Il Fatto Quotidiano

“Serve un accordo su fisco e infrastrut­ture”

Parag KhannaPer il politologo in Spagna (come in Italia) c’è bisogno di più autonomia locale e meno politica

- » STEFANO FELTRI

Per

sopravvive­re gli Stati devono seguire due ricette: dare autonomia a livello locale e diventare più “tecnocrati­ci”, cioè rafforzare quegli strumenti di governo non legati al consenso elettorale. Per Parag Khanna questi sono “fatti”, non opinioni. A 40 anni è uno dei pochi intellettu­ali globali, commentato­re per la Cnn, consulente di governi e grandi aziende come Facebook, autore di libri di successo, l'ultimo è appena uscito in Italia per Fazi, La rinascita delle città-Stato.

Indiano di origine, americano per formazione, oggi Khanna vive tra Singapore – uno dei suoi modelli di Stato ideale – il Medio Oriente e l'America. Da bravo consulente ha una ricetta per tutto. Anche per risolvere lo scontro istituzion­ale in Catalogna. Professor Khanna, che via d'uscita vede per la crisi spagnola?

Si parla di storia e identità. Ma la questione è soprattutt­o di soldi. E ci sono solo due aree di compromess­o. La prima: serve una versione rafforzata del compromess­o con i Paesi Baschi. I catalani smettono di pagare tasse allo Stato centrale ma versano un unico contributo annuale per coprire le spese di esercito, Banca centrale e i servizi forniti da Madrid. La Spagna con questo sistema può addirittur­a aumentare il gettito dalla Catalogna lasciando però ai catalani una grande autonomia nell'amministra­re le proprie risorse.

E il secondo compromess­o?

Infrastrut­ture. Si parla da tempo del treno ad alta velocità per collegare Barcellona con Siviglia e altre città della costa. Il governo centrale deve pagare per il progetto o la Catalogna sarà tagliata fuori. È quindi nell'interesse di entrambi che i lavori non si fermino.

Anche in Italia tornano spinte regionalis­te, con i referendum in Lombardia e Veneto.

Ci sono molti Paesi che si stanno confrontan­do con l’intreccio tra politica eco- nomica e geografia amministra­tiva, cioè con la natura profonda dello Stato. Alcuni sono esposti a rischi pericolosi, quelli che dipendono da una sola città, come la Francia con Parigi e la Gran Bretagna con Londra. Ma l'Italia, come la Spagna, si fonda su più centri urbani rilevanti, quindi è in una buona posizione per far evolvere la sua geografia economica.

È una ricetta universale? Se guardiamo nel mondo, tutti i modelli di successo si fondano su una pluralità di centri economici e amministra­tivi. Ci sono identità diverse anche nelle varie regioni della Cina, eppure riescono a costruire un modello di sviluppo con fondamenta multiple ma unitario con uno Stato dittatoria­le e verticalme­nte integrato.

E perché lei auspica dosi maggiori di “tec noc razia”? Parliamo troppo di politica e troppo poco di politiche. Chi governa deve preoccupar­si di massimizza­re il benessere della maggior parte possibile della popolazion­e. E per questo servono strutture efficaci che applichino l'indirizzo deciso a livello politico, perché quello che conta è raggiunger­e l'obiettivo. Prendiamo le infrastrut­ture: la politica decide cosa si costruisce e dove, ma poi l’attuazione deve essere affidata ad agenzie indipenden­ti per evitare che i progetti vengano rimessi in discussion­e a ogni elezione. Ogni Paese può scegliere gli strumenti che preferisce: dare più potere alle Banche centrali, agenzie indipenden­ti di valutazion­e, introduzio­ne del voto obbligator­io. Si può diventare più democratic­i ma quello che conta è diventare più efficaci.

Chi è Parag Khanna è nato in India nel 1977

La carriera Esperto di relazioni internazio­nali, nei suoi libri cerca di delineare le tendenze geopolitic­he dal “Secondo mondo” (suo primo libro del 2008) a “Connectogr­aphy”

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