Usa, il Vietnam di Trump si chiama riforma fiscale
Aumentare l’occupazione eliminando gli svantaggi competitivi per le imprese americane
d’azzardo maldestri e politicanti mediocri cadono sistematicamente in preda all’istinto perverso di raddoppiare la posta. Da tale istinto nasce la riforma fiscale approntata da Donald Trump per ovviare alle mazzate politiche infertegli dal Senato sull’Obamacare e la sequenza di fiaschi plateali collezionati da gennaio.
Il piano si incardina su quattro principi: 1) semplificare il codice fiscale; 2) aumentare il reddito disponibile dei contribuenti; 3) attivare il “magnete dell’occupazione” eliminando gli svantaggi competitivi per le imprese americane; 4) indurre le grandi corporation a investire sul suolo patrio i trilioni di dollari parcheggiati lontani dalle grinfie dello Zio Sam.
I PRIMI DUE PUNTI si sostanziano nella riduzione da sette a tre degli scaglioni di reddito, cui si applicherebbero aliquote del 12%, 25% e 35% invece delle attuali che variano dal 10% al 39.6%. La proposta però non specifica quali siano i suddetti nuovi scaglioni, affidandone la definizione al mercimonio parlamentare. Addirittura non esclude di inserire un quarto scaglione per provare ad attirare i voti democratici in caso di defezioni repubblicane.
Le deduzioni standard (senza giustificazioni contabilizzate) sul reddito delle persone fisiche raddoppieranno a 24.000 dollari per le coppie e 12.000 dollari per i single. Per contro, salteranno quasi tutte le altre deduzioni ( per esempio 1.250 dollari per gli over 65 o 9.350 per genitori single) che rendono la denuncia dei redditi un letto di Procuste per il contribuente. Rimangono le deduzioni per i mutui e la beneficenza, a patto che il contribuente rinunci a quella standard. L’adeguamento dei redditi all’inflazione verrà basato su un indice che presumibilmente accentua il surrettizio aumento delle imposte in termini reali, indotto dall’inflazione. La tassa di successione viene cancellata. Infine viene eliminata la alternative minumum tax un meccani- smo distorsivo volto ad evitare le elusioni dei contribuenti a reddito elevato e vengono introdotti aggiustamenti minori sulle esenzioni per i figli e altri familiari dipendenti.
I PUNTI 3 E 4 riguardano le imposte societarie. Per le piccole imprese e quelle in- dividuali i cui profitti vengono considerati reddito personale dei titolari ( pass through businesses) si prevede un’aliquota massima del 25%, il minimo da 80 anni a questa parte (ma misure non ancora definite limiteranno questo beneficio per i ricchi).
L’aliquota sul reddito delle altre imprese viene abbassato dal 35% al 20% (livello assurdamente farraginoso, che se non deraglia nelle contese parlamentari dovrebbe dare un impulso positivo all’asfittica economia Usa. Tuttavia per ogni taglio di tasse il convitato di pietra è l’effetto sui conti pubblici. Il mercato dei Treasuries è già in fibrillazione per il rialzo dei tassi della Fed e soprattutto per l’imminente ( sia pur graduale) vendita di trilioni di titoli acquistati nel quadro del Qe. Ulteriori stress sarebbero esiziali. Gli alti papaveri dell’Amministrazione, come il consigliere Gary Cohn, giurano sull’effetto moltiplicativo del deficit pubblico, che però nella storia economica trova pochi riscontri. Invece le stime dei think tank conservatori come il Comitato per un Bilancio Federale Responsabile stimano l’effetto sul deficit in circa 2,2 trilioni su dieci anni, mentre la commissione Bilancio del Senato ha autorizzato riduzioni di tasse per 1,5 trilioni. Presto o tardi, anche se non se ne parla per non offrire munizioni retoriche ai democratici, bisognerà incidere sulla spesa.
IL CETO POLITICO infatti ha già azionato il pallottoliere elettorale per valutare gli effetti sugli strati sociali e sulle aree geografiche: i parlamentari stanno predisponendo i sacchetti di sabbia a protezione dei propri orticelli. Per Trump, il Delta del Mekong di questo Vietnam in Congresso saranno sicuramente le deduzioni. La lobby del mattone e quella delle Ong hanno azionato l’allarme rosso. Ma i conti della riforma dipendono in buona parte dalla deduzione delle imposte statali e locali dall’imponibile tassato a livello federale. Deputati e senatori (di entrambi i partiti) eletti negli stati ad alta imposizione tipo New York e la California avranno il ruolo dei vietcong.
Su questa riforma l’attesa messianica a Wall Street dura da quasi un anno e ha spinto a livelli record le Borse di tutto il mondo. Dovesse finire come gli elicotteri in fuga dal tetto dell’ambasciata di Saigon, lo scossone riverberebbe sinistramente anche per il resto del globo.
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