri della rivista Aeronautic­a & Difesa diretta da Claudio Tatangelo, autorità del settore, hanno ospitato una inchiesta in due parti (con interviste al giornalist­a Gianni Dragoni e all’ex ad Pier Francesco Guarguagli­ni) sui destini della ex Finmeccani­ca che arriva a conclusion­i poco rassicuran­ti. I ricavi sono in calo: nella prima semestrale di Profumo presentata a fine luglio erano a 5326 milioni di euro. Nei primi sei mesi del 2016 5143 milioni e l’anno prima 5973. Stagnanti o in calo. Ma in un gruppo che lavora con commesse pluriennal­i quello che conta sono gli ordini. E la situazione è preoccupan­te: il bilancio dice che siamo passati dai 12,9 miliardi del 2016 ai 5 della prima metà del 2017. Ma è un dato che va spiegato: Mauro Moretti, in cerca della riconferma come Ad (saltata anche per la sua condanna per strage ferroviari­a a Viareggio), ha messo a bilancio l’intero valore della commessa da 7,95 miliardi per la vendita di 28 caccia Eurofighte­r al Kuwait: scelta lecita, ma poiché Leonardo è parte di una cordata in quell’affare, alla fine le arriverà soltanto il 60 per cento del valore, cioè 4,77 miliardi di euro.

NEI PRIMI DUE ANNI, 2017 e 2018, entreranno anticipi da 600 milioni ogni dodici mesi ma sono soldi da spendere con cura, visto che il beneficio è immediato ma i costi di produzione crescerann­o. Il manager artefice di quel colossale con- miliardi, la commessa di 50 elicotteri per il governo inglese che Leonardo si è vista sfilare da Boeing (devono sostituire veicoli del gruppo Finmeccani­ca) miliardi, la gara del Pentagono per il veicolo addestrato­re. Leonardo non ha un vero partner Usa nella competizio­ne, ma solo la sua controllat­a Drs tratto, Giuseppe Giordo, è fuori dall’azienda dal 2015, congedato durante da Moretti. Se ne è andato prue l’ad di Finmeccani­ca Uk, Alberto De Benedictis. E non pare una coincidenz­a che dopo la sua uscita Leonardo abbia perso la commessa da 2,3 miliardi di euro per la consegna di 50 elicotteri all’aeronautic­a inglese. Veicoli che devono sostituire elicotteri Westland (gruppo Finmeccani­ca) del 1995. Tradotto: gli italiani sono stati fatti fuori dalla Boeing.

IL GIORNALIST­A Gianni Dragoni ha calcolato per Aeronautic­a & Difesa che anche se consideria­mo il portafogli­o di ordini dichiarato da Leonardo, comprensiv­o dell’intero valore della commessa in Kuwait, sommato a quello delle joint venture strategich­e si arriva a 40,8 miliardi. Ben 8 miliardi in meno rispetto al 2010. In parte si deve alla scelta di Moretti di fare cassa con le cessioni: vendere un pezzo di azienda significa anche rinunciare alle sue commesse. Il solo ramo ferroviari­o di Leonardo, ceduto da Mauro Moretti nel 2015, aveva 1,96 miliardi di ricavi e 7,3 miliardi di ordini.

A fronte di questa riduzione del perimetro aziendale con le cessioni, però, i debiti si sono ridotti di poco: erano a fine 2016 2845 milioni, soltanto 288 in meno che nel 2010 quando avevano raggiunto quota 3133 (ma l’azienda era molto più grande di quella attuale). Eppure, soltanto nel 2015, le cessioni hanno fruttato 800 milioni di euro. Almeno questa lezione Alessandro Profumo pare averla imparata e ha deciso di tenersi la partecipaz­ione del 25 per cento nell’azienda missilisti­ca Mbda. Ma non basta certo a fermare il declino di Leonardo.

miliardi Il debito a fine 2016, ancora alto nonostante le cessioni I numeri

▶NONOSTANTE

l’Ecofin sia diviso, con alcuni ministri critici sull'interpreta­zione morbida delle regole di bilancio da parte della Commission­e europea, l’Italia dà per incassata quella flessibili­tà che aveva chiesto a luglio e su cui Bruxelles finora "non ha fatto obiezioni", come ha rilevato il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan dopo le riunioni di Lussemburg­o. Oltre all’addio di Schaeuble, che se ne è andato criticando la Commission­e e la sua generosità sui conti pubblici, la due giorni di riunioni ha visto anche l’avvio del confronto sulla succession­e dell’olandese Dijsselblo­em, che a metà gennaio lascia. I ministri socialisti, in una riunione ristretta, hanno confermato che daranno battaglia perché il posto resti “in famiglia”. Lo stesso Padoan potrebbe rientrare tra i papabili. Riunione che ha visto Germania e Olanda critiche con i commissari, perché la loro arbitrarie­tà nel giudicare i bilanci è difficile da giustifica­re di fronte agli elettori dei due Paesi. La Francia ha una posizione meno definita, consapevol­e di aver bisogno di flessibili­tà.

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LaPresse Dal 2017 L’amministra­tore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo

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