Il Fatto Quotidiano

Che sorpresa: l’atto di accusa a Visco l’ha scritto la Boschi

Conflitto di interessi Il testo, mai discusso in nessuna sede ufficiale, non è uscito dall’ufficio legislativ­o del gruppo, ma da Palazzo Chigi

- » MARCO PALOMBI

Il testo della mozione presentata martedì dal Pd, mai discusso nel gruppo né in nessuna sede di partito, è arrivato direttamen­te da Palazzo Chigi

Secondo Banca d’I t al i a quella famosa mozione che ha schierato il Parlamento contro il governator­e della Banca d’Italia è “una vendetta per Banca Etruria”. Non lo dicono solo le fonti di Palazzo Koch, al solito anonime, lo grida anche il pezzo uscito ieri sul Corriere della Sera che racconta di come Ignazio Visco segnalò le “molte anomalie” dell’istituto toscano a pochi mesi dalla sua nomina ai vertici della banca centrale.

È UNA VENDETTA, in so m ma , dell’inner circle renziano per il tracollo di Etruria e la figuraccia che ha affossato il consenso del governo Renzi e trasformat­o Maria Elena Boschi (il cui padre era vicepresid­ente della banca aretina) da madrina delle riforme costituzio­nali a emblema del conflitto d’interessi: le sue mosse “informali” per salvare la banca da ministro, le sue ingerenze nella gestazione e nell’iter parlamenta­re delle leggi riguardant­i il mondo del credito, la sua pubblica difesa dell’operato di suo padre (va ricordato: multato due volte da Bankitalia e una da Consob per il suo operato come “banchiere”). “E ora è arrivata la mozione”, concludono in Banca d’Italia: “Basta vedere dove è stata scritta”.

E dove? La risposta è meno semplice di quanto sembra, anche se il capro espiatorio esiste già: la “colpa” se la prenderà Silvia Fregolent, deputata che non s’era mai occupata di Banca d’Italia, Vigilanza bancaria e affini nella sua vita (non un atto parlamenta­re, né una dichiarazi­one in quasi cinque anni) e che martedì ha apposto la sorprenden­te prima firma sotto la mozione anti-Visco. Particolar­e non secondario: Fregolent è una “boschiana”, cioè nel sottoinsie- me dei renziani è membra della piccola tribù che ha legato le sue sorti a quelle della sottosegre­tario Boschi.

Il capro espiatorio espia, si sa, nulla di nuovo, ma resta la domanda: stante che Fregolent non ha le competenze per scrivere quella mozione, chi l’ha scritta? Non è stato, ci assicurano fonti interne, l’ufficio legislativ­o del Pd alla Camera, che sarebbe il luogo deputato: d’altra parte l’uomo che nel l’ufficio di presidenza del gruppo dovrebbe coordinare le mozioni, Andrea Martella (corrente “orlandiana”), è caduto dal pero quando l’ha vista in aula.

E peraltro, cosa poco sottolinea­ta, quale organismo ufficiale ha discusso se e in che modo portare in aula una posizione politica così rilevante? Non il partito, non i gruppi parlamenta­ri, neanche a livello di vertice. La richiesta di “discontinu­ità” ai vertici della Banca d’Italia è arrivata dal nulla: quella parola, peraltro, poi tolta dal dispositiv­o finale su richiesta di Paolo Gentiloni a Matteo Renzi. Il senso di quello richiesta, comunque, è rimasto nel testo arrivato in Aula, come l’attacco durissimo (e peraltro condivisib­ile) su opere e omissioni dell’attività di vigilanza di via Nazionale sul settore del credito.

E qui entra in scena un altro personaggi­o rivelatore: Pier Paolo Baretta, il sottosegre­tario al Tesoro che, a nome del governo, ha chiesto nell’Aula di Montecitor­io di espungere dalla mozione l’ultimo paragrafo della premessa, volgarment­e le contumelie sulla vigilanza farlocca di Palazzo Koch. Ecco, il buon Baretta - raccontano fonti di governo - ha avuto il bene di vedere un testo solo attorno alle tre del pomeriggio e non è stato il capogruppo dem - regista parlamenta­re della manovra - il primo a fornirglie­lo, ma una email di Palazzo Chigi, luogo di lavoro anche di Maria Elena Boschi e del suo esperto staff giuridico. “Sono loro ad aver scritto la mozione”, giurano in Banca d’Italia. “Arriva da lì”, giurano fonti di minoranza del Pd.

È IL NON DETTO attorno a questa operazione politica la parte più inquietant­e di questa vicenda. Il premier Paolo Gentiloni può, per la propria sopravvive­nza, far finta che il suo rapporto di fiducia con Maria Elena Boschi sia intatto e può chiedere di farlo ai suoi ministri, come Anna Finocchiar­o, che con la sottosegre­tario ha avuto una lite furibonda.

La fiducia, si sa, è materia impalpabil­e e soggetta all’arbitrio: se Gentiloni ritiene di concederla, avrà i suoi motivi. Diverso è il conflitto di interessi di una deputata e membro del governo che continua a tornare sul luogo del delitto. Etruria è un piccolo pezzo delle vicende bancarie di questi anni, nelle quali Visco ha pesanti e più complessiv­e responsabi­lità rispetto all’aver messo in imbarazzo quel premier poco competente o quella ministro e i suoi familiari. Un partito dovrebbe saperlo e proporre (e scrivere) mozioni che esprimono una linea politica, non le difficoltà di un pezzo di ceto politico.

Comprimari dem Martella, che coordina le mozioni alla Camera, mai coinvolto. Fregolent ha solo messo la firma

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