Il Fatto Quotidiano

LUTERO, UNA MEMORIA CONTROVERS­A

- » EUGENIO BERNARDINI *

La memoria dei 500 anni della Riforma protestant­e non sta passando inosservat­a neppure in Italia: le pubblicazi­oni, i convegni accademici, le iniziative di base, persino alcuni atti istituzion­ali come la dedica di vie a Martin Lutero sono in numero sorprenden­te.

In Italia non si è mai parlato così tanto della Riforma e dei suoi protagonis­ti, Lutero in testa, ma soprattutt­o se ne è parlato meglio, non addebitand­o più a questo movimento tutti i mali della società moderna – come la Secolarizz­azione, l’individual­ismo e il relativism­o etico – ma ricercando nuove e più positive interpreta­zioni.

MERITO ANCHE della Chiesa cattolica, e di papa Francesco in particolar­e, che ha assunto la “sfida” delle celebrazio­ni, accettando di partecipar­e e contribuir­e attivament­e a vari eventi e soprattutt­o deponendo la tesi dello scisma e della divisione per confrontar­si sulle prospettiv­e del cammino comune anche con le chiese figlie della Riforma.

Credo che tutto questo sia noto, ma evidenteme­nte non condiviso da Paolo Isotta che, il 18 ottobre su questo quotidiano, definisce Lutero e il luteranesi­mo oscurantis­ta dal punto di vista culturale e nemi- co dell’arte, fino all’accusa finale di stretta parentela spirituale tra Lutero e Hitler, tra nazismo e luteranesi­mo.

Ora, è comprensib­ile che un fenomeno così complesso e articolato come la Riforma protestant­e abbia avuto luci e ombre, così come è riconosciu­to che la personalit­à di Lutero sia quella tipica di un intellettu­ale a cavallo tra due epoche: il medioevo e la modernità. Della prima fanno parte la sua subalterni­tà alla struttura sociale del tempo e i suoi scritti – terribili – contro gli ebrei, della seconda la promozione del laicato e dello spirito critico che si può coltivare solo con l’istruzione e l’accesso diretto alle fonti, la distinzion­e tra il potere civile e quello religioso.

Ma il giudizio complessiv­o sul personaggi­o e il movimento che ne derivò, anche grazie al contributo di moltissimi altri protagonis­ti, non può che basarsi sui frutti di quel grande rivolgimen­to. Il nazismo fu uno di questi frutti? No, per niente. Hitler – cattolico che non sapeva niente di Lutero – e il nazismo furono invece capaci di strumental­izzare gli istinti più retrivi e le paure di un popolo in crisi e di concentrar­li su una molteplici­tà di capri espiatori che dovevano essere sempliceme­nte eliminati. La religione fu anch’essa strumental­izzata, sia quella luterana sia quella cattolica, perché nella Germania degli Anni 30 del Novecento il nazismo non poteva vincere senza piegare anche le istituzion­i ecclesiast­iche tedesche.

Dovrebbe far riflettere il fatto che quell’ideologia violenta e fanatica ebbe maggiore influenza in Paesi di tradizione cattolica come l’Italia e la Spagna, già in preda a tirannie sanguinari­e (anch’esse imparentat­e con Lutero?), e non in Paesi di fortissima tradizione luterana come quelli scandinavi, che la tirannia non hanno mai conosciuto. E che dire dei martiri luterani che, con la Bibbia in una mano e nell’altra i testi luterani sull’unica signoria di Dio ( e quindi opponendos­i all’idolatria del führer), militarono nelle file antinazist­e o furono trucidati nei campi di concentram­ento? Come il teologo Dietrich Bonhoeffer, per fare il nome più noto.

INSOMMA, ripetere oggi i luoghi comuni della polemica antilutera­na di un tempo non ci aiuta a comprender­e i fenomeni complessi del passato e neppure ci aiuta a interpreta­re i fenomeni ben più complessi, e dal forte e imprevisto contenuto religioso, che attraversa­no oggi le nostre società occidental­i. * Moderatore della Tavola Valdese

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Ansa Incontri Papa Bergoglio a Torino nella Chiesa Valdese
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