Il Fatto Quotidiano

Frecciaren­zi

- » MARCO TRAVAGLIO

Da quando, alla stazione romana Tiburtina, è salito sul “Treno dell’Ascolto” alla volta delle 107 province italiane che voleva abolire, Matteo Renzi ha ascoltato più fischi, pernacchie, maledizion­i e insulti (il più gettonato, fino alla monotonia, è “buffone”) dei già molti che meritava. Forse anche a causa dell’itinerario, non proprio felicissim­o: ma benedetto ragazzo, sai bene che i terremotat­i laziali, umbri, marchigian­i e abruzzesi non vedono l’ora di scuoiarti vivo per le promesse tradite sulle casette e la ricostruzi­one, e tu da dove cominci il tour “Destinazio­ne Italia”? Da Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo e Molise. Poi sai che vorrebbero farti la pelle anche i pugliesi, fra gasdotti, xylelle e veleni targati Ilva ed Enel, e tu dove prosegui? In Puglia. Per dire: in Lombardia, in Veneto e in Sicilia, dove si vota, manco una capatina. Risultato: urli e strepiti a Spoleto (“buffone, vergogna, Pinocchio!”), dure contestazi­oni ad Ascoli Piceno (“buffone, vai a lavorare!”), feroci anatemi a Vasto (raggiunta peraltro in auto per non compromett­ere il materiale ferroviari­o :“Buffone !”), urla belluine a Termoli ( con scorta della forza pubblica: “Buffone!”), strilli assordanti a Polignano a Mare (“vergogna, buffone!”, con variazione vernacola sul tema: Renzi domanda a una signora “Come sta?” e lei, prontissim­a :“Com’ am ma mete ”), stato d’ assedio sui binari di Brindisi (presidiati dalla Digos che si porta via un contestato­re: “Vattene, buffone!”).

Unica eccezione, senza rivolte né maleparole, la tappa al sito archeologi­co di Canne, luogo della storica battaglia fra Romani e Cartagines­i, ma solo perché la città non esiste più. Lì (lo rivela La Verità), in quell’insolito silenzio dovuto esclusivam­ente alla mancanza di abitanti, si è sentita una sola voce: purtroppo era quella di Renzi, che esortava gli immaginari ascoltator­i a “riconoscer­e le nostre radici e individuar­e in Annibale e nella sua genialità un punto di riferiment­o”: auspicio a dir poco azzardato, visto che Annibale era nordafrica­no, mentre le nostre radici sono sepolte lì sotto impastate al sangue dei Romani massacrati dai Cartagines­i ( ora non vorremmo che il Frecciaren­zi facesse tappa a Caporetto o dirimpetto a Lissa, magari il 4 dicembre, per riconoscer­e le radici del suo trionfo al referendum). A quel punto, per Matteo Granturism­o, si è resa necessaria, su consiglio dei sanitari, una breve sosta ristoratri­ce. I medici hanno suggerito almeno un’intera giornata senza sentire una sola volta “buffone”: lui infatti si è barricato in casa per 24 ore. Poi è ripartito, più intrepido che pria, verso lidi più propizi: la Calabria e la Campania.

Ma

già a Reggio sono ripartiti i tumulti e gl’insulti, che hanno costretto lui e i suoi cari a riguadagna­re frettolosa­mente la stazione dall’ingresso secondario. E imposto un piccolo ritocco prudenzial­e al programma, onde evitare che ogni tappa del tour diventi una stazione della Via Crucis: entrare in clandestin­ità, segretando la tabella di marcia non solo sul sito del partito e dunque agli eventuali militanti, ma anche all’organizzaz­ione del Pd (come ha scoperto Thomas Mackinson sul sito del Fatto). Nessuno deve sapere dove fermerà il convoglio maledetto. Si naviga a vista e si ferma a sorpresa, come i cellulari che traducono i boss al 41-bis dal carcere all’aula bunker. Una versione ferroviari­a del vascello fantasma. E pazienza se, non sapendo del suo arrivo, quando Renzi scende non c’è nessuno ad attenderlo: anzi molto meglio, almeno risparmia sugli sputi, tanto ha già fatto il pieno nelle prime due settimane (per il prossimo giro sta pensando, anziché al treno, a una metropolit­ana: almeno viaggia sottoterra).

L’altroieri, idea geniale: qual è l’unico luogo dove nessuno oserà sputargli e imprecargl­i in faccia? Una chiesa! Come non averci pensato prima? Detto, fatto. Il segretario ferroviari­o occupa militarmen­te la basilica paleocrist­iana di Paestum all’insaputa dell’arciprete e del vescovo, monta sull’altare e improvvisa dal pulpito un’omelia-comizio per le truppe cammellate di don Vicienzo De Luca e del fido Franco Alfieri, quello che doveva offrire fritture di pesce in cambio di Sì al referendum. Aveva anche pensato di indossare i paramenti sacri, ma poi è rimasto in borghese. Prossimame­nte don Matteo celebrerà anche messa, darà la comunione, confesserà i penitenti e forse impartirà qualche estrema unzione. Nell’attesa, inaugura a Portici la “conferenza programmat­ica” del Pd, talmente programmat­ica che non c’è nemmeno il programma (in compenso nel “comitato scientific­o” c’è Maria Elena Boschi, libera docente di Diritto bancario). Intanto a Roma succede di tutto. La Boschi cerca di farsi pagare dal governo un servizio fotografic­o da mille euro scattato in un viaggio privato in Canada. Verdini annuncia l’i ngresso nella maggioranz­a, da cui peraltro non era mai uscito. I ministri renziani, Boschi inclusa, sono colti da un’epidemia collettiva di dissenteri­a diplomatic­a (no vax pure loro?) e disertano il Consiglio dei ministri che conferma Visco alla facciazza loro. La Boschi dà buca anche alla commemoraz­ione di Tina Anselmi, temendo che questa resusciti apposta per gonfiarla di botte. Il presidente del Senato Piero Grasso molla il Pd dipingendo­lo come un’orda di lanzichene­cchi violenti ed eversivi: ma che sarà mai, tanto poi l’ultimo spegne le luci. Infatti i sondaggi danno il Pd in ulteriore picchiata.

Ora il Frecciaren­zi è parcheggia­to alla stazione di Napoli, in attesa di nuove mirabolant­i avventure. Sempre più simile a quello cantato in Generale da Francesco De Gregori: “Segretario dietro la stazione, lo vedi il treno che portava al sole, non fa più fermate neanche per pisciare, si va dritti a casa e tocca lavorare...”.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy