Davigo: “Si spartiscono il Csm, io mai candidato né ministro”
Prima di attaccare il sistema di nomine “una a me, una a te” del Csm, Piercamillo Davigo, che irrompe al congresso del sindacato dei magistrati a Siena, ci tiene a stroncare definitivamente le voci su una discesa nel campo della politica con i Cinque stelle: “Per fatto personale voglio fare una dichiarazione davanti ai miei colleghi: non intendo assumere incarichi di governo né intendo candidarmi. Lo dico sempre che i magistrati non sanno fare politica”.
Da leader di Autonomia e indipendenza, la corrente fondata dopo la fuoriuscita da Magistratura indipendente perché, come gli altri magistrati che lo hanno seguito, in rotta di collisione con il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, anima della corrente di destra delle toghe, Davigo ha spiegato che AeI si è dimessa dalla giunta dell’Anm “non perché siamo in campagna elettorale ( la prossima primavera ci sono le elezioni del Csm, ndr )” ma perché, in sostanza, predica bene e razzola male, dice che ci vogliono regole stringenti sui magistrati in politica e poi resta zitta sulle nomine del Csm che favoriscono quei magistrati. “Per noi, ha detto Davigo, è inconciliabile la difformità tra dichiarazioni e comportamenti. Non è possibile che si fanno passare avanti quei magistrati che hanno fatto politica e non ha senso dire che ancora non è stata approvata una legge”.
HA REPLICATO così Davigo anche al vicepresidente del Csm Giovanni Legnini che ieri al congresso, pur non nominandolo, si è riferito proprio al magistrato che già in passato aveva criticato l’operato del Consiglio. “Le pur legittime critiche al suo funzionamento – ha detto Legnini – non possono spingersi fino al terreno della delegittimazione. Le decisioni sono caratterizzate da complessità, dalla necessaria coniugazione tra valutazioni di merito ed esercizio dei poteri democratici propri di un organo collegiale elettivo”.
“Io non voglio delegittimare il Csm – ha sostenuto Davigo – ho così a cuore la magistratura e il Consiglio che mi preoccupo di quello che ho letto sulle mailinglist dei colleghi quando è scoppiato lo scandalo dei concorsi truccati alle università. Hanno scritto che è quello che succede tutti i giorni al Csm: uno a te, uno a me, uno a lui”. E non solo a Legnini, ma anche a colleghi di altre correnti che hanno evocato lo “spettro” della delegittimazione, Davigo ha risposto: “È quello che dico io o è questa pratica dell’uno a te, uno a me a delegittimare? Io credo che i colleghi debbano essere informati su cosa fa il Consiglio e debbano essere messi nelle condizioni di poter capire”.
Sempre ieri, Legnini si era schierato contro il criterio di anzianità per le nomine: “Occorre essere consapevoli del fatto che anzianità e merito non vanno necessariamente insieme”, e Davigo : “AeI non vuole un ritorno generico al criterio dell’anzianità per selezionare i dirigenti degli uffici, ma chiediamo che venga tenuto presente il lavoro svolto nel singolo ufficio quando si tratta di lavoro pregevole. Quando vedo, invece, che si prediligono criteri evanescenti, come quello della capacità organizzativa acquisita fuori ruolo, questo mi fa inalberare perché si tratta di fu- mo. Cosa c’entra quella acquisita alla protezione civile, per esempio? Io non voglio penalizzare i fuori ruolo, ma non voglio che siano privilegiati”.
Davigo non ha risparmiato i politici: “Sento dire che i magistrati devono chiedere scusa se un politico è stato assolto, ma si sa solo alla fine di un processo” e difende il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone: “Qualcuno pretende da lui scuse perché non è stata riconosciuta l’associazione mafiosa a un suo processo (Mafia Capitale, ndr). Ma che idea ha del processo? Si fa proprio per sapere se un imputato è colpevole o innocente. Ho sentito dire a Pignatone una cosa che sostengo da tanto tempo e cioè che la politica dovrebbe decidere con chi accompagnarsi. Ecco cosa contesto alla politica: di non saper prendere decisioni, neppure quando sono previste dalla legge: è successo che per 5 anni la Camera non ha dichiarato decaduto un deputato condannato. Ma come fanno i politici perbene a sopportare tutto questo? ”.
Pignatone, invece, ha criticato “lo spettacolo della pubblicazione di atti segreti e non: il legislatore ha deciso di non sanzionare”.
Contro Legnini “È inconciliabile la difformità fra dichiarazioni e comportamenti” Il legislatore ha deciso di non sanzionare la pubblicazione degli atti non segreti e segreti, e così va avanti lo spettacolo che vediamo ogni giorno GIUSEPPE PIGNATONE