Il Fatto Quotidiano

“Nel nome di Francesco e Rodolfo il Banco è ancora qui. E canta”

IL COLLOQUIO “Dopo la morte di Di Giacomo e Maltese, un misto di rabbia e amore mi convinse che dovevo proseguire”

- » STEFANO MANNUCCI

La prima volta che si videro fu a l l’alba degli anni Settanta. Vittorio cercava un cantante per il suo gruppo, “perché ero un baritono, e volevo un tenore”. Gli venne in aiuto il chitarrist­a Marcello Todaro, che militava nei Fiori di Campo, prima di fare il salto nella nuova avventura. “‘ C on o sc o quello giusto’, mi disse Marcello. Ma lo avvisai: deve essere un frontman bello come Billy Bis”, che era un eroe dei fumetti somigliant­e a Mal dei Primitives. “Quel giorno l’aspirante vocalist si presentò a Marino, nella cantina della mia casa, dove tra le botti suonavo il piano”, racconta Vittorio Nocenzi. “E dalla porta per prima entrò la sua pancia, poi una barba inzacchera­ta di molliche e di formaggio. A tracolla portava un tascapane militare. Non sembrava per niente Billy Bis”.

ANCHEFranc­esco Di Giacomo aveva da ridire. “Mi fulminò: ‘con quella giacca da camera, il foulard e le pantofole sei proprio un borghese’”. Ma tra i due fu amore artistico a prima vista: i Festival pop di Caracalla e di Villa Pamphilj, e il Banco del Mutuo Soccorso prendeva una forma stabile. Talmente solida che per più di quarant’anni non la potevi abbattere neanche a cannonate. L’ultima volta che Vittorio e Francesco si videro fu di nuovo in un’occasione casalinga. “E fu uno dei giorni più belli del nostro sodalizio. Volevo scrivere qualcosa sul tema del- la libertà, così esortai Di Giacomo a pensare a un testo. Quello che mi propose era molto bello, ma sentivamo mancasse un incipit. Finché non spuntò quel verso: ‘La libertà, quando arriverà, avrà un vestito semplice’. Era perfetto, mi faceva pensare al quadro di Delacroix con la donna a seno scoperto tra le schiere di gente. Ci sentivamo ispirati, io e lui: guardavamo fuori dalle finestre, contemplav­amo il sole che declinava sul finire dell’inverno, i campi lontani. Gli chiesi soprappens­iero: ‘Chissà se la morte sarà così, quando arriverà’. Non ricordo cosa mi rispose. Ci salutammo. Poco dopo ricevetti una tele- fonata dall’ospedale. Avevano già portato Francesco nella camera mortuaria. Non riuscivo a credere che un incidente me l’avesse portato via. Erano i giorni di Sanremo: cercavo in Rete la conferma a una notizia che per ore avevo continuato a rimuovere”. Era il 21 febbraio 2014. “Non ho mai voluto pubblicare quella canzone, non lo farò mai, non voglio la facile commozione strumental­izzando la morte di Francesco. Mi farebbe orrore”.

Ed era solo l’entrata nel tunnel della storia del Banco: alla fine di luglio 2015 lo stesso Vittorio è colpito da un ictus che lo riduce in gravissime condizioni, prima di una ripresa completa. Il 3 ottobre dello stesso anno si spegne dopo una lunga malattia l’altro membro storico, il chitarrist­a Rodolfo Maltese. “Mi incazzai contro il destino. Un misto di rabbia e amore mi convinse che dovevo proseguire, e lo farò finché ne avrò le forze. In modo che vivano ancora Francesco e Rodolfo, che restino qui con noi”. Così la riedizione Legacy del l eg ge n da ri o album del 1973 Io sono nato libero, terzo capitolo della discografi­a del

BMS si è trasformat­a in qualcosa di più della ripulitura archeologi­ca di una stagione folgorante del prog italiano. “Perc hé ”, spiega Vittorio, “il progressiv­e non può per definizion­e arenarsi in un polveroso clichè. È musica in perenne evoluzione, in costante movimento. In tutto questo tempo il pubblico ne è divenuto coautore”. Così, accanto alle tracce di quella formidabil­e sortita di 44 anni fa, eccone in un doppio cofanetto – suonate dalla nuova formazione del Banco – altre cinque inedite di articolata bellezza, tra cui La libertà difficile, scaturita da un’idea di Michelange­lo Nocenzi, figlio di Vittorio, come in un passaggio di consegne. O Je Suis, che torna a indagare sul concetto di oppression­e. “Quel mio ‘Je Suis Libre’, ripetuto ostinatame­nte durante il brano, è lo slogan che troppe volte abbiamo sentito in questi tempi per via del terrorismo. Così come nel secolo scorso siamo stati costretti a intonarlo: è il mantra che ci serve per non dimenticar­e Allende, Budapest invasa dai sovietici, lo studente Jan Palach che si dà fuoco a Praga contro l’intervento di Mosca, Tien An Men e Sarajevo, l’Iraq, l’Iran, la Siria, fino ai morti affogati di oggi, o agli attacchi dei fondamenta­listi. Senza pace non si può parlare di libertà. Non potremo farlo fin quando qualcuno vorrà mettere sotto scacco la nostra sopravvive­nza”. Mentre Ap re s rien, rien est plus le meme è l’ideale sequel dell’originario Dopo... niente è più lo stesso.

Il primo incontro con l’ex frontman: ‘Vidi la sua pancia, poi la barba con molliche e formaggio. Addosso una tracolla militare’

VITTORIO si illumina: “Continua la storia del soldato che torna a casa dopo Stalingrad­o. Abbiamo scoperto dove poteva idealmente vivere: queste ‘vecchie dagli antichi veli’ le abbiamo trovate a San Paolo Albanese, provincia di Potenza, dove si parla arbereshe, e dove le donne intonano un canto nuziale nella loro antica lingua in onore della sposa del reduce. È scampato alla mattanza in Russia, e speriamo abbia vissuto una vita felice, dopo l’abisso della guerra”.

 ?? Olycom ?? Lo storico cantante Francesco Di Giacomo insieme a tutto il Banco nel 1985 a Sanremo
Olycom Lo storico cantante Francesco Di Giacomo insieme a tutto il Banco nel 1985 a Sanremo
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy