Il Fatto Quotidiano

“L’AMORE se non è consumismo può ancora salvarci”

Dacia Maraini In libreria con “Tre donne”: “Noi abbiamo risorse straordina­rie, gli uomini sono stati abituati male dalla storia. Weinstein? L’erotismo deve essere gratuito”

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e consumi una donna con la stessa semplicità ma anche brutalità con cui consumi una lattina di birra, non puoi parlare d’amore. E nemmeno di erotismo. L’erotismo deve essere gratuito, altrimenti è solo una forma di sadismo”. In casa di Dacia Maraini si respira un odore buono di pane e libri. Le finestre aperte sui tetti di Roma e la luce filtrata dalle nuvole sono il palcosceni­co naturale per la montagna di volumi che occupa ogni angolo. I colori sono allegri e i divani sanno di vissuto, quel vissuto sano di cui è fatta la vita di una donna che ha conosciuto i momenti più alti della letteratur­a e della cultura italiane. Tre donne si chiama il suo romanzo appena uscito, una scrittura agile e al tempo stesso complessa che ruota attorno a tre generazion­i – nonna, madre, nipote – chiuse in un appartamen­to: Gesuina, la sessantenn­e che si dà vent’anni di meno, è un’ex attrice che per vivere buca i “culi” come un’infermiera ed è perennemen­te innamorata dell’amore; Maria, “la più intellettu­ale”, campa e fa campare le altre di traduzioni e ama per corrispond­enza un francese di Lille; Lori è invece una diciassett­enne dei giorni nostri, tatuata e disillusa, che crede nel sesso e nell’amicizia, ma non nell’amore. La loro quotidiani­tà prosegue fino a quando la vita vera non entra in casa, senza chiedere permesso. Signora Maraini, sono tre donne forti, ciascuna a modo suo. Mentre gli uomini sono figure più marginali. Dal punto di vista emotivo, sentimenta­le e della vita quotidiana le donne hanno delle risorse straordina­rie. Gli uomini sono un po’ più sprovvedut­i, ma perché non hanno mai puntato sulla vita di famiglia, sulla casa, sull’amore, qualcosa di duraturo su cui costruire un futuro. Non credo sia una questione biologica, è la storia che li ha resi diversi: sono più portati alla poligamia, all’avve ntura, si vogliono sentire liberi. Si adeguano a un modello. Ha seguito la vicenda Weinstein? È quindi un problema culturale? Lì non vedo né sesso né amore, ma solo un gioco di potere. Lui non se la prende con le sue pari, ma con le donne che hanno bisogno di lui. Prova pia-

cere nel ricatto. Questo non ha niente a che vedere con un bel desiderio sessuale. L’erotismo deve essere gratuito, altrimenti è solo la voglia di schiacciar­e gli altri. Forse lui ha sofferto di inadeguate­zza, si sente ricco ma povero dal punto di vista erotico: servirebbe uno psicanalis­ta. Ma il suo male è il male del consumismo, che dovrebbe riguardare gli oggetti e, non le persone. Quando si consuma un rapporto in questo modo, si entra in una cultura orribile in cui l’essere umano è una merce. È sesso consumisti­co, o un consumismo erotico, molto più insopporta­bile di quello che riguarda gli oggetti. Si può ovviare puntando sulle scuole?

Nelle scuole, dove vado spesso, c’è tanta buona volontà, ci sono insegnanti bravi che hanno voglia di resistere alla cultura del mercato. Ma sono soli e abbandonat­i a loro stessi. Spesso la famiglia si mette addirittur­a contro il professore che vorrebbe insegnare una politica dei sentimenti. La famiglia in questo momento è il luogo peggiore, quello in cui si diseduca la persona. È sempre stata istituzion­e, nel Medioevo, nella vita dei contadini, nella società industrial­e: con la rottura di tutti i patti sociali, invece, la famiglia come istituzion­e non esiste più. Bisogna costruirla daccapo, basandosi sui nuovi concetti di nucleo allargato, sul rispetto della scelta del compagno (le coppie omosessual­i), sul fatto che il seme maschile è sempre più sterile (e allora l’adozione diventa importanti­ssima). Tutte queste realtà che vengono fuori da una società nuova sono cose con cui bisogna fare i conti. Che ruolo ha il legislator­e in questo?

Viene dopo la società. Non è la legge che fa la società, è la società che fa la legge. Il legislator­e deve creare un buon rapporto tra la vecchia legge e la nuova legge. Parliamo delle giovani generazion­i di scrittori italiani: come le sembrano? In questo momento le nostre scrittrici sono all’avanguardi­a: Mazzantini, Morazzoni, Murgia, Mazzucco... Oppure Simona Vinci, Milena Agus, Donatella Di Pietranton­io. La Ciabatti scrive molto bene, anche se è un po’ sopra le righe. È una generazion­e molto al femminile, anche se ci sono uomini bravi. Uno scrittore deve leggere i classici?

Sì. È come se uno volesse comporre musica senza conoscere Bach. Non si può. Scrivere non è naturale, la scrittura è un artificio ed è uno dei caratteri dell’evoluzione dell’essere umano. C’è un grande equi-

voco: siccome io parlo, scrivo. Non è così. Tra la parola parlata e quella scritta ci sono abissi. Che rapporto ha con la tecnologia?

Me lo faccio avere. Siccome non posso non usare il computer, lo uso. I libri sopravvive­ranno alla tecnologia?

Sono ottimista. Quando è nato il libro non di carta, c’è stato un momento di panico, tutti hanno pensato ‘ i libri sono morti’. Invece no. Per prima cosa il libro è fatto di una materia organica, la carta, che è più vicina al corpo umano. E poi non ha bisogno di energia elettrica, si può leggere in qualsiasi condizione e in qualsiasi luogo. La tecnologia ha una debolezza: si deve rinnovare continuame­nte, lo stesso sistema di lettura cambia sempre. Invece un libro sta lì da mille anni e io lo posso leggere ancora oggi: ha una durata e un rapporto col corpo che è molto diverso da quelli di un tablet. Credo che, nonostante l’uso di tutti gli aggeggi per leggere, il libro rimarrà.

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Ansa “Le tre età della donna” Il dipinto di Gustav Klimt. A destra, Dacia Maraini

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