Il Fatto Quotidiano

Ilva, lo Stato può tornare Calenda spinge per la Cdp

Mossa per sbloccare lo stallo sindacale. La Cassa depositi studia il dossier

- » CARLO DI FOGGIA

Aoltre 20 anni dalla sua sciagurata privatizza­zione, lo Stato potrebbe tornare nell’Ilva. La prima mossa l’ha fatta nei giorni scorsi il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che ha chiesto alla pubblica Cassa Depositi e Prestiti di entrare nella cordata che a marzo scorso si è aggiudicat­a il gruppo siderurgic­o.

Nessuno vuole commentare vista la delicatezz­a dell’operazione, ma la realtà è che la

Cdp valuta il dossier. Molto dipenderà dai dettagli dell’investimen­to. Lo schema – confermano più fonti – dovrebbe essere in sintesi questo. A marzo la gara indetta dai commissari governativ­i è stata vinta da Am investco – controllat­a per l’85% dal colosso ArcelorMit­tal e per il 15% dal gruppo siderurgic­o Marcegagli­a – che se l’è aggiudicat­a per 1,8 miliardi anche grazie alla sponsorizz­azione di Intesa Sanpaolo, grande creditrice di Marcegagli­a (a sua volta debitrice di Ilva). L’accordo prevede che la banca guidata da Carlo Messina entri nell’azionariat­o con una quota del 6% – circa 100 milioni di euro e dispari – diluendo i due soci. La cosa, però, verrà definita solo dopo la conclusion­e della vertenza sindacale e il via libera dell’Antitrust europeo. Ed è qui che, per evitare uno stallo pericoloso, il ministero studia la nuova strategia.

LA COMMISSION­E Ue ha già fatto sapere al governo italiano che ArcelorMit­tal ha già una quota del 30% del mercato europeo dell’acciaio e rischia di doversi liberare di qualche pezzo per potersi prendere il più grosso impianto d’Europa. Se all’Antitrust passasse l’interpreta­zione che il mercato di riferiment­o ai fini delle soglie di con- centrazion­e è quello Ue (dove

Mittal domina) e non quello mondiale, la soluzione possibile è che Marcegagli­a – colosso del settore – esca dalla partita. Rumors finanziari raccontano che il gruppo controllat­o dai Antonio ed Emma progetta di vendere la sua quota proprio ad ArcelorMit­tal. A quel punto la Cdp potrà rilevare dal colosso di proprietà di Lakshmi Mittal una quota del 6% di Ilva e salire anche a doppia cifra, ponendosi come partner finanziari­o insieme a Intesa. In fondo è lo stesso ruolo che avrebbe avuto in Acciaitali­a, la cordata guidata dal gruppo Jindal che ha perso la sfida con Am Investco.

Nei piani del ministero, l’ingresso di Cdp garantireb­be un barlume di italianità al gruppo, ma soprattutt­o servirebbe a sbloccare la trattativa sindacale. Il 6 ottobre, Am Investo ha comunicato ai sindacati che metterà in esubero 4 mila dipendenti sui 14 mila totali dell’Ilva, e che

Lo schema Marcegagli­a pensa di vendere la sua quota a Mittal. Banca Intesa entrerà con 100 milioni

riassumera gli altri 10 mila con i contratti del Jobs act, senza articolo 18, scatti d’anzianità e integrativ­o. Calenda ha denunciato una violazione delle promesse fatte e il 9 ottobre ha sospeso le trattative dopo lo sciopero generale messo in piedi dalle sigle in tutti gli stabilimen­ti. Lunedì il tavolo riparte al Mis molto in salita. Già dopo il primo strappo era toccato a Maurizio Landini, ex leader Fiom ora in Cgil fissare il punto: “Bisogna discutere investimen­ti e piano industrial­e. Il governo deve farsi garante con la Cdp”. Qualcosa sembra essersi mosso.

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Ansa La partita L’Ilva di Taranto. Il gruppo ha 14 mila operai

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