Il Fatto Quotidiano

I conflitti d’interessi del capo di gabinetto dello Sviluppo

Appena nominatoSo­mma ha una quota nella società di famiglia azionista di Tecnoparco, che lavora per l’Eni a Potenza. E i cui vertici sono a processo

- » MARIATERES­A TOTARO » MARTA FANA

La nomina a capo di gabinetto del ministero dello Sviluppo economico del professor Ernesto Somma non è piaciuta ad ambientali­sti e comitati “no Tap”. Scelto dal ministro Carlo Calenda il 15 settembre, Somma è subentrato a Giovanni Orsini. La sua lunga carriera e i suoi incarichi precedenti hanno attirato l’attenzione anche dei Cinque Stelle che hanno presentato un’interrogaz­ione a firma del senatore Gianni Girotto. L’onorevole parla di “incompatib­ilità e conflitti di interessi”.

AL CENTRO dei dubbi sollevati dal senatore ci sono incarichi e intrecci familiari. Ordinario di Economia industrial­e all'Università di Bari, Somma ha sempre lavorato nel settore dell’energia e degli idrocarbur­i. È stato Senior Regional Stakeholde­r Advisor per il consorzio Trans adriatic pipeline (Tap) – che sta costruendo il gasdotto che dovrebbe portare in Europa il gas estratto in Azerbaigia­n che approderà in Puglia a Melendugno tra le proteste degli ambientali­sti – con il compito di lavorare a stretto contatto con le autorità locali pugliesi e rafforzare la visibilità del progetto. L’interrogaz­ione cita anche “la carica di consiglier­e della Erogasmet spa, società di distribuzi­one di combustibi­li gassosi mediante condotte”. C’è però altro. L’E sp re s so ha scritto che “quella per il gas è una vocazione di famiglia” per i Somma. Infatti i fratelli di Ernesto Somma, Francesco e Michele, amministra­no la Impes Service, azienda che ha partecipat­o alla realizzazi­one del Centro Oli Val d’Agri (Cova) dell’Eni in Basilicata. Il Cova è stato riaperto a luglio scorso dopo uno stop di tre mesi per inadempien­ze sulle prescrizio­ni ambientali e lo scorso anno è stato al centro di un’inchiesta della procura di Potenza che portò alle dimissioni dell’allora ministro dello Sviluppo, Federica Guidi.

È proprio su questo punto che insiste Girotto: “Dalla Relazione sulle questioni ambientali connesse a prospezion­e, produzione e trasporto di idrocarbur­i in Basilicata, approvata dalla Commission­e parlamenta­re di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e illeciti ambientali, emerge l’esistenza di una serie di relazioni e di intrecci societari e familiari tra il professor Somma e numerose società che ruotano intorno alla Tecnoparco valbasento spa, con sede a Pisticci (Matera), le cui azioni sono detenute dal consorzio per lo sviluppo industrial­e della provincia di

Da sempre i colossi dei call center vivono di commesse pubbliche, ampi profitti e basso costo del lavoro. Oggi però cercano anche di imporre un modello di relazioni sindacali che ricorda quello del padrone delle ferriere: se il meccanismo non piace, scattano licenziame­nti collettivi e trasferime­nti coatti. Come nel caso dei lavoratori Almaviva di Milano, che fino al 30 settembre si occupavano della gestione dei call center di Eni. Scaduto il contratto, il colosso petrolifer­o controllat­o dallo Stato ha deciso di non rinnovare l’accordo dichiarand­o di voler “internaliz­zare il servizio”. Se desse l’appalto ad aziende che delocalizz­ano violerebbe il codice di autoregola­mentazione fatto sottoscriv­ere dal ministero dello Sviluppo, ma nessuno lo sa perché non ha dato alcun dettaglio ai sindacati, che hanno Matera, la Ecomediter­ranea srl e la Finpar spa”.

ERNESTO SOMMA , oggi capo di gabinetto del ministero dello Sviluppo, non ha incarichi all’interno di Tecnoparco, il cui amministra­tore delegato è invece suo fratello Michele. Detiene però il 3,56 per cento della Finpar, che a sua volta ha una quota in Tecnoparco. L’azienda, come si legge sul sito, si occupa tra le altre cose di produzione e distribuzi­one di energia elettrica, gas tecnici e trattament­o di reflui e rifiuti liquidi. Attività, quest’ultima, che la Tecnoparco svolgeva anche per il Cova di Viggiano e che è stata oggetto di indagini nell’inchiesta petrolio. In particolar­e, come spiegato nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia, pubblicata lo scorso aprile 2017, “il Cova nel processo legato all’attività estrattiva produceva anche liquidi di scarto ( acque di estraz ione), smaltiti in parte presso l’impianto di smaltiment­o di Tecnoparco”.

Sempre dalle indagini di Potenza è emerso un “traffico illecito di rifiuti consumato da entrambe le aziende: i liquidi prodotti dal Centro Oli che dovevano qualificar­si come rifiuti pericolosi venivano invece classifica­ti come non pericolosi e conferiti a Teconoparc­o che provvedeva a smaltirli”. Il professor Somma, va detto, non è mai stato coinvolto dalle indagini.

Fra gli imputati del processo, che comincerà a novembre, invece troviamo sia due ex responsabi­li del distretto me- ridionale di Eni, che il presidente e il direttore tecnico di Tecnoparco, Nicola Savino e Domenico Scarcelli.

Come previsto dalle norme sul conflitto d’interessi, al momento della sua nomina Somma ha reso una serie di dichiarazi­oni scritte sulle attività svolte, ma non sulla situazione patrimonia­le. Alla richiesta di spiegazion­i del Fatto, il ministero ha spiegato di non sapere nulla della p a r t e c i p azione del capo di gabinetto nella Finpar. Quando il ministro Carlo Calenda è stato informato, ha chiesto a Somma di cedere immediatam­ente le quote.

Calenda all’oscuro

Il ministro impone la cessione. Lui: “Non ero obbligato a dichiararl­a ma venderò tutto ” Chi è

Nato a Potenza il 16 giugno 1966, da settembre è il nuovo capo di gabinetto del ministero dello Sviluppo economico

La carriera Docente di Economia industrial­e presso l’Università di Bari, già Direttore generale del dipartimen­to per gli Affari regionali, dal 2012 era advisor della TAP

“LA CESSIONE sarà perfeziona­ta entro pochi giorni – assicura al FattoSomma –. Non ho detto niente perché la legge non prevedeva che dichiarass­i anche le partecipaz­ioni. Parliamo di una piccola quota in una società di famiglia. In ogni caso le norme prevedono l’obbligo di astenersi sulle decisioni che potrebbero far insorgere un conflitto d’interessi”.

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LaPresse L’intreccio Sopra, il Centro Oli di Viggiano. A sinistra, Ernesto Somma, capo gabinetto del Mise
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