L’Anticristo è tra noi e produce reality show, ma l’Apocalisse è rinviata. Almeno per ora
Garth Ennis dissacra le forme della religione nella sua “Commedia”
Garth Ennis si è sempre procurato un alibi con le sue storie: per quanto provocatorie, piene di parolacce, di perversioni e violazioni di ogni tabù, alla fine sono sempre favole mascherate da racconti trasgressivi. Al netto delle orge, dei massacri, dei personaggi squartati o delle istituzioni vilipese, resta sempre un bisogno di valori, un patriottismo sincero (Ennis è irlandese) e una ricerca di famiglia da film hollywoodiano. Anche nelle Cronache di Wormwood, raccolte ora in volume dalla Panini Comics, Ennis applica questo suo trucchetto narrativo che – finora – gli ha permesso di scatenarsi senza sensi di colpa. Però, diciamo, forse esagera un po’. Intendiamoci: il fumetto è pieno di trovate e i disegni di Oscar Jimenez, Rob Steen e Jacen Burrows non sono al livello di quelli di Steve Dillon (storico e compianto partner di Ennis in Preacher e Punisher), ma comunque spettacolari quanto basta. Il protagonista è Danny Wormwood, l’Anticristo che però ha deciso di non prestarsi allo schema deterministico che lo vede come motore dell’Apocalisse. Preferisce fare il produttore di televisione spazzatura e bere birra con un suo amico che pare un sosia di Bob Marley: si chiama Jay, abbreviazione di “Jesus”, perché sì, è Gesù, tornato per annunciare il Verbo (e forse l’Apocalisse, se Wormwood collabora) ma è stato malmenato dalla polizia di Los Angeles e una manganellata l’ha intontito in modo che pare irrimediabile. Poi c’è Papa Jacko, che dal Vaticano trama contro la ribellione di Wormwood assistito nientemeno che da Lucifero in persona mentre si dedica a perversioni così terrene da far sembrare il Lenny Belardo di Paolo Sorrentino un seminarista integerrimo. E c’è un coniglio parlante prodotto dalla magia di Wormwood che mangia carote, guarda film porno e dispensa consigli esistenziali. In altre epoche, Le cronache di Wormwood sarebbe stato messo all’indice e il suo autore al rogo. Oggi passa quasi inosservato, in un’epoca che non si scandalizza più di nulla. E Garth Ennis, da quel genio che è, ha capito che dissacrare le forme della religione è ormai l’unico modo per riscoprire che il sacro esiste, dietro i paramenti del Papa e le pudicizie dell’ipocrisia sessuale. E il viaggio all’inferno dell’A nticristo con l’amico Jay, con la scelta di ribellarsi ai propri padri per rivendicare il libero arbitrio e salvare l’umanità evoca la Divina Commedia, anche se Ennis evita con accortezza ogni citazione (che, tanto, il suo pubblico americano non avrebbe colto).