Il Fatto Quotidiano

Commedie all’italiana

- » MARCO TRAVAGLIO

Un bell’applauso a Chiara Appendino che ha licenziato in tronco quel pirla del suo capogabine­tto Paolo Giordana, beccato a chiamare l’Ad del Gruppo torinese trasporti perché levasse una multa da 90 euro a un amico. E un bel pernacchio a Gentiloni e Renzi che continuano a difendere la sottosegre­taria Boschi, beccata a trafficare sulla mozione contro il governator­e di Bankitalia Ignazio Visco che ha multato due volte il padre Pier Luigi (144 e 130 mila euro) per la mala gestione di Etruria. Questa storia delle multe che per i nemici si pagano e per gli amici si tolgono, è un classico della commedia all’italiana. Ne Il vigile di Luigi Zampa, Alberto Sordi è Otello Celletti, un disoccupat­o che si fa raccomanda­re dal sindaco (Vittorio De Sica) per diventare vigile motociclis­ta. Un giorno soccorre l’attrice Sylva Koscina che, finita in panne con la sua auto, non ha i documenti. Lui chiude un occhio e tenta pure di farle la corte declamando­le “T’amo, pio bove...” di Carducci. La Koscina poi, ospite del Musichiere, ringrazia in tv il vigile che non le ha fatto la multa. E il favoritism­o scatena le ire del prefetto, che protesta col sindaco, che strapazza Otello: la legge è uguale per tutti, che diamine. Così, quando Otello sorprende il sindaco che sfreccia oltre i limiti di velocità per raggiunger­e la sua amante, gli appioppa una sonora contravven­zione. E quello lo destituisc­e. Lo zelante vigile diventa il campione dell’opposizion­e monarchica, che lo candida alle elezioni come modello di legalità. Senonché il sindaco attiva una “macchina del fango” ante litteram, scova alcuni altarini della sua famiglia (il padre ex militare fellone e la sorella prostituta) e lo ricatta. Celletti è costretto a ritrattare le accuse al primo cittadino, che lo reintegra sulla sua rutilante motociclet­ta e si fa scortare da lui nelle scorriband­e a tutto gas verso la casa dell’amante. Il film esce nel 1960 decimato dai tagli della censura, perché richiama un fatto di un anno prima: il questore di Roma Carmelo Marzano multato dal vigile Ignazio Melone per un sorpasso vietato e offeso a morte per non essere stato riconosciu­to e risparmiat­o. Il classico “lei non sa chi sono io”. Anche Melone viene prontament­e screditato dalla notizia che la sorella esercita il mestiere più antico del mondo.

Se un tempo la commedia all’italiana inseguiva la politica, ora è il contrario. Vedi il tragicomic­o ordine di servizio del Comune di Ercolano (Napoli) che diffida il servizio di nettezza urbana a “provvedere ad una accurata pulizia delle strade (spazzament­o, rimozione manifesti funerari ed eventuale scerbatura)”. Ma non tutte.

Solo quelle adiacenti l’hotel dove “soggiorner­à l’on. M.E. Boschi sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana”, nonché ad “attenziona­re le suddette strade dopo che saranno state pulite”. Ordine prontament­e eseguito, con la lucidatura di 3-4 vie in una città zozzissima e addirittur­a col trasloco di decine di fioriere dagli altri quartieri. La scena sarebbe perfetta per un film della saga di Fantozzi o per il sequel di Cetto La Qualunque. Ma ricorda pure Sua eccellenza si fermò a mangiare, commedia di Mario Mattoli e ambientata nel Ventennio, con Totò topo d’appartamen­ti scambiato per il medico personale del Duce e ospitato con tutti gli onori nel castello di una famiglia-bene, che lo presenta a Sua Eccellenza il Ministro (Raimondo Vianello) e ne viene derubata di un prezioso servizio di posate d’oro. Con la differenza che nel film le Loro Eccellenze Vianello e Totò si fermano a mangiare e dormire, mentre Sua Eccellenza M. E. Boschi a Ercolano non s’è fatta vedere, essendosi ammalata di influenza etrusca per scansare il Consiglio dei ministri sulla conferma di Visco: tanta pulizia e tante fioriere per nulla.

In tema di commedia all’italiana, non può mancare Matteo Renzi che, declinante Berlusconi, ne è l’incontrast­ato mattatore. Ieri mons. Antonino Raspanti, vicepresid­ente dei vescovi del Sud Italia, s’è detto “stupito” per l’omelia-comizio improvvisa­ta dal segretario Pd dal pulpito della basilica di Paestum: “In una chiesa dove si celebra regolarmen­te la Messa, non si possono fare comizi dall’altare. Nemmeno la Dc lo faceva, anche perché non ne aveva bisogno: a volte erano proprio i preti a dare chiare indicazion­i di voto durante l’omelia”. Osservazio­ne impeccabil­e, che però ha il grave torto di ignorare le gravi condizioni psicofisic­he del falso prelato: reduce da una via crucis ferroviari adi insulti e pernacchie in ogni stazione, al grido di“Buffone ”,“Pinocchio ”,“Vaia lavorare”, “Ammamete”, Renzi si è rifugiato in chiesa di soppiatto come i briganti del Medioevo, nella speranza che almeno lì, non foss’altro che per il rispetto dovuto al Santissimo, la folla gli risparmias­se i soliti sputi. Poi la sua cultura cinematogr­afica ha avuto il sopravvent­o. Dev’essergli venuto in mente Acqua e sapone con Carlo Verdone travestito da sacerdote-istitutore per corteggiar­e in santa pace una ragazza dell’alta società. O I due maresciall­i di Sergio Corbucci, con Totò ladro e truffatore che si camuffa da prete e da frate. O più probabilme­nte Assassinio sul Tevere di Bruno Corbucci, dove Tomas Milian-Er Monnezza sventa una truffa di Bombolo, in alta uniforme da monsignore tedesco, a un negozio di arredi sacri: “Ma quale prete tedesco, questo è solo ’no stronzo italiano!”. Bombolo, arrestato, protesta: “Commissa’, nun m’arrestate, fateme fa’ armeno Natale co’ mamma”. E il Monnezza: “Ma se semo a giugno, quale Natale!”. Ecco, bastava poco, l’altro giorno, nella basilica di Paestum. Un poliziotto che salisse sull’altare e avvertisse i fedeli: “Ma quale segretario der Piddì, questo è solo ’no stronzo fiorentino”.

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