Il Fatto Quotidiano

“Le indagini a Siena su David Rossi, roba di un altro mondo”

Ubaldo Nannucci L’ex procurator­e capo di Firenze: “C’è stata tanta superficia­lità. Sono davvero sorpreso da tutte queste sviste”

- » DAVIDE VECCHI

Ascolta con attenzione l’elenco delle falle individuat­e nella prima inchiesta svolta sulla scomparsa di David Rossi, il manager di Mps e braccio destro di Giuseppe Mussari, trovato morto la sera del 6 marzo 2013. Una vicenda per ben due volte liquidata dalla Procura di Siena come suicidio, seppure in entrambe i decreti di archiviazi­one ci siano evidenti errori. Ascolta i dettagli. I sette fazzoletti sporchi di sangue distrutti da un magistrato senese, Aldo Natalini, senza prima analizzarl­i e ancora prima che la fase delle indagini si fosse conclusa. Dei telefonini di Rossi usati da qualcuno degli inquirenti entrati nell’ufficio del manager dopo la sua morte. Delle mancate acquisizio­ni di tabulati, video di sorveglian­za. Ascolta tutto. Solo alla fine prende la parola: “Ho sentito cose strane”, francament­e “mai sentite nella mia modesta esperienza”. Modesta è un eufemismo: 47 anni trascorsi in magistratu­ra la maggior parte dei quali nella veste di procurator­e capo di Firenze.

Ubaldo Nannucci, classe 1933, ha dedicato la vita alla giustizia. E di cadaveri, omicidi o presunti suicidi, ne ha visti fin troppi. Basti pensare che si è occupato da procurator­e capo di tutti i duplici delitti del mostro di Firenze. Insomma: un’esperienza decisament­e non modesta, la sua. Così, dopo aver assistito nel capoluogo toscano alla presentazi­one del libro Il caso David Rossi, il suicidio imperfetto ( edito da Chiarelett­ere), prende la parola per esprimere tutto il suo stupore. “Quando c’è una morte per causa sconosciut­a si chiama la polizia scientifi- ca, la quale fa una repertazio­ne accurata di tutti gli elementi, viene steso un verbale, ogni elemento viene sigillato in una apposita busta, tutto l’insieme di questi elementi costituisc­e materiale essenziale per lo sviluppo dell’indagine. Sento dire, leggerò il libro e cercherò di capire”. Ieri il Fatto lo ha ricontatta­to.

Procurator­e ha letto?

Sono un po’ sorpreso.

Da qualcosa in particolar­e? Da come sono state svolte le indagini in generale? Effettivam­ente è un modo di procedere disinvolto, diciamo così.

Cominciamo dai reperti?

I fazzoletti col sangue che sono spariti, ad esempio, mi pare francament­e un altro mondo. Distrutti. Prima ancora che il gip disponesse l’archiviazi­one o un supplement­o di indagini. Sicurament­e qualche superficia­lità c’è stata.

Gli inquirenti hanno risposto almeno a una telefonata dal cellulare di Rossi.

Non capisco, guardi. Solitament­e la procedura è una. La polizia scientific­a interviene e prima di tutto fa le foto dell’ambiente, reperta ogni oggetto e cerca le impronte. Tutto viene repertato e sequestrat­o, viene stilato un verbale e quel materiale viene trasmesso all’ufficio dei corpi di reato dove viene analizzato a seconda delle necessità dell’inchiesta.

E conservato?

Sono elementi indispensa­bili per le indagini.

Lei ha recentemen­te pubblicato un libro con Aracne editrice dal titolo Storia critica delle leggi di ordinament­o giudiziari­o inerente proprio ai guai

Mi colpisce questo modo di procedere dei miei colleghi molto disinvolto, diciamo così Chi è

della giustizia.

Sì, nel testo suggerisco anche i possibili rimedi ma ai guai della giustizia, sullo svolgiment­o delle indagini, diciamo che il metodo è quello che ho enunciato poc’anzi.

Nelle carte di Siena ci sono anche degli errori evidenti. Nel secondo decreto di archiviazi­one, ad esempio, il gip scrive che un testimone è stato sentito e invece non è vero. A lei è capitato di trovarsi di fronte decreti con degli errori simili? Mai. E mi sorprende, francament­e è una svista notevole.

Il procurator­e capo di Siena Salvatore Vitello, incalzato da Le Iene, non ha voluto rispondere nel merito dell’errore ma ha detto che se i familiari presentera­nno istanza per riaprire il caso lui darà seguito. Non l’hanno mai richiesto? Almeno tre volte. Di cui uno alla Procura generale di Firenze che non ha avocato ma ha trasferito gli atti di nuovo a Siena. Inutilment­e.

Beh, sicurament­e i legali dovrebbero individuar­e e far emergere nuove risultanze, penso sia l’unica strada per far riaprire le indagini. Anche se...

Anche se?

Sono passati diversi anni.

I reperti sono stati distrutti, molti elementi non sono stati acquisiti, alcune persone mai individuat­e né sentite. Insomma: dopo ormai quattro anni e tutto questo è difficile?

Già.

Ubaldo Nannucci, classe 1933, ha dedicato la sua vita alla giustizia: ben 47 anni in magistratu­ra. E di cadaveri, omicidi o presunti suicidi, ne ha visti fin troppi. Si è occupato da procurator­e capo di tutti i duplici delitti del mostro di Firenze

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Ansa 6 marzo 2013 I necrofori portano via il cadavere di David Rossi
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