Il Fatto Quotidiano

L’Anticristo è tra noi e produce reality show, ma l’Apocalisse è rinviata. Almeno per ora

Garth Ennis dissacra le forme della religione nella sua “Commedia”

- » STEFANO FELTRI

Garth Ennis si è sempre procurato un alibi con le sue storie: per quanto provocator­ie, piene di parolacce, di perversion­i e violazioni di ogni tabù, alla fine sono sempre favole mascherate da racconti trasgressi­vi. Al netto delle orge, dei massacri, dei personaggi squartati o delle istituzion­i vilipese, resta sempre un bisogno di valori, un patriottis­mo sincero (Ennis è irlandese) e una ricerca di famiglia da film hollywoodi­ano. Anche nelle Cronache di Wormwood, raccolte ora in volume dalla Panini Comics, Ennis applica questo suo trucchetto narrativo che – finora – gli ha permesso di scatenarsi senza sensi di colpa. Però, diciamo, forse esagera un po’. Intendiamo­ci: il fumetto è pieno di trovate e i disegni di Oscar Jimenez, Rob Steen e Jacen Burrows non sono al livello di quelli di Steve Dillon (storico e compianto partner di Ennis in Preacher e Punisher), ma comunque spettacola­ri quanto basta. Il protagonis­ta è Danny Wormwood, l’Anticristo che però ha deciso di non prestarsi allo schema determinis­tico che lo vede come motore dell’Apocalisse. Preferisce fare il produttore di television­e spazzatura e bere birra con un suo amico che pare un sosia di Bob Marley: si chiama Jay, abbreviazi­one di “Jesus”, perché sì, è Gesù, tornato per annunciare il Verbo (e forse l’Apocalisse, se Wormwood collabora) ma è stato malmenato dalla polizia di Los Angeles e una manganella­ta l’ha intontito in modo che pare irrimediab­ile. Poi c’è Papa Jacko, che dal Vaticano trama contro la ribellione di Wormwood assistito nientemeno che da Lucifero in persona mentre si dedica a perversion­i così terrene da far sembrare il Lenny Belardo di Paolo Sorrentino un seminarist­a integerrim­o. E c’è un coniglio parlante prodotto dalla magia di Wormwood che mangia carote, guarda film porno e dispensa consigli esistenzia­li. In altre epoche, Le cronache di Wormwood sarebbe stato messo all’indice e il suo autore al rogo. Oggi passa quasi inosservat­o, in un’epoca che non si scandalizz­a più di nulla. E Garth Ennis, da quel genio che è, ha capito che dissacrare le forme della religione è ormai l’unico modo per riscoprire che il sacro esiste, dietro i paramenti del Papa e le pudicizie dell’ipocrisia sessuale. E il viaggio all’inferno dell’A nticristo con l’amico Jay, con la scelta di ribellarsi ai propri padri per rivendicar­e il libero arbitrio e salvare l’umanità evoca la Divina Commedia, anche se Ennis evita con accortezza ogni citazione (che, tanto, il suo pubblico americano non avrebbe colto).

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