Il Fatto Quotidiano

Il jihad rade al suolo Mogadiscio: 18 morti

Al Shabaab inarrestab­ile, membri dell’esecutivo bloccati dal fuoco incrociato

- » VALERIO CATTANO

Dieci

giorni fa, dopo l'attentato a Mogadiscio che aveva provocato 358 morti – la peggiore strage mai avvenuta in Somalia – fonti vicine al presidente Mohamed Abdullahi Mohamed (soprannomi­nato Farmajo) avevano dichiarato che il governo, con l'appoggio degli Stati Uniti, era pronto alla guerra definitiva contro al Shabaab, la guerriglia islamica.

A GIUDICARE da quanto è avvenuto ieri proprio a Mogadiscio, sono i jihadisti a essere padroni del campo. Ennesimo attacco nella capitale diretto all’hotel Nasa- Habloid accanto al palazzo pre- sidenziale, con la tecnica già sperimenta­ta: prima due autobombe, poi l'azione dei terroristi con fucili d'assalto e giubbotti pieni di esplosivo: 18 le vittime che hanno perso la vita (i feriti sono 30), ma il numero è destinato ad aumentare.

Cinque miliziani – tre dei quali travestiti da militari – si sono lanciati dentro l'hotel, due sono morti, gli altri sono saliti sino all'ultimo piano, isolando l'edificio dopo aver tagliato l'energia elettrica e ingaggiand­o uno scontro a colpi di granate con le forze di sicurezza. Anche membri del governo fra le venti persone bloccate per ore nella struttura, con il rischio di finire in mezzo al fuoco incrociato.

L'hotel Nasa-Habloid già nel 2016 era stato oggetto di attenzione da parte di al Shabaab, proprio per essere luogo d'incontro di alti ufficiali e personaggi dell'esecutivo; allora i morti erano stati 15, 20 i feriti.

Quel che spera il presidente Abdullahi Mohamed è che i droni americani a cui si attribuisc­ono già una ventina di raid – così come le truppe e i consiglier­i militari che sono state schierati sul terreno (la prima volta dalla disastrosa campagna del 1994 a seguito della guerra civile del 1991) – siano così efficienti da spazzare via le basi di al Shabaab che ha le sue roccaforti nelle regioni del Basso e del Medio Shabelle; da lì partono i raid, sia verso Mogadiscio che le caserme somale e dell’Unione africana.

QUALCHE RISULTATO gli americani lo hanno ottenuto: nello scorso aprile uno dei capi dell'organizzaz­ione, Ali Muhammad Hussein, conosciuto come Ali Jabal, è stato ucciso con un attacco mirato così come era avvenuto per uno dei capi storici, Moktar Ali Zubeyr, detto Godane (settembre 2014). Ma non è bastato a fiaccare i terroristi. L’organizzaz­ione integralis­ta sunnita ha mosso i primi passi nel 2006 come movimento giovanile dell'Unione delle Corti Islamiche, gruppo che a Mogadiscio si opponeva al governo di transizion­e: ma è stato nel 2012, con l'affiliazio­ne ad al Qaeda che ha assunto un ruolo internazio­nale nello scacchiere del terrore.

Gli estremisti intendono imporre alla Somalia la sharia: due giorni fa, secondo fonti Reuters, i jihadisti hanno lapidato a morte una giovane donna, Habiba Ali Isak, 30 anni, nella città di Sakow, a circa 500 chilometri dalla capitale: il suo reato, aver tradito il marito.

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Ansa Senza tregua Ennesima giornata di sangue dopo la strage con 358 morti di dieci giorni fa

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