Il Fatto Quotidiano

“Rincorriam­o gli applausi per non googlarci da soli”

L’INTERVISTA ANDREW SEAN GREER L’autore Usa: “Noi scrittori siamo ipocriti, ci facciamo portare in giro per il mondo pur di essere noti”

- » FRANCESCO MUSOLINO

Sappiamo tutti che in Italia si legge poco, i lettori forti sono mosche bianche e le case editrici pubblicano sempre di più. E allora viene spontaneo domandarsi: da dove vengono tutti i soldi per pagare i biglietti aerei, affittare stanze nei resort e offrire lauti pranzi agli scrittori? Del resto sono finiti i tempi in cui l’autore combatteva con il foglio bianco, oggi bisogna correre da un festival all’altro altrimenti non vendi più e il marketing ti depenna. Alle prese con questi dilemmi autoriali, il lettore fa la conoscenza con Arthur Less, “scrittore omosessual­e prossimo a compiere cinquant’ anni” e con il cuore infranto. È lui il protagonis­ta di Less( da domani in libreria), il nuovo libro dello scrittore americano Andrew Sean Greer, una brillante e liberatori­a satira del mondo editoriale. Anche per digerire un rifiuto, Arthur accetterà una sfilza di inviti a eventi che lo porteranno, spesato di tutto punto, in giro per il mondo ma dovrà fare i conti con agenti letterari, la vanità dei colleghi e improbabil­i giurie dei festival. Si ride (tanto) ma non solo. “Noi scrittori siamo ipocriti e vanitosi. Abbiamo bisogno dell’applauso”.

Nel corso del suo tour mondiale, in Francia Less visiterà “una scuola durante il gior- no e una biblioteca di notte e in mezzo, un monastero”. Le è capitato di peggio?

A tutti gli scrittori capitano cose simili! La verità è che molte volte gli eventi vengono messi insieme senza pensare se all’autore faranno piacere o meno. Molti eventi sono organizzat­i per soddisfare i lettori, gli sponsor e le sovvenzion­i statali. E se ti trovi in un Paese in cui non parli la lingua, passare da un castello a una fab- brica di latticini per poi finire in una stanza in cui non funziona neppure la doccia… beh, o ridi o piangi. Vuole la verità?

Prego.

Ogni tour letterario ha una piccola traccia di umiliazion­e. È il pepe nello stufato.

A Torino, Arthur ha l’autista e un resort a sua disposizio­ne. E si domanda, “ma come possono permetters­i questo spreco?”.

Suppone possa essere denaro riciclato, forse per conto della mafia. Sarebbe suggestivo, la mafia che investe nella cultura. Ma ovviamente è solo fiction, i soldi per i suoi comfort sono nella mia mente. Ma i premi letterari contano davvero?

Tutti gli scrittori sono ipocriti. I premi non hanno a che fare con la scrittura, sono dei meccanismi destinati ad autopromuo­versi, attirando autori prestigios­i per avere pubblicità. Noi autori non dobbiamo mai pensare di essere in concorrenz­a l’un con l’altro, eppure… finisci per bramare i premi! Forse tutto dipende dal silenzio. Scriviamo in silenzio e in silenzio i nostri lettori ci leggono, ecco, abbiamo bisogno di applausi altrimenti finiamo per googlare noi stessi, un peccato terribile. I premi hanno a che fare solo con la vanità. E noi scrittori siamo tutti colpevoli, ammettiamo­lo. E pur di essere in Italia, Less accetterà di vedersela con una giuria di adolescent­i per un premio letterario... Per molti autori stranieri un viaggio in Italia è un miraggio. Ma non bisogna abituarsi al lusso, un giorno bevi vino a Taormina, quello dopo stai mangiando zuppa fredda a casa. Oggi noi scrittori lottiamo per farci pagare dagli editori e siamo i vagabondi della pagina scritta! Arthur Less sta per compiere 50 anni, “è il primo omosessual­e che sia mai invecc hi a to”. Perché ha scelto lui? Sono gay, ma ho solo 46 anni, quindi non ho il sacro terrore dei 50. Dopo i tanti morti di Aids negli anni 80-90, la generazion­e di Arthur Less è la prima che entrerà massicciam­ente nella terza età da omosessual­e. E sono curioso di vedere con quale spirito accadrà. Lei scrive: “Perché i giovani gay di oggi insistono a sposarsi? Per questo motivo abbiamo manifestat­o e tirato pietre alla polizia?” Quando i movimenti sociali si adeguano allo status quo, hanno davvero vinto qualcosa? Era questo il motivo delle lotte che hanno compiuto i movimenti gay negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta? Le

drag queen volevano solo una casa con un cortile? Gli hippies affermavan­o di voler cambiare il mondo, ma in realtà erano a caccia di comfort? Forse no.

Molti eventi sono per i lettori, gli sponsor e le sovvenzion­i statali Passiamo dai castelli alle fabbriche di latticini. È umiliante

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