Hanno inventato tutto i Greci, anche il doping
Icasi di doping nello sport si susseguono senza sosta, l’ultima è l’inchiesta che ha chiamato in causa il campione di nuoto Filippo Magnini. Si sbaglia, però, a credere che si tratti di un fenomeno della postmodernità, perché è noto l’uso di sostanze dopanti sin dall’antica Grecia, sin dalle origini dei giochi Olimpici. Certo, vi erano sostanze ammesse, e alcuni consigli su diete “dedicate” le forniva un autentico campione come Milone di Crotone, vincitore di ben 6 olimpiadi consecutive disputate fra il 540 e il 512 a.C. Secondo Milone, era utile che il saltatore si cibasse di carne di capra, quella di antilope invece era particolarmente indicata per il corridore, mentre la carne di toro adatta al lottatore, e molti al fine di acquisire le qualità sovrumane dell’animale si nutrivano dei suoi testicoli, che potremmo considerare come gli antenati degli ormoni testosteroidei. Il tutto però sempre accompagnato da pane e vino. Poi, però vi era pure il ricorso a sostanze considerate illecite perché incrementavano in maniera innaturale le prestazioni fisiche degli atleti, nonostante il giuramento olimpico, fin dal 776 a.C., vietasse esplicitamente l’uso di tali sostanze. Assai diffuso era l’uso di erbe, funghi, pozioni per accrescere la resistenza allo sforzo fisico, semi di varie piante, tra cui quelli di sesa- mo che però potevano costare all’atleta persino la squalifica dai giochi. Plinio il Vecchio ha ammesso la pratica di “dopare” i cavalli da corsa e la consuetudine dei gladiatori di bere per tre giorni un bollito di asperella. Poi arrivò Teodosio I e abolendo, in omaggio al cristianesimo, i giochi Olimpici nel 393 d.C. perché pagani, mandò il doping all’inferno!