Il Fatto Quotidiano

“Gli ultrà razzisti e Anna Frank? Gentaglia, la scuola non esiste più”

- » FEDERICO PONTIGGIA

Anna Frank in maglia della Roma? Gentaglia che ci fa capire come la scuola non esista più. La situazione mi fa prudere le mani...

“Cafoni, stupidi, fascisti. E della Lazio: da romanista li odio anche di più”. Paolo Taviani non dissimula la rabbia, e qualcosa di più: “Vendetta, verrebbe voglia. Da adolescent­i io e Vittorio leggemmo Ragazzo negro di Richard Wright, parlava di linciaggi, e ci colpì molto: ‘Fingiamoci neri, andiamo in America e vendichiam­oci’, ci dicevamo con altri amichetti. Era una ribellione interna, la voglia di fare qualcosa. Oggi, purtroppo, troviamo altri ragazzetti, fascisti nuovi ma ve cc hi ss im i”. Alla Festa di Roma, e dal 1° novembre in sala, Paolo porta Una questione p r i va t a , tratto dal romanzo postumo di Beppe Fenoglio: è la prima volta che dirige in solitaria, il fratello Vittorio è “acciaccato, ma l’importante è non farsi travolgere dalla vecchiaia e dalla malattia. E noi no, non siamo travolti”.

86 ANNI, il prossimo 8 novembre, e non sentirli: lucido, appassiona­to e determinat­o, mette nel mirino il fascismo, di ieri e di oggi. “Nostro padre era antifascis­ta, ma a noi bimbi si nascondeva. Fino a 11, 12 anni la realtà fascista ci sembrava l’unica realtà, non esisteva un altro mondo: Mussolini era come dio, anzi, era dio. Ci chiedevamo con Vittorio, e se muore Mussolini che si fa noi?”. La presa di coscienza dell’orrore del nazifascis­mo è stata lenta, progressiv­a: “La mostruosit­à è uscita fuori piano piano, li abbiamo visti per quello che erano, cialtroni, brutti, spregevoli. Ma, e ce lo ripetiamo sempre, abbiamo avuto un dono che se credessimo in Dio diremmo divino: vedere il nero trasformar­si nel suo contrario, il male, l’orrore e l’ingiustizi­a sciogliers­i nella lotta partigiana e degli Alleati. Vedere che un uomo può cambiare la realtà ci ha dato una grande forza per affrontare la vita. Ancora oggi, non ci ha lasciato”. Si sono chiesti, i fratelli, se dopo La notte di San Lorenzo del 1982 dovessero ritornarci su, e a lungo hanno esitato: “Temevamo il refrain ‘ma come, ancora? Voi due Taviani siete i soliti, che palle…’. Ma il fascismo sta rinascendo in tutta Europa e in America con Trump. È il cervello fascista che risorge, forse fa parte della natura dell’uomo. Hanno ripreso perfino i manifesti di Salò, quello col negro che allunga le mani su una donna bianca, bonazza e indifesa. Per dire, ‘vogliamo es- sere i fascisti di allora’. Contenti loro”. Paolo non ha soluzioni da offrire, solo prende il polso al qui e ora, e l’anamnesi è impietosa: “Gli adesivi con Anna Frank in maglietta della Roma, ma come si fa, come si può solo immaginare? Gentaglia che ci fa capire come la scuola in Italia non esista: fos- sero stati formati e informati sui banchi con un minimo di emozione, questa cosa brutta non l’avrebbero fatta mai. A noi prudono le mani, e abbiamo i responsabi­li: scuola e famiglia, condividon­o il fallimento”. Quanto potrà attecchire questa recrudesce­nza fascista non è dato sapere, “molto dipende dall’America. Confidiamo non possa continuare così, Trump è un ciarlatano, e gli americani non sono stupidi. Esistono oggi due tipi di fascisti: quelli nuovi come Trump e quelli vecchi che da lui, da Orban e da altri vengono alimentati”. Se il cinema dei Taviani è da sempre espression­e artistico e guada- gno etico, trasporre Fenoglio viene bene in questo “tempo di guerra non guerreggia­ta, allora c’era scontro violento tra il sentimento degli uomini, oggi non più”. A quel libro, che nelle intenzioni dell’au t or e doveva scalfirne l’immagine da cantore epico della Resistenza, Paolo e Vittorio sono arrivati ascoltando Omero Antonutti declamarlo alla radio: il primo a Salina, il secondo a Roma, si sono trovati ad apprezzarl­o l’uno all’oscuro dell’altro, ne è venuto “un film di Paolo e Vittorio”.

CON UN’AVVERTENZA d’obbligo, ancor più di fronte a un libro prima avversato e poi misconosci­uto: “Tutti pensano sia un film sulla Resistenza, invece, è una storia d’amore, la storia di un impazzimen­to amoroso”. Preda, ipse dixit, di “gelosia, ossessione e paranoia” è il Milton di Luca Marinelli il vertice fesso di un triangolo con il migliore amico, il bello e fatuo Giorgio (Lorenzo Richelmy), e la vezzosa Fulvia (Valentina Bellè) che s’accende nell’estate del 1943 e divampa un anno più tardi nella Langa della lotta partigiana. Ad hocPaolo Taviani rispolvera l’Otello, “Addio pensieri sereni, addio felicità, addio schiere di guerrieri piumati, addio eroiche battaglie che fanno diventare virtù l'ambizione…”, e chiama il pubblico: “Un sentimento spaventoso, l’idea che la donna amata sia l’amante dell’amico. Una storia di sempre, speriamo prenda i colori di oggi”.

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Ansa Orso d’oro Con il fratello ha vinto il premio a Berlino
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