Serve una legge per tutelare chi denuncia: forse ci siamo
Nel
2014 il Consiglio d’Europa ha adottato 29 principi per una legislazione nazionale a protezione del whistleblower. Il principio n. 12 dichiara che la disciplina nazionale deve favorire un ambiente che incoraggi la segnalazione in modo aperto. Il w his tle blo wer ( let ter almente “soffiatore di fischietto”, ossia un individuo che denuncia pubblicamente attività illecite di un governo o di un’azienda) deve sentirsi sicuro quando solleva questioni d’interesse pubblico. In Italia la legge, già deliberata dalla Camera, è ora in discussione al Senato.
Di una legge c’è bisogno e quella che va emergendo è una buona legge. È vero, si poteva fare meglio, per esempio istituire un “Fondo di solidarietà” per i segnalanti vittime di ritorsioni, garantendo sostegno economico a fronte di conseguenze negative derivanti dalla segnalazione: che ve ne siano lo conferma la prassi. Il disegno di legge contiene invece solo un ordine del giorno che vincola il Governo a valutare l’opportunità di procedervi.
Il giudizio è complessivamente positivo. Con essa si estende al settore privato l’obbligo di protezione dettato dalla legge Severino per il settore pubblico. Si sostituisce al presupposto ( soggettivo) della buona fede del segnalante quello (oggettivo) dell’interesse pubblico sotteso alla segnalazione (la tutela dell’integrità della P.A. o dell’ente privato). Si obbliga l’ente a garantire la riservatezza dell’i de n ti t à della persona che “mette la faccia” nel segnalare non usando della scorciatoia dell’anonimato. Lo si obbliga ad astenersi da forme di discriminazione, dettando la nullità dell’atto che consegua questo effetto e introducendo il principio d e ll ’ inversione dell’onere della prova. Fa cadere la disposizione che per l’infondatezza della segnalazione prevedeva il procedimento disciplinare.
LE VICENDE di tanti whistleblowers mostrano che essi sono considerati diffusamente traditori, delatori, spie. Questa legge ci dice invece che il segnalante incarna un modo diverso di essere dipendente pubblico e cittadino: quello che si comporta secondo la cultura della responsabilità individuale di fronte a un comportamento antigiuridico.
Può una legge indurre un cambiamento di valori nella nostra comunità nazionale? Può molto: già lo scrisse Norberto Bobbio nel 1977. Questa legge è un evento simbolico; crea un meccanismo di solidarietà; contribuisce a rovesciare la cultura dell’omertà; tutela i diritti fondamentali della persona, la sua dignità di persona e di lavoratore e la sua libertà di espressione.
Anac si è dovuta confrontare con una difficile prassi in materia. Ha dovuto amministrare un alto numero di segnalazioni; distinguere il whistleblowerda chi non lo è; garantire la riservatezza del segnalante pur dovendo “en t r a re ” nell’ente pubblico per verificare la fondatezza della segnalazione. L’efficacia del suo operato si misura su alcuni interventi mirati a indirizzare l’ente pubblico verso l’adozione di misure di prevenzione del rischio di corruzione: in questo senso Anac lavora per il futuro: previene fatti di corruzione, non li reprime. In questo sta il limite, ma anche la grande importanza, del suo operato.
L’auspicio è che il Parlamenti valuti con responsabilità la legge in sé e i suoi contenuti. La legge – lo ha detto il presidente di Anac nel presentare il libro di Andrea Franzoso - è uno “strumento formidabile per cambiare la cultura” di una nazione. Consigliere di Anac, esperta di whistleblowing