Gigi Esposito, Pari d’Inghilterra
Due racconti di un mostro sacro dell’umorismo
Gigi Esposito fu nominato Pari d’Inghilterra per una curiosa ragione. Direi quasi per un equivoco, se non temessi di dir cosa purtroppo esatta. Dunque, Gigi Esposito, come tutti sanno, era francese. Ma aveva il tipo spiccatamente inglese. Per di più, egli era in certa dimestichezza col Premier inglese, il quale – detto inter nos– lo trattava con grande famigliarità. In poche parole: gli dava del tu. Ma da questo a nominarlo Pari d’Inghilterra ci corre! Tanto più che il tu di cui l’onorava il Premier inglese non era tanto di affettuosa intimità, quanto di sprezzo. Insomma, il detto Premier lo trattava poco più che come un servo.
Attraverso una raccolta di scritti inediti e dispersi, in corso di pubblicazione da Nino Aragno Editore, Achille Campanile torna a parlarci. Quando pensavamo di aver letto tutto di lui, ecco l’inaspettato ritorno dell’Inventore del cavallo che con questa nuova antologia dal titolo “Grazie, arcavolo! - scritti inediti e dispersi di Achille Campanile”, curata da Angelo Cannatà e Silvio Moretti, torna a farci sorridere e commuovere. Sono circa 50 brani che l’immenso archivio Campanile ci restituisce e documentano soprattutto l’attività giornalistica, attraverso testi apparsi o destinati ai principali quotidiani o riviste cui l’autore ha collaborato già a partire dagli anni 20. I testi sono corredati di annotazioni e di correzioni apportate sugli originali dallo stesso scrittore e fedelmente riportati, mantenendo la struttura originale degli scritti, insieme con note illustrative riguardanti il testo o la sua genesi.
Gigi Esposito fu nominato Pari d’Inghilterra per una curiosa ragione. Direi quasi per un equivoco, se non temessi di dir cosa purtroppo esatta. Dunque, Gigi Esposito, come tutti sanno, era francese. Ma aveva il tipo spiccatamente inglese. Per di più, egli era in certa dimestichezza col Premier inglese, il quale – detto inter nos – lo trattava con grande famigliarità. In poche parole: gli dava del tu. Ma da questo a nominarlo Pari d’Inghilterra ci corre! Tanto più che il tu di cui l’onorava il Premier inglese non era tanto di affettuosa intimità, quanto di sprezzo. Insomma, il detto Premier lo trattava poco più che come un servo. E a questo Gigi Esposito dové per l’appunto l’alta nomina, che gli permise di frequentar la Corte londinese, con la conseguente fortuna.
A questo punto mi par già di vedere qualcuno dei miei lettori che, facendo spallucce, dica: “Alle corte, insomma, perché tante chiacchiere? Ci racconti il fatto e giudicheremo se la fortuna di Gigi Esposito debba ascriversi tutta al caso o anche alla sua abilità, come piuttosto crediamo”.
ANZITUTTO, caro signore, io non ho parlato di caso. Ho detto: equivoco. Non mi si faccia dire una cosa per un’altra. E, poi, raccontare il fatto è per l’appunto quello che mi propongo di fare e che da un pezzo avrei fatto, se non fossi stato interrotto. Quindi farete molto meglio ad ascoltare senza tante provocazioni fuori luogo. Perché c’era della provocazione in quel “come piuttosto crediamo”. Non si pensi che non l’abbia rilevato. Basta, non starò a farne un casus belli e vengo al fatto. Dicevo dunque che Gigi Esposito, benché nato e cresciuto in Francia, aveva il tipo spiccatamente inglese. Tanto che a Londra tutti lo prendevano per nativo del luogo e gli confidavano riservate notizie di carattere militare e perfino piani di fortezze e progetti di difesa della città in caso di guerra. Ma Gigi Esposito, bisogna riconoscerlo, non si avvalse mai di queste notizie per divulgarle urbi et orbi e preferì sempre farne oggetto di relazioni cifrate – mirabile esempio di discrezione – che mandava al suo governo con l’indicazione di “riservatissima”.
Dunque, un giorno Gigi Esposito stava conversando col Premier d’In gh i lt er ra . Ho già detto che il Premier l’onorava della sua famigliarità al punto di dargli del tu. Ma “conversando”, forse non è il verbo adatto. In sostanza il Premier gli rivolgeva qualche parola, mentre Gigi Esposito, mediante un pennel- lo, gli andava cospargendo le guance e il mento di una densa e candida schiuma di sapone. Cosa che il Premier gli permetteva soltanto in considerazione del fatto che Gigi Esposito era il suo barbiere. Ché a nessun altro l’avrebbe permesso, senza l’i mp r escindibile condizione che si trattasse d’un barbiere.
“E così – chiese a un tratto il Premier – tu non sei inglese”. “No, Eccellenza, – fece Esposito – io sono di Francia”. “Strano”, – mormorò il Premier. L’osservò attentamente e aggiunse: “Pari d’Inghilterra”.
PARI, VOCE del verbo parere; cioè, sembrare: sembri d’Inghilterra.
Ma i segretari del Premier, che erano intorno pronti a tradurre in atto ogni cenno di quel grande, capirono male, s’inchinarono e la conclusione fu che Gigi Esposito si vide da un giorno all’altro nominato Pari d’Inghilterra.