Italiano, 19 anni, in cella da luglio. Senza prove
Vettorel, arrestato al G20, non risponde di atti specifici ma per i giudici “è del black bloc”
Da
più di cento giorni è detenuto nel carcere minorile di Hahnöfersand, ad Amburgo, in attesa di un processo il cui verdetto sembra già scritto. Fabio Vettorel, 19enne di Feltre (Belluno), è l’unico italiano rimasto in carcere dopo le manifestazioni contro il G20 del 7 e 8 luglio scorso ad Amburgo, segnate da scontri e da centinaia di arresti. A lui, incensurato, accusato di “disturbo della quiete cittadina”, i giudici tedeschi hanno attribuito in una discussa ordinanza del 17 luglio una “predisposizione per natura alla violenza”. E al contrario degli altri giovani fermati e rilasciati a poco a poco (l’ultimo pochi giorni fa, il catanese Alessandro Rapisarda, dopo la condanna sospesa con la condizionale a un anno e un mese), per Fabio è cominciata un’odissea giudiziaria che da oltre tre mesi lo tiene lontano dalla famiglia e dall’Italia. “Chiediamo solo che possa avere un processo equo – spiega al Fatto la madre di Fabio, Djamila Baroni – ma quanto è accaduto finora con la giustizia tedesca non ci lascia tranquilli”.
LA PRIMAdoccia fredda arriva il 19 luglio, quando Fabio ottiene la scarcerazione su cauzione ma poi arriva lo stop in seguito a un ricorso presentato nella notte dalla Procura: l’indagato deve restare in carcere, secondo il pm c’è “pericolo di fuga”. Eppure Vettorel è italiano e, se necessario, i magistrati tedeschi potrebbero far ricorso al mandato di cattura europeo. Fabio e la sua famiglia hanno capito, leggendo l’ordinanza della Corte d’appello di Amburgo che ha confermato la carcerazione preventiva, che probabilmente il ragazzo non sarebbe uscito di prigione fino alla sentenza di primo grado.
A nulla sono serviti gli appelli presentati dall’avvocato Gabriele Heinecke fino al terzo grado di giudizio. Polizia e magistratura hanno mostrato finora di avere elementi molto deboli: Fabio partecipava a un corteo fermato da una violenta carica della polizia, il cui ope- rato è stato criticato fortemente dalla Tv e dalla stampa tedesca; indossava i “vestiti tipici del Black Bloc” ov vero “giacca nera di Gore- Tex, sciarpa bianca e nera”; appartiene al “Black Bloc”, secondo i giudici, “perché fermato in un corteo del Black Bloc”.
NON CI SONO fatti determinati attribuiti a Vettorel: “A questo punto delle indagini non si possono attribuire singole azioni violente compiute di propria mano – ammette la Corte d’appello nell’ordinanza – ma la polizia sta analizzando il vasto materiale video e questo stato dei fatti sarà molto probabilmente dimostrabile in udienza”. Una sorta di giudizio “prognostico” della colpevolezza che fa alzare il sopracciglio a diversi giuristi tedeschi e italiani. Anche perché quando i magistrati scrivono queste righe, nessuno ha ancora incontrato Fabio: né uno psicologo, né un pm, né un giudice. E le immagini della polizia, diffuse dal primo canale della Tv pubblica tedesca Ard senza nascondere perplessità, mostrano il ragazzo che cammina spaesato a margine del corteo durante lo scontro. Anche giornali autorevoli come Die
W el t e la Sü ddeutsche Zeitung hanno parlato di un provvedimento “inusuale” a suo carico. Una successiva ordinanza gli rimprovera di “non essersi allontanato” e di aver “sostenuto e rafforzato con la sua presenza” le violenze altrui.
Nel frattempo Vettorel resta in prigione. Il 16 ottobre scorso, alla prima udienza del processo, il suo difensore ha presentato un’istanza di ricusazione della giudice Wolkenhauer, chiamata a decidere sulla colpevolezza del ragazzo insieme a due giudici popolari dopo aver rigettato l’ultima istanza di scarcerazione del giovane sostenendo che nonostante non vi fosse “alcuna prova di una violenza concreta da parte dell’imp ut at o ”, gli elementi raccolti “suggeriscono una condanna ai sensi del diritto minorile”, che in Germania si applica fino ai 21 anni. Ma la richiesta è stata rigettata e sarà lei a celebrare le udienze del 7, 14 e 15 novembre. La sentenza, appunto, sembra già scritta.
L’ordinanza Scarcerati gli altri, lui no: “È incline alla violenza”. “Die Welt” scrive che la misura è “inusuale”