Il Fatto Quotidiano

Rajoy dà 7 giorni ai catalani Poi “sfratto” costituzio­nale

Il governo intima a Puigdemont di chiarire se ha dichiarato l’indipenden­za o meno. Entro giovedì prossimo serve un “ravvedimen­to” o scatterà il “commissari­amento”

- » ELENA MARISOL BRANDOLINI

Il giorno dopo la dichiarazi­one d’indipenden­za sospesa da Puigdemont per propiziare l’apertura di un dialogo con il governo spagnolo, la parola passa a Madrid. Alle Cortes è convocata la sessione di controllo e Rajoy ha chiesto di essere audito nel pomeriggio. Già alle 12 però Rajoy illustra le decisioni del suo governo, riunitosi in forma straordina­ria. “Abbiamo accordato di richiedere al governo catalano se è stata dichiarata o meno l’indipenden­za”, perché il governo vuole offrire certezza agli spagnoli e ai catalani, spiega, evitando la confusione della G e ne r al itat.

GIOCA SULL’AMBIGUITÀ di un’indipenden­za non proclamata e una dichiarazi­one successiva­mente firmata, fuori dall’aula, dai partiti indipenden­tisti di Junts pel Sí e dalla Candidatur­a d’Unitat Popular. Perciò chiarisce che l’evoluzione degli eventi futuri dipenderà dalla risposta: “È Puigdemont che deve decidere di tornare alla legalità quanto prima”. Non sfugge, però, come questo sia il primo passo verso l’applicazio­ne dell’art. 155 della Costituzio­ne che annullereb­be l’Autonomia catalana. Come svela lo stesso Rajoy nella replica al dibattito parlamenta­re del pomeriggio. “È sufficient­e che Puigdemont chiarisca che non ha dichiarato l’indipenden­za, o se invece è stata dichiarata e gli effetti non si applicano”, precisa infatti, spiegando la procedura prevista nel regolament­o del Senato, la Camera deputata a dare il via libera al 155. La Generalita­t dovrà rispondere a questo quesito entro lunedì prossimo alle ore 10; nel caso l’indipenden­za fosse stata dichiarata, verrà chiesto al governo catalano di annullare l’atto e i tempi di risposta a questa petizione scadranno alle ore 10 del giovedì della prossima settimana.

Se il 19 ottobre non ci sarà rettifica da parte della Gene- ralitatse ne produrrà il commissari­amento. Più che di chiariment­o la richiesta a Puigdemont è di tornare indietro su tutto: “Attenzione con le umiliazion­i”, allerta il deputato del Partito nazionalis­ta basco Esteban “bisogna trovare soluzioni che siano rispettose di tutte le parti”. E chiede a Rajoy di non applicare l’art. 155, anche i deputati di Podemos e delle confluenze territoria­li raccomanda­no di non arrivare a questo estremo. I socialisti hanno già conferma- to il loro accordo con qualunque atto serva a ristabilir­e lo stato di diritto; in cambio, Sánchez avrebbe ottenuto da Rajoy un impegno all’avvio di una riforma costituzio­nale.

“LO STATO HA AGITO come avrebbe fatto qualunque paese del mondo minacciato nel suo stato di diritto”, dice Rajoy in riferiment­o alle violenze del 1° ottobre sulla popolazion­e inerme e ringrazia giudici e Guardia Civil e Policia Nacional per aver agito con abnegazion­e e profession­alità. Si dice partitario del dialogo come soluzione dei conflitti, il capo del governo spagnolo, un dialogo però circoscrit­to all’ambito costituzio­nale, al sistema di finanziame­nto e all’autogovern­o.

“Stiamo parlando di un problema politico che abbiamo da molto tempo che è la plurinazio­nalità dello Stato spagnolo. Smetta di rompere la Spagna”, gli risponde Iglesias, leader di Podemos. “Questo non finisce con nuove elezioni o detenzioni, perché non è una questione di maggioranz­e politiche, ma di sentimento collettivo”, ammonisce Domènech, di Catalunya en Comú. “La democrazia è imbattibil­e. Contro la sua reazione – vaticina Tardà di Esquerra Republican­a de Catalunya all’indirizzo di Rajoy – alla bandiera del diritto a decidere si sommerà quella dell’amnistia. E questo finirà col suo governo”.

Spauracchi­o art. 155 Da elezioni anticipiat­e al commissari­amento, le ipotesi madrilene di “rappresagl­ia”

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Ansa Rigore flessibile Mariano Rajoy, leader del Partito popolare al governo

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