Appalti senza gara, pronto il ragalo ai signori delle strade
Emendamento del Pd per favorire i concessionari autostradali: più lavori senza bando
Nel decreto fiscale, al momento fermo in commissione Bilancio al Senato, potrebbe esserci una piacevole sorpresa per i titolari delle concessioni autostradali, le società che gestiscono gran parte degli oltre 6.000 chilometri della rete nazionale. Nei giorni scorsi è stato depositato un emendamento al decreto che, se venisse approvato, stravolgerebbe le norme che regolano gli appalti per i lavori di manutenzione autostradale, aumentando la percentuale delle opere che le società concessionarie possono affidare in house, ovvero ad aziende a loro direttamente collegate e senza gara.
L’EM EN DAM EN TO, f ir ma to da nove senatori del Pd, modifica un articolo del codice degli appalti del 2016 e chiede che i soggetti titolari delle concessioni autostradali siano obbligati ad affidare solo il 60% dei contratti di lavoro, per più di 150.000 euro, con bando pubblico, consentendo così di gestire il restante 40% in house. Per i concessionari sarebbe un bel regalo: il Codice degli Appalti, approvato in pompa magna da Renzi (“Il governo chiude la strada alla corruzione”, disse all’epoca) e dall’Anac, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, aveva innalzato all’80% la percentuale dei lavori che dovevano essere affidati con gara pubblica. L’ok al Codice era arrivato due anni fa, ma le norme concedevano tempo fino al 2018 alle società per mettersi in regola. Se ora l’emendamento venisse approvato, come probabile, ribalterebbe le regole ancor prima che avessero trovato applicazione concreta: gran parte delle aziende sono ancora lontane dall’attenersi al limite del solo 20% di appalti in house.
TRA I FIRMATARI dell’emendamento, però, c’è qualche nome inaspettato. Oltre al primo firmatario Daniele Borioli (Pd), tra gli autori c’è anche Stefano Esposito, ex assessore ai Trasporti della giunta Marino a Roma, e dal 2013 senatore. Il nome di Esposito stupisce perché proprio lui, durante il governo Renzi, era stato un grande sostenitore del codice degli appalti. Esposito, però, precisa di aver firmato l’e me nd a-
IL CODICE degli appalti, approvato nel 2016, stabilisce che l’80% degli appalti per i lavori autostradali debbano essere affidati tramite gara pubblica
ADESSO un emendamento potrebbe riportare la quota degli appalti ”in house”, cioè assegnati ad aziende collegate ai concessionari, al 40%, riducendo le gare al 60% mento soltanto in quanto relatore in commissione Trasporti al decreto fiscale e di non aver affatto cambiato idea rispetto a quando, un paio d’anni fa, parlava di “concessionari ricattatori” che non volevano i bandi pubblici e minacciavano licenziamenti all’interno delle loro aziende. Il Pd, quindi, si divide – e non è una novità – ma alla è probabile che vinca l’ala pro concessionari.
La linea è cambiata anche per colpa del discutibile modus operandi dei concessionari, che ancor prima dell’approvazione del codice degli appalti annunciavano esuberi per migliaia di lavoratori. Nei mesi scorsi il gruppo Gavio, uno dei colossi della gestione autostradale, ha parlato di 2.044 licenziamenti su 5.600 lavoratori in forza nella propria galassia di società, nel caso che il governo non fosse intervenuto per modificare le regole sugli appalti. Anche Pavimental, una società del gruppo Atlantia della famiglia Benetton, ha annunciato 300 licenziamenti imminenti per far fronte al taglio dei lavori in house. I sindacati – FenealUil, Filca Cisl, Fillea Cgil – si sono schierati dalla parte dei lavoratori a rischio e il Pd, dopo diversi incontri con le parti, ha dato il via alla retromarcia. Si torna al 40% di appalti in house, per scongiurare il rischio esuberi e venire incontro alle richieste dei concessionari. Esuberi tutti da dimostrare visto che i lavori, comunque si faranno. lo stesso Esposito sostiene che “le aziende sfruttano la scusa delle regole più stringenti per le gare per fare tagli di personale e ristrutturazioni interne”.
La scheda
SULLA VITTORIA dei sindacati c’è poi un’altra ombra: al fronte di migliaia di lavoratori tutelati, ci sono aziende tagliate fuori da una bella fetta degli appalti. Anche su questo si concentra la denuncia di Ance, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili: negli ultimi 10 anni, fa sapere l’associazione, la crisi del settore dell’edilizia ha bruciato circa 600.000 posti di lavoro, senza che ci siano stati particolari interventi ad hoc. Non solo: durante un incontro con il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, lo stesso ministro aveva imposto una “clausola sociale” per cui le nuove ditte che fossero subentrate vincendo le gare pubbliche, si sarebbero dovute far carico del personale rimasto senza lavoro. Clausola accettata e condivisa. Ma se passerà l’eme nda men to non sarà servita a nulla.