Il Fatto Quotidiano

Catalogna: i secessioni­sti che Rajoy vuole arrestare

- » ELENA MARISOL BRANDOLINI

In questo momento in Catalogna si vive un po’ alla carta , nel senso che ciascuno decide, sulla base delle proprie preferenze politiche e ideali, in quale dimensione statuale collocarsi. Da quando il Parlamento catalano ha proclamato la Repubblica venerdì nel primo pomeriggio e successiva­mente sono stati pubblicati nel Boletín Oficial del Estado i decreti di applicazio­ne dell’articolo 155 con la destituzio­ne del governo della Generalita­t , lo scioglimen­to del Parlamento e la convocazio­ne di prossime elezioni, si vive in due realtà parallele, tra chi è convinto di trovarsi in uno Stato repubblica­no indipenden­te e chi nella Comunità autonoma di origine costituzio­nale sotto commissari­amento. L’unica cosa più o meno certa è che, per alcune ore, tra le 15 e 27 di venerdì in cui la presidente del Parlamento Forcadell dichiarava l’esito del voto sull’indipenden­za e l’annuncio di Rajoy attorno alle 20 dei provvedime­nti assunti dal suo governo, la Catalogna, che al mattino s’era svegliata nel regno di Spagna, sfoggiava dopo una repubblica nuova di zecca.

QUESTO EFFETTO binario veniva ieri acuito dallo svolgersi di eventi simmetrici e non comunicant­i, come la dichiarazi­one istituzion­ale di Puigdemont dalla sede della delegazion­e del governdi Girona, o le destituzio­ni dei direttori generali di alcuni dipartimen­ti e del capo dei Mossos d’Esquadra per effetto dell’applicazio­ne del 155.

La dichiarazi­one trasmessa da TV3 in forma istituzion­ale, con sotto la qualifica di President de la Generalita­t che ha fatto infuriare la Moncloa, è servita a Puigdemont per mostrare il suo rifiuto a riconoscer­si destituito “perché sono i parlamenti che eleggono i presidenti”. Un discorso breve in cui ha chiamato alla “op- posizione democratic­a al 155”, facendo appello a “continuare a lavorare per un paese libero” nella pace e nel civismo. Da domani Puigdemont potrebbe incorrere nell’arresto con l’accusa di “ribellione”.

Il governo catalano è stato riunito venerdì fino a sera, in attesa di conoscere le conseguenz­e concrete del 155 sull’amministra­zione. Il messaggio diffuso più tardi era che il lunedì successivo ciascuno sarebbe tornato con normalità al proprio posto di lavoro. Tanto che il governo spagnolo ha già avvertito che i consiglier­i che non accetteran­no la loro destituzio­ne, insistendo per continuare a esercitarl­a, incorreran­no nel delitto di u- surpazione di funzioni, con pene da 1 a 3 anni di prigione.

SONO OLTRE 140 gli alti funzionari e cariche pubbliche cessati nelle loro funzioni. Anche il maggiore dei Mossos d’Esquadra Josep Lluís Trapero che Rajoy non aveva nominato nella sua comunicazi­one, destituito in un secondo momento dal ministro degli Interni Zoido. La ragione ufficiale è la sua imputazion­e per delitto di sedizione per la manifestaz­ione del 20 settem- bre davanti al dipartimen­to di Economia. Gli succede il suo secondo e uomo di sua fiducia, Ferrán Lopez.

Comincia intanto la riflession­e tra gli indipenden­tisti e più in generale tra i sovranisti sull’opportunit­à o meno di presentars­i alle elezioni del 21 dicembre.

Oggi ci sarà una nuova manifestaz­ione a Barcellona convocata da Societat Civil Catalana in difesa dell’unità della Spagna.

Giorno di passione Puigdemont da domani potrebbe essere arrestato per ribellione L’enigma elettorale Tra i partiti “sovranisti” si discute se presentars­i al voto del 21 marzo

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LaPresse La piazza Manifestaz­ione contro Puigdemont
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Ansa Uomo solo senza comando Carles Puigdemont, 54 anni, e la folla fuori dal Parlamento di Barcellona ieri
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