Rajoy dà 7 giorni ai catalani Poi “sfratto” costituzionale
Il governo intima a Puigdemont di chiarire se ha dichiarato l’indipendenza o meno. Entro giovedì prossimo serve un “ravvedimento” o scatterà il “commissariamento”
Il giorno dopo la dichiarazione d’indipendenza sospesa da Puigdemont per propiziare l’apertura di un dialogo con il governo spagnolo, la parola passa a Madrid. Alle Cortes è convocata la sessione di controllo e Rajoy ha chiesto di essere audito nel pomeriggio. Già alle 12 però Rajoy illustra le decisioni del suo governo, riunitosi in forma straordinaria. “Abbiamo accordato di richiedere al governo catalano se è stata dichiarata o meno l’indipendenza”, perché il governo vuole offrire certezza agli spagnoli e ai catalani, spiega, evitando la confusione della G e ne r al itat.
GIOCA SULL’AMBIGUITÀ di un’indipendenza non proclamata e una dichiarazione successivamente firmata, fuori dall’aula, dai partiti indipendentisti di Junts pel Sí e dalla Candidatura d’Unitat Popular. Perciò chiarisce che l’evoluzione degli eventi futuri dipenderà dalla risposta: “È Puigdemont che deve decidere di tornare alla legalità quanto prima”. Non sfugge, però, come questo sia il primo passo verso l’applicazione dell’art. 155 della Costituzione che annullerebbe l’Autonomia catalana. Come svela lo stesso Rajoy nella replica al dibattito parlamentare del pomeriggio. “È sufficiente che Puigdemont chiarisca che non ha dichiarato l’indipendenza, o se invece è stata dichiarata e gli effetti non si applicano”, precisa infatti, spiegando la procedura prevista nel regolamento del Senato, la Camera deputata a dare il via libera al 155. La Generalitat dovrà rispondere a questo quesito entro lunedì prossimo alle ore 10; nel caso l’indipendenza fosse stata dichiarata, verrà chiesto al governo catalano di annullare l’atto e i tempi di risposta a questa petizione scadranno alle ore 10 del giovedì della prossima settimana.
Se il 19 ottobre non ci sarà rettifica da parte della Gene- ralitatse ne produrrà il commissariamento. Più che di chiarimento la richiesta a Puigdemont è di tornare indietro su tutto: “Attenzione con le umiliazioni”, allerta il deputato del Partito nazionalista basco Esteban “bisogna trovare soluzioni che siano rispettose di tutte le parti”. E chiede a Rajoy di non applicare l’art. 155, anche i deputati di Podemos e delle confluenze territoriali raccomandano di non arrivare a questo estremo. I socialisti hanno già conferma- to il loro accordo con qualunque atto serva a ristabilire lo stato di diritto; in cambio, Sánchez avrebbe ottenuto da Rajoy un impegno all’avvio di una riforma costituzionale.
“LO STATO HA AGITO come avrebbe fatto qualunque paese del mondo minacciato nel suo stato di diritto”, dice Rajoy in riferimento alle violenze del 1° ottobre sulla popolazione inerme e ringrazia giudici e Guardia Civil e Policia Nacional per aver agito con abnegazione e professionalità. Si dice partitario del dialogo come soluzione dei conflitti, il capo del governo spagnolo, un dialogo però circoscritto all’ambito costituzionale, al sistema di finanziamento e all’autogoverno.
“Stiamo parlando di un problema politico che abbiamo da molto tempo che è la plurinazionalità dello Stato spagnolo. Smetta di rompere la Spagna”, gli risponde Iglesias, leader di Podemos. “Questo non finisce con nuove elezioni o detenzioni, perché non è una questione di maggioranze politiche, ma di sentimento collettivo”, ammonisce Domènech, di Catalunya en Comú. “La democrazia è imbattibile. Contro la sua reazione – vaticina Tardà di Esquerra Republicana de Catalunya all’indirizzo di Rajoy – alla bandiera del diritto a decidere si sommerà quella dell’amnistia. E questo finirà col suo governo”.
Spauracchio art. 155 Da elezioni anticipiate al commissariamento, le ipotesi madrilene di “rappresaglia”