Il Fatto Quotidiano

Formula talk show per suicidare l’inchiesta banche

- » GIORGIO MELETTI

Comportiam­oci da adulti e sgombriamo il campo dalle prese in giro sulle banche. Le prime sedute dimostrano che, della commission­e parlamenta­re di inchiesta, l’organismo presieduto da Pier Ferdinando Casini ha solo il nome. Di fatto è un talk show. Mercoledì scorso è stato “audito” il procurator­e della Repubblica di Vicenza Antonino Cappelleri. Dopo un’ora e mezza di chiacchier­e arriva Giorgia Meloni e si scusa se, essendo arrivata tardi, rifarà domande già fatte. A quel punto Casini lamenta che la presidente della Camera Laura Boldrini gli ingiunge (testuale) di chiudere l’audizione perché interferis­ce con l’aula di Montecitor­io. Un commissari­o chiede se può lasciare domande scritte per Cappelleri. Cappelleri chiede se può mandare risposte scritte alla domanda orale dell’ex viceminist­ro Zanetti che l’ha trovato impreparat­o. Casini chiude i lavori dopo due ore esatte, con perfetti tempi televisivi. Cappelleri parla senza dire niente a politici che non gli chiedono niente. Il procurator­e di Vicenza, e prima di lui i colleghi Francesco Greco di Milano e Giuseppe Pignatone di Roma, vengono intervista­ti come opinionist­i: “Caro dottore, allora, che ci racconta? Queste banche, eh? E questi banchieri, eh? Bel casino, eh? Come la vede?”. È la vocazione narcotizza­nte di Casini a fissare il principio cardine: “Lasciamo le inchieste alla magistratu­ra, senza ingerenze del Parlamento”. Come dire: Parlamento, te lo dico da amico, fatte li cazzi tua.

MA GUARDIAMO AL FUTUROe alla sontuosa presa per i fondelli in cartellone per la prossima settimana. Giovedì alle 11 sono convocati alla stessa ora il capo della Vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo e il direttore generale della Consob Angelo Apponi. Pare che non sia uno scherzo, che sia davvero in calendario la sveltina d’inchiesta parlamenta­re. Ma la commission­e, checché ne dica Casini, deve andare al di là della magistratu­ra: questa deve accertare e punire i reati, il Parlamento deve indagare tutti i fatti, anche se prescritti o leciti, per capire che cosa va riformato nella legge bancaria e nelle regole della Vigilanza. Barbagallo sa più di chiunque altro sulla distruzion­e di Veneto Banca, Popolare di Vicenza e Banca Etruria, sul perché sono stati spesi miliardi dei contribuen­ti per salvare il Monte dei Paschi e sulla crisi prossima ventura di Banco Bpm e Ubi Banca. La sua audizione dovrebbe durare non due ma duecento ore, perché il mistero della crisi bancaria è nascosto nei dettagli.

Se non ora quando Barbagallo racconterà le riunioni in cui veniva ordinato a Veneto Banca e Etruria di consegnars­i alla Popolare di Vicenza? E già che li ha convocati insieme, Casini ascolti insieme Barbagallo e Apponi. Si fa prima: chieda ai due se finalmente – anziché duellare con veline ai giornalist­i di fiducia – chiariscon­o chi ha autorizzat­o Etruria a emettere le subordinat­e in barba alle lettere (segrete) di Bankitalia che la davano per fallita. Chieda ai due se è stata Bankitalia o Consob a dimenticar­e la lettera di Ignazio Visco sui conti di Banca Marche prima dell’aumento di capitale del 2012. E chieda la commission­e ai due di spiegare finalmente, a costo di metterci tre giorni, com’è possibile che Fabrizio Viola e Alessandro Profumo – mandati a commissari­are di fatto Mps per rimediare ai disastri di Giuseppe Mussari – dopo cinque anni di controllo quotidiano della Vigilanza si trovino accusati di falso in bilancio. Dopo Gianni Zonin, Mussari e tutti gli altri, #machedaver­o anche Viola e Profumo hanno fatto fessi gli ispettori? E perché lo avrebbero fatto? Le domande la commission­e ha l’obbligo costituzio­nale (art. 82) di farle tutte. A meno che non abbia avuto il mandato politico di insabbiare tutto.

Twitter@giorgiomel­etti

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