“Sentenza da 200 mila euro” Corruzione, indagato giudice
Accusati anche l’imprenditore “amico di Verdini” Bigotti e il legale esterno di Eni, Amara
Iflussi finanziari tra padre avvocato e figlio magistrato sono stati per gli investigatori un campanello di allarme. Il sospetto era infatti che quel denaro incassato lecitamente potesse essere una mazzetta. Si apre così, con le perquisizioni eseguite ieri dai finanzieri del Gico, uno dei capitoli di una complessa indagine della Procura di Roma – anticipata da L’Espresso – su un giro di sentenze comprate al Consiglio di Stato.
Per ora nel registro degli indagati con l’accusa di corruzione in atti giudiziari c’è finito l’imprenditore piemontese Ezio Bigotti, dominus della Sti Spa, Sergio Giglio della Antas srl, il magistrato Nicola Russo con il padre Orazio, e l’avvocato siciliano e legale esterno dell’Eni Piero Amara, già indagato a Milano per associazione a delinquere finalizzata al depistaggio. Ma questa è un’altra storia.
QUELLA ROMANA è invece una vicenda che riguarda un presunto accordo tra i due imprenditori (Bigotti e Giglio) per nominare presi- dente di un arbitrato tra le loro due società, Orazio Russo, padre del giudice del Consiglio di Stato, Nicola. Una nomina che – per i pm titolari dell’indagine Paolo Ielo, Stefano Rocco Fava, Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini – è anomala, tanto che sospettano sia servita per pagare lecitamente l’av- vocato, che poi avrebbe girato il denaro al figlio giudice. L’avvocato Amara avrebbe fatto da intermediario: “I due imprenditori – è scritto nel decreto di perquisizione – in accordo con l’avvocato Amara, che agiva da intermediario, davano indicazione perché fosse nominato presidente della commis- sione arbitrale – nella controversia che vedeva contrapposte Antas Srl e Sti Spa e che prevedeva una retribuzione pari a 200 mila euro per arbitro – Orazio Russo, padre di Nicola”. A far insospettire i pm, oltre alla nomina nel collegio sindacale, sono stati anche i flussi finanziari tra padre (che a oggi avrebbe percepito circa 60 dei 200 mila euro) e figlio. In questa indagine a luglio è stato interrogato come persona informata sui fatti, l’avvocato amministrativista Stefano Vinti, anche lui nel collegio arbitrale.
PER CHI INDAGA quindi c’è un “consistente quadro indiziario” che ha portato ieri a perquisire casa e società degli imprenditori, ma anche l’ufficio e l’abitazione del giudice.
I nomi di alcuni indagati in questa vicenda non sono nuovi alle cronache. Ezio Bigotti era citato nelle intercettazioni agli atti dell’inchiesta Consip come vicino a Denis Verdini. Il senatore di Ala, proprio con Bigotti, incontrerà a pranzo l’ex Ad della stazione appaltante Luigi Marroni. Inoltre, a Roma l’imprenditore piemontese è indagato, insieme ad Amara, anche in un’altra inchiesta su un giro di false fatture.
Nicola Russo invece era finito in un’indagine che ha portato alla condanna in primo grado dell’immobiliarista Stefano Ricucci a 3 anni e 4 mesi per emissione di false fatturazioni. Il giudice era accusato di rivelazione del segreto d’ufficio perché “al fine di procurare a Ricucci un indebito profitto patrimoniale” gli comunicava “il contenuto della decisione assunta dalla Commissione nella controversia tra l’Agenzia delle Entrate e la società Magiste Real Estate Property (MRep), prima del deposito della sentenza”. Per il gip
Il sospetto dei pm
I soldi per il padre del magistrato, nominato per un arbitrato, erano indirizzati al figlio Ieri le perquisizioni
È il primo filone di una complessa inchiesta su una serie di “pronunce comprate”
però in questo caso è “certamente escluso qualsiasi transito di denaro da Ricucci a Russo”. Russo, nel suo curriculum, – secondo l’Ansa – ha anche una condanna a un anno e 10 mesi per una vicenda di prostituzione minorile che risale al 2013.