Il Fatto Quotidiano

Livorno contro la superlobby dei “crematori”

Nogarin cerca di estromette­re la potente Socrem dal servizio e dall’enorme business

- » LUCA DE CAROLIS E LORENZO VENDEMIALE

L’oro si trova anche nelle ceneri. Quelle dei tanti italiani che scelgono di farsi cremare, per un giro di affari da 70 milioni all’anno. E una parte arriva da Livorno, dove i 5Stelle pensano a un bando per regolament­are il servizio e soprattutt­o per ricavarne molti più soldi, perché ad oggi vede solo le briciole. “Per ogni persona che viene cremata, si pagano 500 euro, ma il Comune ne riceve solo 15”, spiega Francesca Martini, assessore al Personale e agli Affari legali.

IL GROSSO lo prende la Socrem locale, una delle circa cento “società per la cremazione” sparse per l’Italia. Un ente morale con oltre ottomila soci, assicura il sito, a cui il Comune di Livorno vuole revocare la convenzion­e concessagl­i a tempo indetermin­ato nel 1999. Per mettere a gara il servizio e cambiare tutto, a cominciare dalla quota di spettanza dell’amministra­zione. Per questo, venerdì il gruppo dei consiglier­i del M5S ha depositato una mozione apposita, impegnando la giunta di Nogarin “a revocare la convenzion­e in essere” e a mettere a gara la gestione dei due forni crematori del cimitero comunale dei Lupi.

Ma non è solo un problema di Livorno. “Gli attuali impianti servono anche le province di Pisa e Grosseto”, spiega l’assessore Martini, che sostiene: “La cremazione è un servizio pubblico individual­e a rilevanza economica, e in base a una legge del 2001 non può essere oggetto di convenzion­e. Così pensiamo a una delibera sul modello di quella già fatta dal Comune di Torino nel 2014, per revocare l’accordo”. Delibera, va detto, che ad oggi è tuttora oggetto di una causa legale dopo il ricorso della Socrem locale, una delle più importanti in Italia (e che per ora conserva la gestione dei forni). Ma la giunta di Filippo Nogarin, giura l’assessore, tirerà dritto: “Vogliamo mettere questo servizio alla portata di tutti, economicam­ente, e recuperare introiti”.

Però non è proprio semplice. “Abbiamo chiesto ai tecnici di recuperare informazio­ni precise sul servizio, perché della Socrem non conosciamo neppure i bilanci. Eppure nel 1999 il Comune di Livorno investì centinaia di milioni nei forni”. Ma c’è altro. Per esempio il peso di un’associazio­ne che nel consiglio di amministra­zione ha un ex assessore comunale del Pd, Laura Bandini, con un passato nel Pci, e vari altri personaggi conosciuti, come don Andrea Costa, prete molto attivo in città.

DIFFICILE togliere loro la gestione? Vale la pena di chiederlo al sindaco, Filippo Nogarin, che replica: “A me non interessa se tocco o meno determinat­i poteri, o sapere perché nel 1999 un’altra gestione ha concesso quella convenzion­e. Io devo pensare al bilancio e alla massima trasparenz­a del servizio, riportando al pubblico quello che è suo. Dobbiamo mettere ordine”. E questa è Livorno. Ma l’orizzonte volendo è molto più largo. Perché dici cremazione e pensi alla massoneria. Almeno in origine: il rito in Italia affonda le radici in epoca post risorgimen­tale, tra massoni e garibaldin­i, per comune vocazione anticleric­ale.

Altri tempi, perché ormai ha rescisso ogni legame con gli ambienti massonici: o così assicurano i suoi cultori moderni. Però è rimasta l’eredità delle Socrem, vere e proprie associazio­ni fra adepti. La metà sono al Nord, e 44 si raccolgono nella Federazion­e italiana per la cremazione. “Il nostro obiettivo – sostiene la vicepresid­ente Linda Natalini – è promuovere la filosofia della cremazione e coordinare l’attività delle società sul territorio”. Queste curano solo le volontà dei propri iscritti, di cui sono anche esecutori testamenta­ri. Ci si associa con una quota, che può essere vitalizia (generalmen­te sui 100 euro) o annuale. Ed esistono perfino gli sconti per gli under 30, ossia per chi si iscrive sin da giovanissi­mo, in attesa del trapasso. Quando accadrà, la Società si prenderà cura di tutto: pratiche, urna, esequie. In certi rari casi rifonderà persino il prezzo della cremazione alla famiglia del defunto. Già, perché farsi cremare costa: circa 500 euro a salma, secondo le tariffe ministeria­li.

D’ALTRONDE il giro di affari è in crescita esponenzia­le, consideran­do che nel 2016 le cremazioni hanno superato quota 140 mila. Mentre nel 2011 erano appena 88mila: più 60 per cento negli ultimi cinque anni. Occuparsen­e, insomma, può essere un affare. Dal 1987 la cremazione è diventata un servizio pubblico, in carico ai Comuni. A volte le amministra­zioni mantengono la titolarità, come a Milano, e allora incassano tutto (cioè tanto). Più spesso lo affidano a ditte esterne. Ma in certi casi il forno, e quindi il servizio, resta nelle mani delle vecchie Socrem, che sono ancora proprietar­ie degli

Il precedente

La giunta Fassino a Torino prese la stessa decisione nel 2014: è battaglia legale

LINDA NATALINI FEDERAZION­E CREMAZIONI

Il nostro obiettivo è promuovere la filosofia della cremazione e coordinare le associazio­ni che se ne occupano

impianti. È il caso di Torino, Venezia, Genova, Firenze, Pisa. E Livorno, appunto.

In queste città le associazio­ni, giuridicam­ente senza scopo di lucro, assumono dimensioni notevoli (anche economicam­ente). Quella del capoluogo piemontese, ad esempio, sfiora i quattro milioni di fatturato. E di mollare l’osso non ne vuole sapere. Anche perché, giurano, per loro non è un business: “La cremazione deve rimanere un rito degno, noi siamo gli unici portatori di questa filosofia. Sono gli altri che ci vogliono guadagnare”, spiega Giovanni Pollini, presidente della Socrem torinese. La battaglia tra Comune di Torino e associazio­ne è ancora pendente al Tar. Perché la cremazione non è solo una questione metafisica. Anzi.

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Ansa Caro estinto Un’urna cineraria durante un funerale. Sotto, il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin
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