Il Fatto Quotidiano

NEL MONDO DEL 2017 ANNA FRANK È UN IMMIGRATO CLANDESTIN­O

- » FURIO COLOMBO

Vorrei avvertire i lettori. Questa non è una dichiarazi­one in più di indignazio­ne e dolore per l’uso della faccia bambina di Anna Frank come materiale di uno spregevole gioco. Ciò che sto per scrivere riguarda l’Italia, non una offesa crudele e demente. Riguarda la crisi di un Paese travolto da pulsioni oscure e cattive che non sono il fascismo, anche se comprendon­o il fascismo e lo usano come motore o come occasional­e bandiera. Riguarda coloro che stanno mostrando senza esitazione e, anzi, probabilme­nte con orgoglio, una grave deformazio­ne morale.

È UNA ILLUSIONE immaginare un cerchio isolato di ragazzi cattivi e stupidi che usano il volto di Anna Frank per un gioco alla portata di ciò che sanno e che sentono. È una illusione, anche per chi non fosse rozzo e disorienta­to sulla storia e sulla vita, come l’i mpresario sportivo Lotito, pensare che ti presenti, chiedi scusa, porti fiori e di questa ragazzata non se ne parla più. I ragazzi delle curve laziali, identici ai giovani e agli uomini di tutte le curve, sono altrettant­o ottusi e sperduti, e non sono che una piccola parte di una folla allo sbando. Non ci sono migliori e peggiori. Sono così e basta. Così come? Abbastanza cattivi da trovarsi bene nei pressi del crimine che li protegge, dalla casa all’impiego. Abbastan- za da costringer­e chi rappresent­a ancora i partigiani, e chi è discendenz­a e memoria dei sopravviss­uti alle leggi razziste, a trincerars­i in interni che non sono più l’Italia, ma consolati di una civiltà che per il momento ha abbandonat­o questo Paese. Nel frattempo un allegro sarcasmo razzista abita un po’ dovunque. E se lo trovi in così tanti giornali (detti “di destra”, ma sempliceme­nte “nazionali” e normalment­e xenofobi) vuol dire che coloro che si rivoltano se Anna Frank viene usata come un cadaverino da prendere a calci quando hai voglia di fare uno scherzo, sono pochi. Se confrontat­e quello che è accaduto con le risposte, a volte volonteros­e, a volte colorite, più spesso puramente burocratic­he, di voci autorevoli e di istituzion­i un po’infastidit­e, e l’estranea passività di quasi tutti, vi rendete conto che la folla immensa allo sbando, che è in questo momento l’Italia, continua la sua marcia zombie senza incontrare una guida o un ostacolo. Per tante ragioni che sappiamo, la Costituzio­ne è rimasta apparentem­ente intatta. Ma due pilastri sono stati rimossi anche lasciando uguale la forma. La Repubblica non è più fondata sul lavoro, nessun lavoro. Il lavoro ha sciolto le file o è stato costretto a farlo da un disprezzo e da una malevolenz­a che circonda in modo ostile ogni protesta di coloro che sono in lotta e tensione contro un ex datore di lavoro, ma vengono spinti a battersi contro il lavoro di altri, mentre le fonti pubbliche e private che generavano lavoro se ne sono andate. La Repubblica non è più fondata sulla solidariet­à, evocata, invocata o prescritta in almeno 20 punti chiave della nostra Carta. Dal crollo, tenacement­e picconato da due lunghi governi Berlusconi e più o meno deliberata­mente abbandonat­o da una ex sinistra che non voleva farsi trovare fuori moda. E così ti dicono che il lavoro (non l’impresa o l’istituzion­e) deve fare spazio ad altro lavoro, che spetta ai pensionati provvedere a ciò che manca agli altri pensionati (come se lavoro e pensioni fossero “priv ilegi” ad personame non posizioni rigorosame­nte calcolate in modo matematico, come se le pensioni non fossero i tuoi soldi che l’ente pensionist­ico ha potuto investire per decenni). E ti spiegano che il diritto acquisito non esiste più perché niente è acquisito in tempi come questi, frantumand­o non solo la solidariet­à fra cittadini (lo spazio libero viene occupato da insofferen­za e indifferen­za) ma anche fra i cittadini e lo stato “a cui non devi nulla perché ti ha tolto tutto”.

QUESTA DANZA macabra non riguarda la ricchezza, che sta altrove, non è inseguita o inquisita da nessuno e non è interessat­a a regolare nulla perché opera e incassa altrove. Resta il vuoto. E in questo vuoto si espande lo spazio della vendetta. Uno stesso popolo allo sbando vuole il diritto di sparare comunque, se qualcuno entra in casa (eventualme­nte sparare alla schiena del ladro che fugge). Vuole che i “clandestin­i” siano respinti in mare o in Libia perché portano malattie che non ci sono e rubano lavoro che nessuno vuole. Ti dicono che, se li lasci entrare, diventano, allo stesso tempo, i nuovi padroni e i nuovi schiavi. E allora perché un popolo allo sbando non dovrebbe cedere all’impulso di vendicarsi su Anna Frank? Anna Frank era ebrea, dunque c’erano delle buone ragioni che evidenteme­nte si sono sentite dire a casa o a scuola. E si sarà sentito dire che, a quei tempi, la legge era salda e sicura e che “loro” le cose che dicevano le facevano, e chi governava usava il pugno di ferro. Vuol dire che allora ti sentivi qualcuno. Ecco che cosa produce il vuoto di un Paese senza cultura, senza morale, senza politica. Anna Frank è il nostro clandestin­o.

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