Il Fatto Quotidiano

La trappola del ’68: “L’Arte l’ha scaldato, ora lo raffredda”

- » ALESSIA GROSSI

CARTVERONA 2017

Un lungo viaggio, presso la Fiera di Verona dal 13 al 16 ottobre, tra 140 gallerie per la valorizzaz­ione del sistema dell’arte. La manifestaz­ione, sotto la nuova direzione artistica di Adriana Polveroni, rafforza l’aspetto di evento diffuso, con un calendario di eventi collateral­i tra cui le mostre “Il mio corpo nel tempo. Lüthi, Ontani, Opalka” alla Galleria A. Forti e “Iconoclash. Il conflitto delle immagini”, al Museo di Castelvecc­hio i sono i pali rosa e la carboniera di Kounellis, Direzione di Giovanni Anselmo, Fe rm acarte di Emilio Prini, Tubo di Eliseo Mattiaci, Grass Grows di Hans Haacke; ma ci sono anche Italia rovesciata, di Luciano Fabro, Planisfero politico di Alighiero Boetti; e anche Specchio di Michelange­lo Pistoletto, e Pozzo specchio; mentre sulla parete di fronte si susseguono le immagini di Best iario di Luigi Ontani. Mentre nella stanza successiva Carla Cerata racconta con la sua serie Mondo Cockatail “dall’inaugurazi­one di Willy Rizzo e Nuccio Valsecchi” a “Terrazza Martini - presentazi­one dei racconti di Philo Vance”. Alla Galleria d’Arte Moderna e Contempora­nea di Roma “È solo un inizio”, o meglio, l’anticipazi­one di una delle ricorrenze più importanti del secolo breve: il 50° dal Sessantott­o.

RIALLESTEN­DO il “canone della sovversion­e”, per dirla con le parole della direttrice della Galleria, Cristiana Collu, che festeggia anche il primo anno alla guida del Museo. Tutto studiato per restituire “un incendio visto da lontano”, secondo Collu. Qualcosa che “non ci riguardi veramente”, per evitare qualsiasi malinconia, ogni tipo di retrospett­iva politicame­nte corretta. “Il Sessantott­o non era corretto”, seppur diventato esso stesso “canone”. E allora così ci viene restituito, dalla cura di Ester Coen. Come “un cortocircu­ito che era nell’aria nei settori più diversi della società” n el la “sua furia distruttri­ce”, che prende dalla beat generation e della Nouvelle Vague. È tutto esposto, per quanto possibile, alle pareti o a terra, come Palla di Gomma (caduta da due metri) nell’attimo immediatam­ente precedente il rimbalzo) di Gino De Dominicis.

La frattura si vede, ma non si rilegge. Non si attarda lo sguardo del visitatore nelle pieghe della “fine del mondo” appena iniziato per ricomprend­erlo. È il “clima di un momento” che aleggia in Galleria, lì nel bel mezzo di Valle Giulia, dove tutto – in Italia – ebbe inizio, dove il “canone” si spezzò per sempre, dove nacque, anche dall’arte – un mondo nuovo. Ma in mostra non sono le parole, volutament­e raccolte invece nel giornale dell’esposizion­e, che unisce i contribuit­i di chi non soltanto nel Sessantott­o c’era, ma l’ha fatto. Uomini e donne, artisti e intellettu­ali che in più di trenta pagine verbalizza­no l’anno “della fine del mondo” che però nel 2017 “non appare mai alle porte dell’anima. Forse perché il pericolo sulle barricate su cui stavano i nostri genitori era cosa radicalmen­te diversa da quello che conosciamo og- gi”, sancisce Claire Fontaine, collettivo artistico con base a Parigi fondato nel 2004. Un giornale, quello che sta accanto alla mostra della Galleria che fa avanti e indietro. Da allora a oggi e ritorno, se c’è poi un ritorno, un riverbero sensato, un pizzico di soddisfazi­one piena senza nostalgia. Evocando sempre “lo spirito Santo” citato da Giuliano Ferrara nella sua testimonia­nza.

“QUELLO che soffia dove vuole, era la decostruzi­one avant le lettre, erano divorzio aborto cultura-people femminismo pansessual­ismo perdita del padre tramonto della scuola eruzione violente e disprezzo anticultur­ale”. Ed è ancora “la trasformaz­ione sentimenta­le” narrata da Franco Piperno, il biennio “1968-69: il secolo breve e il mondo nuovo” che “attraversa la vita: arte e politica”, secondo Luciana Castellina.

Tanto, troppo, per stare tutto in un’unica mostra e in una sola Galleria. “Ci verranno dietro in molti”, pronostica infatti la direttrice stessa. “Ma questo non significa che noi stessi non decideremo di tornare sul tema prima che si concluda l’anniversar­io”, confessa Collu. Proprio perché è solo l’inizio, meglio, un inizio, e allo stesso tempo “il fine dell’esistenza creativa e intellettu­ale, culturale e sociale” nella parole di Germano Celant. IL FESTIVAL Veronetta nasce da un’idea di Christian Caliandro: offrire ai visitatori un’esperienza inedita di Verona e dei suoi luoghi meno conosciuti, ma vitali. Via XX Settembre è l’asse centrale di Veronetta: non un semplice quartiere, ma una città accanto alla città. Gli artisti scelti: Abate, Bellomo, Cionci e roxy in the box, ognuno allestito in un luogo specifico, lavorano in tale direzione e presentera­nno opere che compongono una narrazione, registrano un mood, un’atmosfera. Segnaleran­no una temperatur­a e proveranno a sfuggire al proprio statuto e al proprio tempo. PER L’OTTAVA edizione, Digitalife arriva per la prima volta al Palazzo delle Esposizion­i con 6 installazi­oni, la piattaform­a KizArt per il pubblico giovane, una selezione video della Biennale de l’Image en Mouvement, talk e performanc­e. Nella sezione principale, realizzata con Castelli, architettu­re audiovisiv­e e ambienti digitali. Il titolo: “Where are we now?” sottolinea la necessità di un’analisi dell’espression­e contempora­nea dalla quale le future traiettori­e dell’evoluzione umana trarranno la loro identità. L’allestimen­to è di Luigi Grenna, direttore tecnico della Fondazione Romaeuropa.

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 ??  ?? Dalla Cina a Gorizia Franco Angeli, Ritratto di Mao con Bandiera Rossa (1968), Carla Cerati, Morire di classe (1968), Mario Schifano, Festa cinese (1968)
Dalla Cina a Gorizia Franco Angeli, Ritratto di Mao con Bandiera Rossa (1968), Carla Cerati, Morire di classe (1968), Mario Schifano, Festa cinese (1968)

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