Carcere di Asti, il governo resiste e ora paga doppio
Nel 2004 Due detenuti picchiati e lasciati senz’acqua e senza materassi al freddo. E un tentativo di impiccagione
Claudio
Renne non ha fatto in tempo a vedere la sentenza che gli dà un po’ di giustizia. Il 10 gennaio è morto in carcere, dove era detenuto per reati comuni, dopo una lunga malattia. Soltanto ieri la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto che lui e Andrea Cirino, un altro ex detenuto della casa circondariale di Asti, sono stati vittime di una tortura i cui responsabili sono rimasti impuniti.
IL GOVERNO italiano ha violato il terzo articolo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (che vieta i trattamenti inumani) ed è stato condannato a pagare 80 mila euro a Cirino e 80 mila alla figlia di Renne: “Ricordo che negli ultimi tempi aveva difficoltà a parlare – racconta il suo avvocato Mauro Caliendo –, ma voleva che, dopo tutti questi patimenti, qualcosa potesse andare in eredità a sua figlia”. Co- sì sarà. È una storia dura quella di Renne e di Cirino, assistito dall’avvocato Angelo Ginesi. I due era detenuti per reati comuni ad Asti, quando il 10 dicembre 2004 scoppia un litigio tra Cirino e un agente della polizia penitenziaria. Renne interviene e per entrambi è l’inizio delle vessazioni. In attesa di entrare nell’ufficio del comandante della penitenziaria, ricevono le prime sberle.
Denudati, vengono rinchiusi in una cella il cui letto non ha materasso, la finestra non ha vetri, il water non ha acqua. L’inverno è vicino e il radiatore non funziona. Per un po’ non ricevono cibo, che poi viene razionato. Ogni giorno arriva una spedizione di agenti per picchiarli. Un giorno uno strappa con forza il codino di Renne. Gli agenti avrebbero anche cercato di impiccare Ci- rino, che si è risvegliato in ospedale con delle lesioni al collo: per lui, alto 1,82 metri, sarebbe stato impossibile impiccarsi a un gancio all’altezza di 1,75 metri nella cella di isolamento in cui non avrebbe potuto tenere neanche i lacci per le scarpe. Questi abusi non e- mergono fino a quando, durante un’inchiesta sullo spaccio di droghe portate in carcere da alcuni agenti, un poliziotto dice ai pm di questi raid punitivi contro i reclusi più irrequieti e rompe l’omertà. Alla fine, alla sbarra con l’accusa di maltrattamenti aggravati fini- scono cinque “secondini”, ma il 30 gennaio 2012 il giudice Riccardo Crucioli assolve uno degli agenti, derubrica i maltrattamenti in abuso d’autorità per altri due (reato già prescritto), mentre per altri due l’accusa diventa quella di lesioni personali, improcedibile senza querela. Nessuno viene condannato per quei fatti che “potrebbero essere agevolmente qualificati come ‘tortur a ’ ” , scriveva Crucioli nelle motivazioni.
MA L’ITALIA non aveva attuato ancora la Convenzione dell’Onu contro la tortura e il reato non esisteva ancora. Nel 2013 gli avvocati presentano un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ieri è arrivato il verdetto: Renne e Cirino sono stati torturati in carcere. I giudici di Strasburgo avevano invitato i legali a fare una proposta risarcitoria: “Avevamo chiesto 45 mila euro, ma il governo l’ha respinta. Ora la Corte ci ha riconosciuto un indennizzo maggiore”, dice l’avvocato Ginesi. “Per anni in Italia non c’è stato modo di avere giustizia – afferma Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone –. Ancora una volta abbiamo dovuto aspettare una decisione europea. Questo è un caso di tortura in prigione”. Ed è il primo per l’Italia: finora Strasburgo ci aveva condannato per le pessime condizioni delle carceri e per la tortura avvenuta nella scuola Diaz di Genova durante il G8 del 2001.
L’altra sentenza Avevano negato il risarcimento di 45 mila euro: ne pagheranno 80 mila, i reati erano prescritti