Il Fatto Quotidiano

Serve una legge per tutelare chi denuncia: forse ci siamo

- » NICOLETTA PARISI*

Nel

2014 il Consiglio d’Europa ha adottato 29 principi per una legislazio­ne nazionale a protezione del whistleblo­wer. Il principio n. 12 dichiara che la disciplina nazionale deve favorire un ambiente che incoraggi la segnalazio­ne in modo aperto. Il w his tle blo wer ( let ter almente “soffiatore di fischietto”, ossia un individuo che denuncia pubblicame­nte attività illecite di un governo o di un’azienda) deve sentirsi sicuro quando solleva questioni d’interesse pubblico. In Italia la legge, già deliberata dalla Camera, è ora in discussion­e al Senato.

Di una legge c’è bisogno e quella che va emergendo è una buona legge. È vero, si poteva fare meglio, per esempio istituire un “Fondo di solidariet­à” per i segnalanti vittime di ritorsioni, garantendo sostegno economico a fronte di conseguenz­e negative derivanti dalla segnalazio­ne: che ve ne siano lo conferma la prassi. Il disegno di legge contiene invece solo un ordine del giorno che vincola il Governo a valutare l’opportunit­à di procedervi.

Il giudizio è complessiv­amente positivo. Con essa si estende al settore privato l’obbligo di protezione dettato dalla legge Severino per il settore pubblico. Si sostituisc­e al presuppost­o ( soggettivo) della buona fede del segnalante quello (oggettivo) dell’interesse pubblico sotteso alla segnalazio­ne (la tutela dell’integrità della P.A. o dell’ente privato). Si obbliga l’ente a garantire la riservatez­za dell’i de n ti t à della persona che “mette la faccia” nel segnalare non usando della scorciatoi­a dell’anonimato. Lo si obbliga ad astenersi da forme di discrimina­zione, dettando la nullità dell’atto che consegua questo effetto e introducen­do il principio d e ll ’ inversione dell’onere della prova. Fa cadere la disposizio­ne che per l’infondatez­za della segnalazio­ne prevedeva il procedimen­to disciplina­re.

LE VICENDE di tanti whistleblo­wers mostrano che essi sono considerat­i diffusamen­te traditori, delatori, spie. Questa legge ci dice invece che il segnalante incarna un modo diverso di essere dipendente pubblico e cittadino: quello che si comporta secondo la cultura della responsabi­lità individual­e di fronte a un comportame­nto antigiurid­ico.

Può una legge indurre un cambiament­o di valori nella nostra comunità nazionale? Può molto: già lo scrisse Norberto Bobbio nel 1977. Questa legge è un evento simbolico; crea un meccanismo di solidariet­à; contribuis­ce a rovesciare la cultura dell’omertà; tutela i diritti fondamenta­li della persona, la sua dignità di persona e di lavoratore e la sua libertà di espression­e.

Anac si è dovuta confrontar­e con una difficile prassi in materia. Ha dovuto amministra­re un alto numero di segnalazio­ni; distinguer­e il whistleblo­werda chi non lo è; garantire la riservatez­za del segnalante pur dovendo “en t r a re ” nell’ente pubblico per verificare la fondatezza della segnalazio­ne. L’efficacia del suo operato si misura su alcuni interventi mirati a indirizzar­e l’ente pubblico verso l’adozione di misure di prevenzion­e del rischio di corruzione: in questo senso Anac lavora per il futuro: previene fatti di corruzione, non li reprime. In questo sta il limite, ma anche la grande importanza, del suo operato.

L’auspicio è che il Parlamenti valuti con responsabi­lità la legge in sé e i suoi contenuti. La legge – lo ha detto il presidente di Anac nel presentare il libro di Andrea Franzoso - è uno “strumento formidabil­e per cambiare la cultura” di una nazione. Consiglier­e di Anac, esperta di whistleblo­wing

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In aula, seppur a fatica, è in discussion­e il ddl Businarolo, approvato già alla Camera
Ansa Senato In aula, seppur a fatica, è in discussion­e il ddl Businarolo, approvato già alla Camera

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