NUOVO SFREGIO DEL GOVERNO ALLA CARTA: ECCO PERCHÉ
Tempi stretti e regolamenti ignorati anche a Palazzo Madama
Nella corrente legislatura si sta assistendo a un “salto di qualità” rispetto al costante svilimento della dialettica parlamentare perpetrato attraverso la sistematica forzatura delle regole procedurali poste a garanzia della democraticità dell’assunzione della decisione politica.
ANCHE L’ITER parlamentare del Rosatellum-bis risulta costellato da una serie di strappi procedurali, che non si sono esauriti nel suo passaggio alla Camera con l’ammissione della posizione della questione di fiducia e con l’irregolare correzione di un errore formale senza passare da un voto dell’Aula, come invece richiesto dall’art. 90, comma 1, Re- golamento Camera. La maggioranza ha infatti sin da subito dimostrato di non avere alcuna intenzione di procedere ad un serio esame del testo, nel rispetto delle regole procedurali previste, neppure al Senato.
Ciò è reso evidente dall’incalzare delle scadenze da subito fissate per la “discu ssione ” del provvedimento, il cui esame è cominciato solo il pomeriggio del
17 ottobre: pre- sentazione degli emendamenti in Commissione entro le ore 10.00 del 20 ottobre; presentazione degli emendamenti per l’Aula entro le ore 13.00 del 23 ottobre; approdo del testo in Aula il 24 ottobre; prosecuzione dell’esame in Assemblea con sedute uniche (ossia ingiustificatamente con una procedura non ordinaria) nei giorni seguenti per cercare di giungere al più tardi venerdì 27 ottobre alla votazione finale.
Questo significa che la maggioranza conta di completare l’intero iter legis al Senato – al massimo – in soli 10 giorni!
Anche l’audizione di esperti svolta il 19 ottobre, che ha peraltro portato alla luce molti aspetti critici dello stesso anche sotto il profilo della legittimità costituzionale, è stata dunque per forza di cose, visti i tempi ipercontingentati, solo un (cattivo) esercizio di stile.
È poi addirittura grottesco che la Commissione sia stata convocata per discutere e votare gli emendamenti alle ore 16.00 e alle ore 20.00 del 23 ottobre, ossia dopo il termine per la presentazione degli emendamenti per l’Aula. Sembra di essere di fronte alle degenerazioni delle regole acceleratorie relative all’iter di conversione dei decreti-legge.
LA VOLONTÀ della maggioranza è stata quella di saltare lo svolgimento di un vero esame referente in Commissione, mirando soltanto a portare il testo quanto prima in Aula, impedendo ogni modificazione.
Pare poi facile prevedere che anche al Senato la maggioranza chiederà al Governo (secondo una logica perversa e bizzarra) di porre la fiducia
Tutto blindato La volontà è stata quella di saltare lo svolgimento di un vero esame referente in Commissione
per evitare voti segreti (possibili in particolare, a norma dell’art. 113, comma 4, Regolamento Senato, con riferimento a votazioni che riguardano le minoranze linguistiche).
Si è sentito parlare a tal proposito di una possibile fiducia “tecnica” che potrebbe godere dell’appoggio anche di una parte dell’opposizione, il che non fa altro che testimoniare l’assoluta stortura dell’utilizzo di questo istituto all’unico scopo di godere d’imperio di ingiustificati vantaggi procedurali (non essendo in gioco in realtà alcuna votazione fiduciaria!).
L’art. 72, comma 4 della Costituzione che prescrive l’utilizzo della procedura legisla- tiva normale in materia elettorale, sembra però escludere, se correttamente interpretato, la legittimità dell’utilizzo di tale strumento.
PERALTRO, anche accedendo all’interpretazione restrittiva di tale disposizione, sulla base della quale è stato permesso nei giorni scorsi l’utilizzo di questo istituto sullo stesso testo alla Camera, si pone in ogni caso un problema di legittimità costituzionale. Infatti, anche se fosse vero che la “procedura normale” è “semplicemente” quella per cui le leggi sono esaminate prima dalle Commissioni e poi dall’Aula, la stessa non può comunque dirsi rispettata nel caso in esame, in cui non si è tenuto di fatto nemmeno un vero esame in Commissione.
*Libertà e Giustizia