Attenti a guardare i video jihadisti: rischiate la galera
Londra propone 15 anni di carcere “per evitare la diffusione dell’estremismo”
■ Al vertice su sicurezza e lotta al terrorismo la Gran Bretagna propone pesanti pene per chi va in cerca di materiale propagandistico sul Web. Minniti: “Internet strumento di emulazione”
Guardare video come quello in cui il boia Jihadi John taglia la testa agli “inf ed e li ”; raccogliere documenti di questo tipo per trarne in qualche modo ispirazione, nel Regno Unito – luogo d’origine di Mohammed Emwazi prima di diventare Jihadi John, poi ucciso a Raqqa dal missile di un drone il 12 novembre 2015 – potrebbe costare fino a 15 anni di carcere.
La proposta è stata anticipata ieri a Ischia al termine del G7 dal ministro degli Interni inglese Amber Rudd; la minaccia di attentati per Rudd è “in crescente aumento” e c'è la necessità di “evitare la divulgazione” di contenuti di propaganda del Califfato. “Abbiamo la grande responsabilità di garantire la sicurezza dei nostri Paesi – ha aggiunto Rudd – e le imprese hanno la responsabilità di rimuovere i contenuti pericolosi dai loro siti”.
CHE IL WEB e i canali di comunicazione come Te legram siano stati inondati di materiale che inneggia alla vittoria dei jihadisti e sollecita i “lupi solitari” a diven- tare martiri, è realtà che ha già avuto conseguenze nefaste in più d’una occasione. Gli estremisti islamici del Califfo non si sono inventati nulla. Nel 2004 era stato pubblicato sul Web un documento dal titolo M an ag ement of savagery, scritto dallo stratega del jihad Abu Bakr Naji (un alias, secondo fonti di Al Arabiya Institute for Studies usato da Muhammad Khalil al-Hakaymah personaggio vicino ad al Qaeda) dove si tracciavano le linee guida per incrementare il sentimento di rivalsa di quella parte di Islam che si sente schiacciato dai “crociati”.
Naji sostiene nel suo elaborato che bisogna spingere gli “infedeli” ad azioni violente contro i paesi musulmani in modo da fortificare il sentimento di resistenza della guerra santa e giustificare la sharia nei territori gestiti dai miliziani. Vi sono nazioni predisposte a questo tipo di tattica, secondo lo stratega: Giordania, Arabia Saudita, Yemen, Nord Africa, la Nigeria e il Pakistan. Creare
Il malware del terrore
Al G7 di Ischia è stato affrontato il tema della diffusione senza filtri sul Web dei contenuti che inneggiano ai terroristi dello Stato islamico
L’intesa con i provider
Tre mosse: il blocco automatico di immagini e contenuti che siano considerati incitamento al terrorismo; la collaborazione fra i grandi provider e piattaforme che hanno comunque milioni di utenti; la diffusione di una narrativa opposta ai messaggi dei jihadisti un clima da guerra civile, occupare territori, poi attendere la risposta dell’Occidente e parlare di aggressione e repressione, di mancanza di giustizia per i musulmani: una lezione che i jihadisti dello Stato islamico – o r ma i sempre più ridotto dopo aver perso in Siria e Iraq le “capitali” Raqqa e Mosul – hanno imparato molto bene.
Lo si è visto con la produzione sul Web di video che mostrano l'esecuzione di “infedeli” come atti di giustizia. È il materiale che circola sulla Rete, capace di spingere ad azioni irreversibili quei musulmani senza arte né parte delle periferie delle città europee e americane.
PER IL MINISTRO dell’Interno Minniti “Internet è stato veicolo di conversione, reclutamento, addestramento, radicalizzazione e anche emulazione. Intervenire è dunque un aspetto cruciale. Abbiamo a che fare con il malware del terrore. Dobbiamo fare ogni sforzo per sconfiggerlo”. E ancora: “I governi trasmettono un messaggio importante: è possibile avere un principio di sicurezza senza rinunciare a principi fondamentali di libertà”.
Ora, il ministro inglese Rudd ritiene che sia venuto il momento di mettere ai ferri chi in quei video ritrovi una ideologia. Se funzionerà, è da vedere.
Parola di Minniti
Il titolare dell’Interno: “Internet strumento di emulazione, intervenire è cruciale”