Il Pd ricatta Visco in commissione e il Quirinale processa la Boschi
Audizioni I lavori organizzati per occuparsi solo di Popolari venete: i rapporti con Zonin sono il punto debole del numero 1 di Palazzo Koch L’obiettivo è indurlo a lasciare
La graticola è stata preparata con cura in quel di palazzo San Macuto, sede delle commissioni parlamentari d’inchiesta, compresa quella sulle banche. Alla cottura i renziani, che si sono fatti nominare in massa nell’organo appena istituito, hanno destinato Ignazio Visco, governatore di Banca d’Italia in odore di rinnovo e acerrimo nemico del capo (Renzi, com’è noto e non senza qualche ragione, gli imputa i non pochi infortuni del suo governo nel settore del credito). L’obiettivo è convincere il numero 1 di Palazzo Koch a farsi da parte volontariamente. Visco, che ha capito il giochino, ieri si è però presentato proprio a palazzo San Macuto per chiedere alla presidenza della commissione d’essere audito il prima possibile. Richiesta tanto irrituale, quanto poco razionale. Non sarà accontentato: la cottura ha bisogno dei suoi tempi.
ANDIAMO con ordine. Questa inchiesta – proposta nel 2013 – è stata varata a poche settimane dallo scioglimento delle Camere, dunque potrà fare poco: quel poco, però, sarà mettere in imbarazzo il governatore della Banca d’Italia. La cosa è evidente da come il presidente Pier Ferdinando Casini ha organizzato i lavori.
Il criterio scelto è partire dall’ultima crisi, vale a dire dalle due popolari venete e cioè dal vero punto debole di Ignazio Visco e Bankitalia. Il motivo è semplice: Popolare di Vicenza e il suo dominusGianni Zonin sono stati i beniamini di Via Nazionale per anni. Non c’è stata crisi nel settore in cui Bankitalia non abbia proposto come soluzione la vendita ai vicentini: la Etruria cara ai Boschi è il caso più famoso (e delicato per i renziani).
Questione di rapporti e Zonin – “viticoltore prestato alla finanza”, presidente di Vicenza dal 1997 (in cda dal 1983) fino al tracollo – ha sempre avuto talento nel tessere relazioni. Per limitarci a quelle con Banca d’Italia basti citare i nomi di cui si è circondato negli anni: tra il 2006 e il 2008 l’ex ispettore della Vigilanza Luigi Amore diventa responsabile dell’Audit interno; nel 2011 entra in cda, da vicepresidente, l’ex Ragioniere dello Stato Andrea Monorchio, uomo di molteplici e antichi contatti a Palazzo Koch; nel 2013 va a Vi- cenza a fare il capo delle relazioni istituzionali Gianandrea Falchi, ex capo della segreteria particolare di Bankitalia quando c’era Mario Draghi.
E non ci sono solo i nomi, ma pure gli incroci pericolosi. Ne citeremo solo uno a titolo di esempio. Nel 2014 Popolare di Vicenza decide di acquistare (per 9,5 milioni) nella città pal- ladiana Palazzo Repeta: il venditore era Bankitalia, che tentava di piazzare l’immobile senza riuscirci da un quinquennio. Rapporti e incroci che vanno insieme a un’attività di Vigilanza quantomeno distratta, che per anni ha lasciato il management portare l’istituto al tracollo senza fiatare anche a fronte di operazioni assai più che opache che dovevano essere note almeno agli ispettori di palazzo Koch, così solerti in altre occasioni nel commissariare banche e/o correre in Procura.
Mossa irrituale
Il governatore a sera va in Parlamento: vuole essere sentito subito Non sarà accontentato
DOVREBBE a questo punto essere chiaro – visti i moltissimi renziani che si sono fatti no-
minare in commissione d’inchiesta – qual è il rischio di un’audizione per Visco incentrata sul disastro delle due venete. Il governatore non dovrebbe nemmeno essere rassicurato da queste parole del presidente del Pd Matteo Orfini, ovviamente commissario: “Non stiamo facendo un’indagine conoscitiva ma un’inchiesta. Ha senso audire le persone nel momento in cui siamo in grado di fare le domande giuste. Quindi sarà sicuramente utile audire il governatore, ma dopo che avremo acquisito il materiale e forse dopo anche che avremo avviato l’esame della crisi delle banche venete”. Auguri.