Il Fatto Quotidiano

IL “PORCELLUM” È IL PRECEDENTE PER MATTARELLA

- » ANTONIO CAPUTO

Come noto, il presidente del Senato Pietro Grasso, seconda carica dello Stato, ha spiegato che la scelta di dimettersi dal gruppo dei senatori del Pd viene da lontano, maturata con la mancata difesa da parte del suo partito al momento della richiesta della fiducia sulla legge elettorale. “Ho ritenuto di lasciare questo Pd perché non mi riconosco più né nel merito né nel metodo”, ha detto.

Ha spiegato che il punto di non ritorno è stato raggiunto proprio con la richiesta della fiducia: “Il fatto che il presidente del Senato veda passare una legge elettorale redatta in altra Camera senza poter discutere, senza poter cambiare nemmeno una virgola è stata una sorta di violenza che ho voluto rappresent­are”.

E COME HA DETTO Napolitano, “il Partito democratic­o ha fatto pressioni a suo avviso indebite su Gentiloni” ( Ansa 28 ottobre201­7). Per la prima volta nella storia del Parlamento italiano, una legge elettorale è passata a seguito dell’imposizion­e del voto di fiducia, molto controvert­ibile ex art. 72 co. 4 cost. che non la prevede in materia elettorale e costituzio­nale. La legge è stata approvata senza discussion­e e dibattito, a scatola chiusa. Il 12 dicembre 2017, a seguito di ricorso che ha sollevato conflitto di attribuzio­ni tra poteri dello Stato, proposto dai parlamenta­ri Mannino Claudia, Galgano Adriana, Menorello Domenico, Nuti Riccardo, la Corte costituzio­nale ha fissato udienza avanti a sé, per decidere circa l’ammissibil­ità del ricorso. Il ri- corso, proposto nei confronti della Camera dei deputati e, ove occorra, del governo, è inteso a sentir dichiarare la menomazion­e delle attribuzio­ni costituzio­nali dei parlamenta­ri in quanto rappresent­anti della Nazione senza vincoli di mandato ex art. 67 Cost. e come tali titolari pro quota del potere di determinar­e la politica nazionale, nel rispetto del Regolament­o di cui all'articolo 64 Cost., e nella funzione legislativ­a ex articolo 70 Cost.

L’iter di approvazio­ne del Rosatellum bis è stato identico.

E identica è stata la menomazion­e subita dai parlamenta­ri e dall’intero Organo legislativ­o. E analoghi ricorsi sono in via di presentazi­one con riguardo alla nuova legge che attende la firma presidenzi­ale, come previsto dall’art. 73 Costituzio­ne. Il presidente, prima di promulgare la legge ha il potere di chiedere alle Camere una nuova deliberazi­one, inviando alle stesse un messaggio motivato (art. 74 Cost.). Le consideraz­ioni molto amare svolte dal presidente Grasso e dal presidente emerito Napolitano, consideran­dosi altri profili di illegittim­ità costituzio­nale del nuovo articolato, in specie la violazione del principio per cui il voto è libero, diretto e uguale, tanto in entrata che in uscita e il permanere di liste bloccate, anche in elusione della sentenza 1/2014 della Corte Costituzio­nale che dichiarò illegittim­a la legge Calderoli, il Porcellum, suggerisco­no la massima attenzione da parte del Presidente Mattarella. Tanto più a seguito della promulgazi­one dell’Italicum, intervenut­a in epoca anteriore al referendum costituzio­nale del 4 dicembre 2016, viceversa dichiarato parzialmen­te illegittim­o dalla Corte costituzio­nale.

UNA NUOVA PRONUNCIA della Corte, in specie sulla questione della legittimit­à in termini costituzio­nali dell’iter di approvazio­ne con voto di fiducia anche del Rosatellum, a opera di un Parlamento la cui maggioranz­a artificial­e è determinat­a dal premio dichiarato illegittim­o dalla Corte costituzio­nale, esporrebbe il sistema delle regole a una grave e pericolosa crisi, menomando potenzialm­ente la credibiltà delle Istituzion­i e il loro prestigio. È da augurarsi che il presidente possa invitare le Camere a una nuova deliberazi­one, sottoponen­do alla loro attenzione la valutazion­e delle ragioni esposte nel procedimen­to per conflitto di attribuzio­ni sollevato da alcuni parlamenta­ri, anche valutando le ragioni del presidente Grasso.

LEGGE ELETTORALE L’iter di approvazio­ne del Rosatellum bis è stato identico. Il presidente può chiedere alle Camere una nuova deliberazi­one

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