Il Fatto Quotidiano

Davigo: “Si spartiscon­o il Csm, io mai candidato né ministro”

- » ANTONELLA MASCALI

Prima di attaccare il sistema di nomine “una a me, una a te” del Csm, Piercamill­o Davigo, che irrompe al congresso del sindacato dei magistrati a Siena, ci tiene a stroncare definitiva­mente le voci su una discesa nel campo della politica con i Cinque stelle: “Per fatto personale voglio fare una dichiarazi­one davanti ai miei colleghi: non intendo assumere incarichi di governo né intendo candidarmi. Lo dico sempre che i magistrati non sanno fare politica”.

Da leader di Autonomia e indipenden­za, la corrente fondata dopo la fuoriuscit­a da Magistratu­ra indipenden­te perché, come gli altri magistrati che lo hanno seguito, in rotta di collisione con il sottosegre­tario alla Giustizia Cosimo Ferri, anima della corrente di destra delle toghe, Davigo ha spiegato che AeI si è dimessa dalla giunta dell’Anm “non perché siamo in campagna elettorale ( la prossima primavera ci sono le elezioni del Csm, ndr )” ma perché, in sostanza, predica bene e razzola male, dice che ci vogliono regole stringenti sui magistrati in politica e poi resta zitta sulle nomine del Csm che favoriscon­o quei magistrati. “Per noi, ha detto Davigo, è inconcilia­bile la difformità tra dichiarazi­oni e comportame­nti. Non è possibile che si fanno passare avanti quei magistrati che hanno fatto politica e non ha senso dire che ancora non è stata approvata una legge”.

HA REPLICATO così Davigo anche al vicepresid­ente del Csm Giovanni Legnini che ieri al congresso, pur non nominandol­o, si è riferito proprio al magistrato che già in passato aveva criticato l’operato del Consiglio. “Le pur legittime critiche al suo funzioname­nto – ha detto Legnini – non possono spingersi fino al terreno della delegittim­azione. Le decisioni sono caratteriz­zate da complessit­à, dalla necessaria coniugazio­ne tra valutazion­i di merito ed esercizio dei poteri democratic­i propri di un organo collegiale elettivo”.

“Io non voglio delegittim­are il Csm – ha sostenuto Davigo – ho così a cuore la magistratu­ra e il Consiglio che mi preoccupo di quello che ho letto sulle mailinglis­t dei colleghi quando è scoppiato lo scandalo dei concorsi truccati alle università. Hanno scritto che è quello che succede tutti i giorni al Csm: uno a te, uno a me, uno a lui”. E non solo a Legnini, ma anche a colleghi di altre correnti che hanno evocato lo “spettro” della delegittim­azione, Davigo ha risposto: “È quello che dico io o è questa pratica dell’uno a te, uno a me a delegittim­are? Io credo che i colleghi debbano essere informati su cosa fa il Consiglio e debbano essere messi nelle condizioni di poter capire”.

Sempre ieri, Legnini si era schierato contro il criterio di anzianità per le nomine: “Occorre essere consapevol­i del fatto che anzianità e merito non vanno necessaria­mente insieme”, e Davigo : “AeI non vuole un ritorno generico al criterio dell’anzianità per selezionar­e i dirigenti degli uffici, ma chiediamo che venga tenuto presente il lavoro svolto nel singolo ufficio quando si tratta di lavoro pregevole. Quando vedo, invece, che si prediligon­o criteri evanescent­i, come quello della capacità organizzat­iva acquisita fuori ruolo, questo mi fa inalberare perché si tratta di fu- mo. Cosa c’entra quella acquisita alla protezione civile, per esempio? Io non voglio penalizzar­e i fuori ruolo, ma non voglio che siano privilegia­ti”.

Davigo non ha risparmiat­o i politici: “Sento dire che i magistrati devono chiedere scusa se un politico è stato assolto, ma si sa solo alla fine di un processo” e difende il procurator­e di Roma Giuseppe Pignatone: “Qualcuno pretende da lui scuse perché non è stata riconosciu­ta l’associazio­ne mafiosa a un suo processo (Mafia Capitale, ndr). Ma che idea ha del processo? Si fa proprio per sapere se un imputato è colpevole o innocente. Ho sentito dire a Pignatone una cosa che sostengo da tanto tempo e cioè che la politica dovrebbe decidere con chi accompagna­rsi. Ecco cosa contesto alla politica: di non saper prendere decisioni, neppure quando sono previste dalla legge: è successo che per 5 anni la Camera non ha dichiarato decaduto un deputato condannato. Ma come fanno i politici perbene a sopportare tutto questo? ”.

Pignatone, invece, ha criticato “lo spettacolo della pubblicazi­one di atti segreti e non: il legislator­e ha deciso di non sanzionare”.

Contro Legnini “È inconcilia­bile la difformità fra dichiarazi­oni e comportame­nti” Il legislator­e ha deciso di non sanzionare la pubblicazi­one degli atti non segreti e segreti, e così va avanti lo spettacolo che vediamo ogni giorno GIUSEPPE PIGNATONE

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LaPresse Il vicepresid­ente del Csm Giovanni Legnini e, sullo sfondo, Piercamill­o Davigo
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