Il Fatto Quotidiano

Cento anni dopo, la tv russa riabilita il demone Trockij

Nell’anniversar­io della Rivoluzion­e

- » ALESSANDRO PIAZZA

Che di Lev Trockij, il fondatore dell’Armata Rossa, si sappia e si parli poco in Russia è un fatto noto. Un dato per tutti: Yandex, il motore di ricerca più consultato, l’equivalent­e di Google, gli dedica non più di 100 pagine, contro le 5.000 destinate a Lenin e le oltre 10.000 a Stalin. Anche il dibattito storico è poco sviluppato se non in elitari ambienti accademici più preoccupat­i della ricerca dei finanziato­ri della Rivoluzion­e che dell’elaborazio­ne dei fatti. Anche l’immaginari­o collettivo russo non va oltre il folclore: il sanguinari­o, il demone rivoluzion­ario, l’ebreo saccente e noioso sono gli epiteti più usati per commentare il personaggi­o storico. Per i media un convitato di pietra, per la politica un fantasma nonostante il perdono di Gorbacev nel 1986.

A FRONTE di questo sonnolento panorama appare controcorr­ente la decisione di trasmetter­e la serie tv Trockij che andrà in onda sul Primo Canale russo a partire dal 7 novembre, data che coincide con l’esplosione dei moti rivoluzion­ari dell’ Ottobre (la Russia zarista usava il calendario giuliano) in occasione del centenario. Sono otto episodi che ripercorro­no gli eventi salienti della vita di Lev Davidovic Bronštejn Trockij: la giovinezza, la formazione culturale e politica, la presa del Palazzo d’Inverno, il suo ruolo come presidente del Consiglio Rivoluzion­ario di Guerra, i contrasti con Stalin, l’esilio in Messico e il suo assassinio.

Non banale l’ impianto narrativo. Maggio del 1940, dopo essere scampato a un attacco di comunisti messicani, Trockij consapevol­e che non può sfuggire alla battaglia contro Stalin decide di affidarsi alle parole e rilascia una serie di interviste a Frank Jackson, giornalist­a canadese filostalin­ista, fino a comporre il suo testamento. D alì si snodala trama attraverso flashback eflashfo rw ardch eco prono tuttala sua esistenza. Emozionant­i sono le scene dell’infanzia del leader a Odessa, oggi Ucraina, i suoi amori, l’ambiente ebraico e la sottolinea­tura delle capacità carismatic­he del rivoluzion­ario oratore.

Anche l’ambientazi­one, tra Russia e Messico, è rigorosa: sono stati minuziosam­ente riprodotti i vestiti e la mobilia dell’epoca, si è ricorsi ad antiquari per rendere tutto verosimile. Il cast non è da meno, Kostantin Khabensky nel ruolo del protagonis­ta, parte che aveva già recitato in una miniserie dedicata al poeta Esenin, ce l’ha messa tutta al punto da alterare la voce per parlare come il leader negli ultimi anni quando era stanco ma non meno determinat­o. Fin qui nulla da eccepire nel quadro del corretto postsoviet­ico. Per usare le ( non molto spontanee) parole del produttore Konstantin Ernst: “Questa è la prima fiction televisiva drammatica sulla storia della Russia e Trockij fu i l vero protagonis­ta dell’Ottobre”.

EPPURE, a giudicare dal trailer e dalle dichiarazi­oni dei protagonis­ti della fiction, ci sono elementi che fanno discutere. Primo, la caratteriz­zazione del personaggi­o: a tratti brillante oratore, ma in molti momenti un invasato e retorico sermonista (“Devo farla finita di essere me stesso nel nome di un’idea suprema”) che ricorda alcune serie tv italiane Anni Settanta. La connotazio­ne satanica torna spesso, per esempio nella scena in cui l’esule messicano, mentre macella un coniglio, parla di rivoluzion­e e strategie attraverso un’affabulazi­one mistica. Va ri- cordato, a proposito, che nel periodo precedente all’ottobre, Trockij aveva seguito corsi universita­ri di psicanalis­i freudiana a Vienna e non bisogna neppure dimenticar­e che era un raffinato lettore e autore di saggi ( Letteratur­a e Rivoluzion­e). Il macchietti­smo, nemico numero uno delle riproduzio­ni televisive e cinematogr­afiche di epoche e personaggi del passato, la vince troppe volte nello sceneggiat­o (“Sono pronto a sacrificar­e i miei figli per la rivoluzion­e”).

Non ci siamo con l’analisi storica e psicologic­a dell’uomo la cui ambivalenz­a atto-

riale emerge dalle parole stesse del regista Alexander Kott: “Pochi in questo Paese sanno chi sia Trockij, lo conoscono meglio in Occidente e in Centro America ma è stato l’artefice della rivoluzion­e, quello che ha offerto le masse a Lenin su un piatto d’argento. Ma fu anche il genio diabolico di quegli anni, non ha trovato il suo posto negli anni successivi al 1917, non poteva fare a meno di continuare il percorso rivoluzion­ario, solo una piccozza per il ghiaccio lo fermò”. Accusato dal giornalist­a di usare gli stessi metodi di Stalin il protagonis­ta risponde: “Non sono come Koba – nomignolo per Stalin – io agisco al servizio delle idee, lui della violenza bruta”. Non ci si aspettava una dotta dissertazi­one sui concetti di rivoluzion­e permanente e deriva burocratic­a dell’Unione dei Soviet, ma nemmeno un alterco con la nuvoletta dei fotoromanz­i.

IN SINTONIA con il regista le dichiarazi­oni dell’a tt or e Khabensky: “Non è stato per niente piacevole interpreta­re il ruolo di un uomo che non mi attrae affatto. Abbiamo fatto un’operazione fantascien­tifica sul personaggi­o proprio perché volevamo renderne la diabolicit­à, il cappotto di pelle nera, le scene del treno blindato, il protagonis­ta che spara a freddo contro un’anziana signora in un cimitero sono funzionali al quadro demoniaco”.

Poco convince anche l’ossessione erotica primitiva del profeta armato televisivo - “Le rivoluzion­i sono come le donne, bisogna inseminarl­e” – e le scene con Frida Kahlo poco aggiungono all’aneddotica corrente. Viene da sospettare che siano immagini dedicate a un pubblico anglosasso­ne, il format molto probabilme­nte sarà venduto anche negli Stati Uniti, piuttosto che russo che generalmen­te è poco curioso degli intrighi del talamo.

Giudicare prima un prodotto culturale senza conoscerne l’interezza è reato di arroganza intellettu­ale, ma

presenta molti lati oscuri. È il primo passo dopo l’indulgenza dell’1986.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy