Il Fatto Quotidiano

Burro finito, Parigi sull’orlo di una crisi di nervi

Scaffali vuoti nel Paese primo in Europa per consumo, annunci su panetti a 50 euro

- » LUANA DE MICCO

Nei reparti dei supermerca­ti francesi il burro scarseggia e ormai da alcune settimane. La questione si fa seria oltralpe dove il burro è religione. Come se nei supermerca­ti italiani non si trovasse più una bottiglia d’olio d’oliva. La situazione si è aggravata nelle ultime ore poiché la “crisi del burro” che era stata annunciata come passeggera – “Non è destinata a durare”, diceva ancora ieri il ministro de ll’Agricoltur­a, Stéphane Travert – di fatto, a sentire i profession­isti del settore, potrebbe prolungars­i fino a fine anno e per parte dell’inverno. Il giornale Le Figaro fa notare che una situazione così non si verificava in Francia dalla Seconda guerra mondiale.

Uno degli effetti più immediati della crisi è stato l’aumento del prezzo del croissant, che i boulanger, sempre più a corto di materia prima, hanno passato da 1 euro a 1,10.

I francesi sono i primi consumator­i di burro in Europa, con un consumo di 8 kg a persona in un anno. Il burro è il cuore della loro gastronomi­a. “La Bretagna trema!”, si leggeva di recente su un quotidiano tra ironia e reale preoccupaz­ione, in riferiment­o alla regione del nord-ovest famosa per il kouing-amann, un dolce ultraburro­so. Per spiegare la crisi francese non bi- sogna cercare una sola causa, ma diverse. Bisogna andare a cercare nell’esplosione sul mercato globale del burro, il cui consumo è aumentato da quando i nutrizioni­sti si sono messi a lodarne le virtù dopo averci detto per anni che non faceva bene alla salute. Anche i cinesi hanno a loro volta scoperto quanto sono buoni i croissante­ipain au chocolata colazione.

BISOGNA CONSIDERAR­E poi il calo della produzione di materia grassa animale che si è registrata lo scorso anno in Nuova Zelanda, primo esportator­e di latte al mondo, ma anche in Europa, dopo la sovrapprod­uzione del 2015. Per tutti questi motivi insieme, il prezzo del burro all’ingrosso è lievitato del 180% tra marzo 2016 e settembre 2017 (passando da 2.500 euro a 8.000 euro alla tonnellata). Ma c’è anche un problema strettamen­te francese. Produttori e grande distribuzi­one non riescono proprio a mettersi d’ac- cordo sul prezzo del burro. Un braccio di ferro che va avanti da mesi e che per ora è in fase di stallo, con i produttori da una parte, spiega la stampa francese, che vorrebbero negoziare tariffe più alte per poter far fronte ai maggiori costi di produzione, e i distributo­ri dall’altra, chiusi a ogni forma di trattativa su questo punto. C’è chi, giocando sull’affetto dei francesi per il tradiziona­le panino jambon-beurreha preso la crisi con ironia. Per farsene un’idea basta consultare i siti di annunci on line dove si può vendere e acquistare di tutto. Da alcuni giorni c’è chi si è messo a vendere per scherzo i suoi resti di burro su Le Bon Coin, l’equivalent­e francese di Subito.it. Annunci come questo: “Vendesi panetto di burro appena cominciato, 350 g. 50 euro”. “L’ho fatto per gioco, non pensavo che sarebbe stato pubblicato”, ha raccontato un giovane bretone al giornale locale Le Télégramme.

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Gli scaffali semivuoti di un supermerca­to: la crisi accende il contrasto fra produttori e distributo­ri
Ansa L’incubo Gli scaffali semivuoti di un supermerca­to: la crisi accende il contrasto fra produttori e distributo­ri

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